Quentin Tarantino è uno dei registi più influenti degli ultimi vent’anni. Il suo modo di fare cinema è inconfondibile; i suoi film sono caratterizzati da violenza spesso gratuita, personaggi al limite del grottesco ma con un’etica decisamente spiccata, il tutto sapientemente mixato con le arti marziali, la cultura pop e ovviamente l’estetica pulp. Non poteva essere da meno lo stile delle protagoniste e sempre muse ispiratrici dei suoi film.
Le muse di Tarantino
A Tarantino è stata spesso mossa l’accusa di essere un misogino. Tuttavia, analizzando in profondità le sue figure femminili, ci si rende subito conto che è tutto il contrario. Le sue donne sono personaggi a tutto tondo; sono forti, tenaci, infliggono tanto dolore quanto ne subiscono; sono cariche di risentimento e aspettano in silenzio di risultare vincitrici. La caratterizzazione delle sue muse è sempre passata attraverso delle scelte estetiche ben precise: Tarantino ha attinto dalla moda e la moda da Tarantino, rendendo le protagonista dei suoi film icone di stile intramontabili e sempre distinte tra loro.
Mia Wallace: minimal chic
Mia Wallace è la protagonista del film più iconico del regista, Pulp Fiction (1994). Interpretata dalla musa privilegiata di Tarantino, Uma Thurman, il suo personaggio è la personificazione di quella estetica pulp riletta però in chiave minimal. Nella scena in cui balla con Vincent Vega (John Travolta), Mia indossa una camicia oversize bianca abbinata a pantaloni a sigaretta neri; ai piedi, le inconfondibili ballerine Chanel. Questo look neo-minimal è l’essenza degli anni Novanta, e ancora oggi immediatamente riconoscibile come sinonimo di ricercatezza non apparente.
Beatrix Kiddo: sportswear
L’altra opera fondamentale di Tarantino, Kill Bill, uscita in due volumi (2003, 2004) vede sempre protagonista Uma Thurman, che interpreta Beatrix Kiddo. Per quasi tutto il primo film indossa quello che è diventato l’outfit più iconico dei film di Tarantino, una tuta gialla con banda nera e un paio di Onitsuka Tiger Mexico 66 dello stesso colore. Mai prima di allora era apparso sul grande schermo un outfit sportswear senza alcun accenno di sensualità.
Gogo Yubari: lolita
Kill Bill è il film in cui più di tutti si alternano sullo schermi figure femminili diverse tra loro, distinguibili in ogni momento grazie a una precisa caratterizzazione data dai costumi. E’ il caso di Gogo Yubari, interpretata da Chiaki Kuriyama, classico esempio della lolita giapponese: nella scena in cui combatte con la protagonista indossa l’uniforme liceale, composta da giacca, camicia bianca, immancabile fiocco rosso al colletto, gonna checked e un paio di Nike Blazer Low.
Shosanna Dreyfus: tomboy
Bastardi senza gloria (2009) è un unicum nella produzione tarantiana, ma non per questo meno segnato dalla visione estetica del regista. La protagonista Soshanna Dreyfus, interpretata da Mélanie Laurent, è un’ebrea in cerca di vendetta, che opera nel silenzio per raggiungere il suo obiettivo, ovvero uccidere Hitler e la classe dirigente nazista. Il suo look riflette le due parti contrapposte della sua personalità: per la maggior parte del film veste abiti oversize dalle tonalità terra, classica espressione dello stile tomboy, per poi abbandonarlo nel finale a favore di un abito rosso sfavillante, proprio a sottolineare come la vittoria sia stata ottenuta per mano di una donna.
Sharon Tate: sixties
Nell’ultimo film di Tarantino, C’era una volta a…Hollywood (2019), Margot Robbie ha l’onore e l’onere di interpretare Sharon Tate. In questo caso più che mai il lavoro della costumista, Arianne Phillips, è stato nel senso di rievocare l’aura e lo stile di un’icona indiscussa degli anni Sessanta. Via libera quindi a tutto ciò che evoca lo spirito di quel decennio: dalla minigonna, vero e proprio simbolo di quella decade, agli stivali sotto il ginocchio; dai jeans indossati rigorosamente senza scarpe ai crop top colorati, dai capelli biondissimi a al lupetto esistenzialista a collo alto.
In sintesi, Tarantino riserva alle sue donne una caratterizzazione sempre complessa, unica e peculiare; non esiste un’altra Mia Wallace, ne’ tantomeno Beatrix Kiddo. Tuttavia c’è un punto che le accomuna tutte quante: una forza di volontà che non è presente in alcuna figura maschile tarantiniana, derivata da dolori e dal vissuto di ognuna di loro, espressa negli abiti quanto nelle azioni che le portano ogni volta a rischiare la vita.
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