Il 16 gennaio 1605 viene pubblicato Don Chisciotte della Mancia (El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha) di Miguel de Cervantes Saavedra, considerato unanimemente il primo romanzo moderno nella storia della letteratura. Vero e proprio capolavoro del Siglo de Oro, al suo interno si possono rintracciare elementi del genere picaresco e del romanzo epico-cavalleresco.

Come tanti romanzi che si rispettino pubblicati all’epoca, il pretesto narrativo di Cervantes è quello di aver recuperato un vecchio manoscritto dello storico Cide Hamete Benengeli. Una storia a cui siamo ben abituati e che verrà utilizzata anche tanti anni dopo, per esempio da H.P. Lovecraft per la pubblicazione del Necronomicon.

Ma in questo caso, per fortuna, non siamo di fronte al Libro dei Morti: il nostro prode eroe è infatti Don Chisciotte, un hidalgo spagnolo talmente appassionato di letteratura cavalleresca da condizionare la sua vita intera. Presto per l’uomo diventa impossibile distinguere la realtà dalle sue fantasie e parte per la Spagna convinto di poter salvare il paese dalle tante minacce ivi presenti. Celebre la lotta contro i Giganti, in realtà dei mulini a vento, contro cui l’uomo si sfida. Ad accompagnarlo in queste avventure un contadino del posto, Sancho Panza, a cui il cavaliere ha promesso il governo di un’isola a patto che gli faccia da scudiero. Il punto di vista di Sancho Panza è l’unica parte razionale all’interno del racconto, offrendoci uno spiraglio di realtà nella fantasia inarrestabile di Don Chisciotte.

Nonostante sia il ritratto di un uomo che ha completamente perso la ragione in favore delle sue fantasie, la storia di Don Chisciotte rimane uno dei pochi esempi per coloro che, ancora oggi e nonostante tutto, hanno il coraggio di sognare.

Chiara Cozzi

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