Nell’ultimo watch party di Drag Race Italia mi sono resa conto che siamo agli sgoccioli della seconda stagione e io non mi sono neanche accorta di come ci siamo arrivatə. Non che sia una novità, visto che i watch party dedicati al programma di Discovery plus risultano essere sempre più divertenti della puntata in questione e, vi dirò, mi dispiace molto ammetterlo, ma mi rendo conto che devo essere onesta con me stessa nonostante, o proprio perché, questo è un discorso molto difficile da affrontare.
Sia chiaro che il problema di Drag Race Italia non sono le sue queens, che penso siano preparatissime e divertenti: il problema di Drag Race Italia è Drag Race Italia. L’importazione del format americano sugli schermi italiani è stata per tuttə una boccata d’aria fresca all’interno di un Paese atrofizzato in dinamiche televisive burocraticamente ferme agli anni Novanta, le quali hanno finito per saturare il mercato e fatto degli spettatori oche da macello per il foie gras. Quindi tronfi di meccanismi eteronormativi, pienə fino alle doppie punte dei nostri capelli cotonati, abbiamo visto l’arrivo di Drag Race come l’annuncio dell’ultimo album di Rihanna. Non è facile parlare con criticismo di questa stagione ma ci proveremo, consapevoli, però, che in Italia di Drag Race non ne avremo mai abbastanza e che tutte le problematiche possono costituire uno stimolo alla formazione di un carattere più incisivo e mordace.
Oltre il charisma, uniqueness, nerve and talent c’è di più
Le queens di Drag Race Italia hanno dato accesso a qualcosa di preziosissimo e di cui tuttə noi dovremmo sentirci onoratə, ovvero il loro bagaglio di vita. I racconti sulle difficoltà che hanno dovuto affrontare per essere se stesse – e che molto spesso tendiamo a dimenticarci nella smania di sapere chi merita di vincere cosa – costituisce un regalo, in questi tempi difficili, dal valore inestimabile. La seconda stagione viene mandata in onda durante mesi particolari per il nostro Paese, in cui anche le certezze più ferree sembrano essere pronte a crollare, per cui non possiamo fare altro che tifare affinché questo programma continui.
Tuttavia i punti ciechi di Drag Race Italia sono tanti, troppi e rimango sbigottita dal fatto che né i suoi autori né Priscilla, Tommaso Zorzi o Chiara Francini se ne rendano conto. Guardare una puntata di Drag Race Italia ci fa catapultare direttamente nei programmi Mediaset degli anni ’90 in cui tutto sembrava essere palesemente forzato e prestabilito. I drama per creare hype attorno alle tirate dei capelli tra le queens sembrano seguire un canovaccio scritto in sanscrito, in modo talmente incomprensibile che neanche le sue protagoniste sono state in grado di decifrare. Ad esempio, la litigata tra Panthera Virus e Obama risulta essere un brutto incrocio tra il salotto di Barbara D’Urso e la storica lite tra Zequila e Pappalardo a Domenica In, molto lontana dall’iconica dipartita di Enorma Jean nella scorsa stagione. Eppure, e di questo sono convinta, la colpa non ricade sulla bravura delle sue protagoniste ma sui meccanismi televisivi che finiscono per maciullarne il talento.
Discovery plus, una piattaforma di possibilità
Nel panorama italiano Discovery plus è davvero una realtà promettente, ma forse ancora troppo giovane per poter essere criticata così aspramente. Credo fermamente che ci troviamo davanti alla nascita di una supernova che noi vivremo nella sua fase embrionale ma che, allo stesso tempo, dobbiamo stare attenti a preservare perché non possiamo permetterci di perdere terreno. Quindi anche noi, come le nostre drag nazional popolari, dobbiamo dimostrarci accanitə sostenitrici e sostenitori di un programma che non può chiudere i battenti ma che può e deve migliorare. E lo deve fare per rendere onore alle storie che ci vengano raccontate perché gli anni più brutti della televisione italiana non si possono cancellare ma si può dimostrare che ci può essere tanto altro di più divertente, di più sfavillante, di più coraggioso, di più politico. Non sono mai solo glitter, drama e balletti, l’arte drag è importante ed è ora che la produzione di Drag Race Italia impari a prenderla sul serio, quindi smetterla di trasformarla nel macchiettistico spettacolo dadaista di programmi avariati.
Benedetta Vicanolo
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