La presidente dell’associazione Lucha y Siesta è imputata per occupazione abusiva: “Si processa chi cerca di far valere i diritti delle donne, ma la nostra iniziativa è collettiva”.
In queste settimane, nella città di Roma, si sta svolgendo un processo monco e orbo.
L’Associazione Casa delle donne di Lucha y Siesta è attualmente sotto processo per l’occupazione dell’immobile di Via Lucio Sestio. Chi conosce Lucha sa che la sede romana, sita sulla Tuscolana, è un luogo dove centinaia di donne sono riuscite ad uscire da vicende di violenza domestica. Lucha è un luogo che ha aiutato molte donne a trovare una casa, un lavoro, un luogo che ha dato il sostegno necessario a molte donne per una ripresa sicura e piena. Ma evidentemente non basta.
Lucha y Siesta sotto attacco:
Il processo penale è a carico della Presidente dell’Associazione, che da 10 anni supporta le attività antiviolenza della comunità della Casa.
La Casa Lucha y Siesta è attiva fin dall’8 marzo del 2008 come centro antiviolenza, luogo di accoglienza per donne in percorsi di fuoriuscita dalla violenza e polo culturale.
Non solo è quindi un luogo aperto e sicuro, polo cruciale per la riorganizzazione e il mutuo aiuto sul territorio in chiave femminista, ma a nulla è valsa la precedente assoluzione per la medesima ipotesi di reato:
- Il 10 gennaio per Lucha è stata indetta la prima udienza
- L’udienza è stata poi rimandata al 26 aprile per la sostituzione del giudice competente
Le Vicende:
Per potersi costruire un’idea che sia chiara come lo è agli occhi di chi ha seguito la vicenda, si rende quindi necessario ripercorrere gli eventi:
- La denuncia alla Presidente arriva fra la fine del 2017 e il 2018, anni in cui la giunta Raggi prende posizione sulla questione Atac.
L’azienda municipalizzata del trasporto romano era all’epoca proprietaria dell’immobile di Via Lucio Sestio. - Lo stabile era in stato di abbandono da decenni ed è occupazione nel 2008 da parte di quelle donne che vi hanno creato Lucha y Siesta.
- L’occupazione dello stabile, che ricordiamo essere stato per decenni in disuso, gli dà una nuova vita: diventa molte cose, tra cui a tutti gli effetti lo spazio a Roma con più posti letto da donare a chi fuoriesce da situazioni di violenza.
(occupandosi a tutti gli effetti di una responsabilità di cui dovrebbe, in realtà, occuparsi lo Stato!) - Atac però è costretta a vendere il proprio patrimonio immobiliare per sopperire ai debiti accumulati. Nel gruppo degli immobili da vendere c’è anche lo stabile di via Lucio Sestio, che va quindi sgomberato.
Vediamo quindi che l’associazione che dal 2008 si trova all’interno di un palazzetto di via Lucio Sestio al Tuscolano si trova a fare i conti con il fatto che l’immobile era precedentemente di proprietà dell’Atac.
L’associazione è a rischio e questo mette di nuovo in difficoltà le attiviste della Casa delle donne che un anno e mezzo fa pensavano di aver chiuso ogni vertenza e di poter pianificare il futuro serenamente.
Aiutiamo Lucha y Siesta a resistere a questo attacco ingiusto!
L’immobile è stato inserito nel concordato per il recupero del debito Atac: questo significa che l’azienda municipalizzata avrebbe dovuto vendere il palazzo entro la fine del 2021. Quando un bene immobile è occupato, il comune può dichiararne il pubblico interesse e, tramite apposite procedure amministrative, può vincolare il proprietario ad adibirlo ad una determinata funzione.
Le attiviste scrivono:
“L’Associazione Casa delle donne Lucha y Siesta è chiamata in tribunale per l’occupazione dell’immobile di Via Lucio Sestio, dove centinaia di donne hanno trovato una casa, un lavoro, un luogo di ripresa sicuro. Nonostante una precedente assoluzione per la medesima ipotesi di reato, nonostante l’acquisto dell’immobile da parte della Regione Lazio, la giustizia procede agendo una finzione che scarica su una sola persona (la presidente dell’Associazione) la responsabilità di decine di attiviste e centinaia di persone che hanno per anni operato gratuitamente a favore delle donne che qui hanno trovato una stanza tutta per sé e della comunità che in essa si identifica”.
Nello specifico, in 14 anni la casa delle donne del Tuscolano ha supportato circa 1.200 donne, ospitando oltre 140 di loro e 62 minori.
“Da un punto di vista economico l’esperienza della Casa delle Donne Lucha y Siesta ha già fatto risparmiare all’amministrazione capitolina circa sei milioni e mezzo di euro”.
Ecco che si rende sempre più necessario prendere posizione al livello politico, produrre una riflessione sull’inefficienza delle strutture amministrative dello Stato e della Regione, dove le incompetenze istituzionali ricadono sul lavoro che viene svolto dal basso dalla popolazione che si auto-organizza.
Lucha y Siesta: un immobile di pubblico interesse
Ma che cosa significa “occupazione temporanea per pubblico interesse“?
Si tratta dell’impossessamento temporaneo di fondo privato da parte dello Stato o un altro ente pubblico, disposto con provvedimento amministrativo, per motivi di interesse pubblico e dietro corresponsione di un indennizzo.
Come per quanto riguarda il Cinema America o il Cinema Palazzo, alcune strutture nate da progetti e iniziative dal basso diventano poi cruciali per il territorio che le circonda: si potrebbe dire (come avvenuto per lo storico cinema) che proprio di “interesse pubblico” si tratti qui.
Però in questo specifico caso Atac è considerato come un ente privato, anche se è una società in mano pubblico. Quello che ci aspettiamo dall’amministrazione capitolina è un dialogo con la struttura volto al benessere della collettività: l’interesse dei cittadini e delle cittadine è che la Casa di Lucha resti in funzione.
Quindi è necessario ricordare che le pratiche femministe e trans-femministe che emergono dall’auto-organizzazione dello stabile sono particolarmente efficaci nel contrastare la discriminazione sistemica e il disagio di vario genere di molte e diverse donne della Capitale: sono nate per questo e il loro agire ha prodotto concreti risultati (come specificato poco sopra).
Si ribadisce, al fine far comprendere la necessità dell’associazione, che lo Stato dovrebbe produrre le prassi attuate da Lucha e che invece in questo caso sta cercando proprio di reprimerle.
La Casa ta aiuta le donne vittime di violenza, trova loro un letto e lo trova anche per i loro figli, le aiuta a reinserirsi nella società e a tornare a lavorare dopo episodi di abuso, violenza o povertà. Queste sono tutte cose di cui dovrebbe occuparsi lo Stato tramite l’amministrazione pubblica: se non ci riesce, che almeno non intralci il lavoro di cui – per lui – lo sta facendo. Quindi, prima di farci un’idea su questo sgombero, dovremmo anzitutto chiederci:
“e se Lucha y Siesta non ci fosse?”
Articolo di Maria Paola Pizzonia
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