L’estate è finita e finalmente ci si avvia verso la stagione dell’anno preferita dagli amanti della combinazione tè e copertina. A pensarci, cosa c’è di più confortevole di una serata passata al sicuro nel letto mentre fuori piove? Anche i momenti di cozyness però sono importanti per conoscere o ricordare, lasciando che lo schermo dia voce a chi ha lottato per essere ascoltato. Noi di BRAVE abbiamo deciso di salutare l’arrivo dell’autunno stilando una lista di documentari femministi per non dimenticare l’importanza e soprattutto il bisogno di continuare a lottare. In una battaglia che non è propria solo del femminismo, ma del mondo intero.
Documentari femministi sulle storie di casa nostra

In rigoroso ordine cronologico, una lista di documentari femministi tutti all’italiana, per non dimenticare la storia delle donne nel nostro Paese.
“Essere donne” (1965)
Dalla pioniera del cinema femminile italiano Cecilia Mangini, un documentario che racconta la condizione femminile quanto un boicottaggio. La difficoltà nella sua trasmissione parla più di mille fotogrammi di ciò che questa regista classe 1927 si proponeva di denunciare. “Essere donne” non ottiene il visto censura da parte della Commissione ministeriale che si occupava di valutare l’adeguatezza o meno di un prodotto alle sale cinematografiche. Un boicottaggio severo e un modo vigliacco per censurare quei documentari che affrontavano argomenti scomodi. Nel corso dell’opera, Cecilia Mangini denuncia le condizioni della donna all’epoca, divisa tra lavoro fisico e di cura, relegata al ruolo di madre e moglie. E delegata a quello proposto dai media americani. Un contrasto che “Essere donne” mostra bene, contrapponendo copertine di riviste patinate e operaie al lavoro, casalinghe e contadine.
“Processo per stupro” (1979)
Forse uno tra i più noti prodotti documentari della storia italiana. Trasmesso dalla Rai, con tre milioni e mezzo di telespettatori, “Processo per stupro” ha già due testimonianze nel titolo. Quella del processo stesso, che vide la sostanziale vittima, Fiorella, divenire imputata, e l’uso del termine “stupro” stesso. Una parola che l’avvocata di parte civile, Tina Lagostena Bassi, si impegnerà perché venga riconosciuta (si consideri che in Italia lo stupro venne considerato un “reato contro la morale” fino al 1996). Proprio nell’arringa, formidabile e potente, dell’avvocata riecheggiano parole che hanno segnato la storia, e che ben ricalcano l’approccio dell’epoca, della considerazione della violenza sessuale e di chi la subiva in Italia.
“Vogliamo anche le rose” (2007)
Dalla scoperta della sessualità all’aborto, passando per la riflessione sulla lotta femminista. Alina Marazzi ricostruisce in “Vogliamo anche le rose”, tramite spot dell’epoca e interviste, una storia del femminismo italiano a partire dagli anni Settanta. Attraverso i diari narrati di tre donne molto diverse, per appartenenza sociale e provenienza, tra loro, la regista porta sullo schermo il lungo viaggio delle visione della donna nel tempo. Da come è cambiata per gli altri a come è cambiata per sé.
Documentari femministi nel mondo
“She’s beautiful when she’s angry” (2014)
Esplorando la storia del femminismo della seconda ondata, questo documentario racconta le attiviste americane fondatrici dell’attuale movimento. Filmati d’archivio e interviste accompagneranno i racconti di icone che assommano aspetti eterogenei del femminismo. Come Kate Millet, attivista e scrittrice femminista; Denise Oliver, professoressa americana e parte delle “Black Panthers”; Linda Burnham, giornalista e attivista co-fondatrice del “Women of Color Resource Center” e l’attuale rappresentante del Distretto di Columbia alla Camera dei Rappresentanti, Eleanor Holmes Norton. Per una liberazione che possa davvero parlare per tutte.
“Period. End of the sentence” (2018)
La regista iraniano-americana Rayka Zehtabchi si concentra sul coraggio delle donne del distretto di Hapur, in India, dove le mestruazioni sono ancora considerate un tabù. La donna, prima della sua etnia a vincere un Oscar (2019, miglior documentario) racconta una rivoluzione imprenditoriale. Le donne hanno infatti messo su un’impresa di prodotti sanitari. A incentivarle: la macchina per creare assorbenti biodegradabili a basso costo progettata dall’imprenditore Arunachalam Muruganantham. Quest’ultimo, per il proprio lavoro sulla sensibilizzazione dell’igiene femminile, ha ricevuto nel 2016 il Padma Shri, un alto riconoscimento della Repubblica Indiana.
Documentari femministi e le conseguenze dei media
L’ultimo tra i documentari femministi della nostra carrellata merita un paragrafo a sé. Non fosse altro perché ci ricorda, nell’era di Instagram ma anche del femminismo della quarta ondata, come i media possano cambiare l’immagine di qualcosa o qualcuno. E quindi di quale e quanta responsabilità abbiano.
“Miss representation” (2011)
Modelli di femminilità stereotipati, verità rivelate su come dovrebbe essere il mondo e penuria di dissenso rispetto allo standard. Un documentario potente, che colpisce nel segno, ma che, a ben guardare, parla di un problema più che vecchio. Il “o così o niente” la cui pressione è sempre stata sentita e che ora, coi social a mostrarci vite glitterate e perfette, torna a incombere. Un documentario importante, che dev’essere visto dai genitori per prendere consapevolezza e nelle scuole per non cascarci. Perché il gioco dell’imitazione miete sempre più vittime che carnefici. La versione visiva di “Ancora dalla parte delle bambine” di Loredana Lipperini, per intenderci.
Ma è un discorso valido per tutti quello dell’esporre un problema ormai vecchio. Perché la donna è ancora spesso vista solo come madre o moglie. Ancora la si guarda con sottile sospetto quando lei stessa subisce. Ancora è qui a discutere di temi come l’aborto o la prevenzione sessuale. Ancora.
Sara Rossi