Cultura

#Metrolibri: Donne che parlano di Miriam Toews

La storia di “Donne che parlano”, il nuovo libro di Miriam Toews, è ispirata a fatti realmente accaduti ma è soprattutto la storia di un gruppo di donne che finalmente decide di parlare e di ribellarsi. 

I fatti a cui Miriam Toews si è ispirata nella scrittura di “Donne che parlano” sono accaduti tra il 2005 e il 2009 in una colonia mennonita in Bolivia. Molte ragazze e donne della comunità iniziano a svegliarsi stordite, doloranti, con il corpo sanguinante e pieno di lividi. La maggioranza della comunità pensa che le donne mentano o che le violenze siano causate da demoni o da Satana in persona per punire i loro peccati. 

La verità però è ovviamente un’altra. 

Si scopre, infatti, che otto uomini della colonia hanno utilizzato sistematicamente un anestetico veterinario per rendere incoscienti le vittime e stuprarle durante la notte. Nel libro la vittima più piccola ha 3 anni. 

Donne che parlano

Per scrivere “Donne che parlano”, Miriam Toews si ispira a questa vicenda e alla sua esperienza personale nella colonia mennonita canadese in cui è nata. 

Il fulcro del romanzo sono le riunioni che le donne della colonia di Molotschna organizzano per decidere in che modo reagire. La voce narrante è August Epp, un uomo. August si occupa della stesura dei verbali delle riunioni perché nessuna delle donne sa leggere o scrivere. 

Davanti alle donne si aprono tre possibilità, accuratamente disegnate per essere comprensibili a tutte. 

Molte donne decidono di non fare niente e non partecipano alle riunioni. Le altre due opzioni godono più o meno dello stesso consenso e per tutto il romanzo la discussione verte su queste due possibilità. Il romanzo non è altro che l’insieme di questi verbali immaginari fatti, appunto, di “donne che parlano” (finalmente).

Tempo e spazio per pensare

La terribile situazione in cui le donne si trovano finisce per portare, in qualche modo, anche a qualcosa di positivo. Le donne, infatti, trovano per la prima volta la forza di ribellarsi. Analizzano lucidamente la situazione in cui si trovano, ne trovano tutti i difetti e cercano di migliorarla. 

Sono donne che vivono in una società assolutamente patriarcale e oppressiva, non sanno leggere e non sanno scrivere, vengono educate per essere madri e mogli obbedienti e religiose. Parlano solo la lingua della comunità, una lingua arcaica totalmente diversa da quella del paese in cui si trovano. Sono, a tutti gli effetti, separate dal mondo. Credono nella comunità mennonita ma iniziano a vederne i limiti, grazie soprattutto alla grande frattura creata dalle violenze subite. 

Si rendono conto di non avere nessun diritto, alla stregua degli animali della colonia, nemmeno (e soprattutto) quello di pensare autonomamente. 

Non siamo membri! Siamo le donne di Molotschna. L’intera colonia di Molotschna si fonda sul patriarcato […], dove le donne vivono una vita di serve mute, sottomesse e obbedienti. Bestie. Ragazzini di quattordici anni sono tenuti a impartirci ordini, a determinare i nostri destini, a votare le nostre scomuniche, a parlare ai funerali dei nostri nuovi nati mentre noi rimaniamo in silenzio, a interpretare la Bibbia per noi, a guidarci nel culto, a punirci! Non siamo membri, siamo merce. 

L’attualità delle donne mennonite

Miriam Toews riesce ad attualizzare enormemente il dramma delle donne mennonite. Anche se la loro sia una condizione con delle particolarità non per questo non è assimilabile a quella di tante donne in ogni luogo e tempo. 

Interessantissimi sono i passaggi in cui le donne ragionano sulla nascita della cultura dello stupro che è legata al potere e al desiderio di sopraffazione e che è giustificata da un determinato modo di vivere e di pensare.  

Sappiamo che la situazione di Molotschna dipende dagli uomini, che a rendere possibili questi stupri, perfino il concepimento di questi atti, il progetto di questi stupri, la logica che nella testa degli uomini sta alla base di questi stupri sono le condizioni in cui si trova Molotschna. E queste sono state create dagli uomini, dagli anziani. 

E ancora:

È la brama di potere  […] la vera responsabile di questi stupri, perché nella loro brama di potere, gli uomini avevano bisogno di avere qualcuno su cui esercitarlo, e questo qualcuno siamo noi. 

Sebbene la struttura non mi abbia convinta pienamente, la forza di questo libro è sicuramente enorme. È un libro che è quasi un manifesto, un inno al coraggio di tutte quelle donne che parlano, che si supportano a vicenda e che danno voce anche a quelle che non riescono ad averla.

Siamo donne senza voce, afferma Ona, pacata. Siamo donne fuori dal tempo e dallo spazio, non parliamo nemmeno la lingua del paese in cui viviamo. Siamo mennonite senza una patria. Non abbiamo niente a cui tornare, a Molotschna perfino le bestie sono più tutelate di noi. Tutto quello che abbiamo sono i nostri sogni – per forza che siamo sognatrici.

Terry Longobardi

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