Muore il 31 ottobre 1984 Eduardo De Filippo, drammaturgo, attore e regista teatrale tra i più rappresentati all’estero
Insieme a Carlo Goldoni, Luigi Pirandello e Dario Fo, Eduardo De Filippo è l’autore italiano di teatro più rappresentato e conosciuto all’estero. Nato a Napoli il 24 maggio1900, è figlio illegittimo, insieme ai fratelli Titina e Peppino, dell’attore Eduardo Scarpetta. L’uomo, infatti, ha una relazione extra coniugale con la nipote acquisita Luisa De Filippo, sarta all’interno della sua compagnia teatrale. Eduardo respira fin da piccolo l’atmosfera del palcoscenico e nel 1912 si trasferisce a Roma dove conosce Totò ed entra nella compagnia teatrale del fratellastro, Vincenzo Scapetta.
Eduardo De Filippo, il debutto nella compagnia del fratellastro con Farmacia di turno
Scrive le sue prime opere per i soldati del 2° reggimento dei Bersaglieri di stanza a Trastevere, dove presta il servizio militare. Dopo l’esordio nel 1920 nella compagnia Scarpetta con Farmacia di turno, il suo debutto ufficiale come autore è nel 1922 al teatro Fiorentini con la commedia Ho fatto un guaio? Riparerò! che successivamente cambia il titolo in Uomo e galantuomo.
I temi della poetica eduardiana, follia e tradimento. La scrittura in dialetto
Ci sono già due dei temi ricorrenti della sua poetica: la follia e il tradimento. Ma la svolta è nel 1926, quando, a un anno dalla morte del padre, decide di scrivere in dialetto napoletano. Porta in scena Requie a l’anima soja, divenuto poi I morti non fanno paura, in cui recita col viso invecchiato dal trucco. Nel 1928, dopo il matrimonio con l’americana Dorothy Pennington, sposata con rito evangelico e con tutta la famiglia della ragazza contraria, cerca di formare una sua compagnia insieme ai fratelli.
Roma, l’incontro con Totò e la compagnia Molinari
L’incontro con la Compagnia Molinari, con cui ha lavorato anche Totò, gli dà la possibilità di stare a fianco di attori come Pietro Carloni, Carlo Pisacane e Tina Pica. Sik Sik l’artefice magico, lo sketch di De Filippo inserito in una commedia nel 1929, è il trampolino di lancio verso l’agognato riconoscimento di critica e pubblico. Seguono le collaborazioni agli altri copioni della compagnia Molinari: Cento di questi giorni, C’era una volta Napoli, E’ arrivato o’trentuno, La signora al balcone.
Finalmente una compagnia tutta sua. 1931: in scena Natale in casa Cupiello
Nel 1931, a Roma, riesce finalmente a debuttare con la sua compagnia di teatro umoristico I De Filippo, poi a Milano e a Napoli, dove va in scena la sua commedia Don Rafele’o trumbone, dove il trio riprende le forme farsesche della commedia dell’arte. Il suo primo capolavoro, però, è Natale in casa Cupiello, che debutta il giorno di Natale dello stesso anno al Teatro Kursaal della città partenopea, che più tardi cambia il nome in Teatro dei Filangieri. Il successo è tale che le repliche durano fino al maggio del 1932.
L’opera tragicomica in un interno domestico della Napoli popolare
L’opera, una tragicommedia, pensata inizialmente come atto unico e arricchita successivamente di altri due atti, ruota attorno al rito del trovarsi tutti in famiglia a tavola il giorno di Natale. Una tradizione turbata dalla decisione della figlia di Luca e Concetta Cupiello, Ninuccia, di fuggire con l’amante. La vicenda si svolge in cinque giorni in due stanze di casa Cupiello, la camera da letto e la sala da pranzo, dove si susseguono continue peripezie.
La parodia della Cavalleria Rusticana
Nel parapiglia domestico, fra beghe familiari e sentimentali, è la figura di Luca (forse ispirata al nonno di Eduardo) che emerge sulle altre. Luca è un anziano dal cuore di bambino, impegnato a completare il suo amato presepe e lontano da quello che gli succede intorno. Seguono le commedie Parlate al portiere, Noi siamo navigatori, Il thè delle cinque e Cuoco della mala cucina. Di questo periodo anche la parodia della Cavalleria Rusticana di cui Pietro Mascagni chiede di bloccare le repliche.
L’incontro con Luigi Pirandello e i litigi col fratello
Determinante in questo frangente, l’incontro con Luigi Pirandello, di cui interpreta Il berretto a sonagli nella parte di Ciampa nel ’36, poi Liolà e L’abito nuovo. Aumentano, nel frattempo i litigi tra i due fratelli Eduardo e Peppino che recitano insieme per l’ultima volta nel 1944, al Teatro Diana di Napoli.
1948: nasce la compagnia Il teatro di Eduardo
Decide quindi di proseguire da solo e fonda una nuova compagnia, Il teatro di Eduardo. Altra svota importante è quella del 1948, quando De Filippo compra il Teatro San Ferdinando, che viene inaugurato solo quattro anni più tardi con Palummella zompa e vola. Il teatro di De Filippo ora ha una sua residenza e il suo stile, con commedie dal parlato popolare, fa sì che gli spettacoli in napoletano abbiano finalmente la stessa dignità degli altri, senza più essere considerati intrattenimenti di serie B.
Il teatro in dialetto, dopo Eduardo non è più uno spettacolo di serie B
De Filippo, infatti, elabora una lingua teatrale che arricchisce il vernacolo e lo trasforma all’interno del teatro, in un parlato più ricco di sfumature. Le sue commedie più celebri le compone nel periodo tra metà anni Quaranta e metà anni Cinquanta: Questi fantasmi! e Filomena Marturano nel 1946, Mia famiglia nel 1953, Bene e core mio del 1956, Sabato, domenica e lunedì del 1959.
Al cinema Napoli milionaria con Totò
Impegnato anche al cinema nel film Napoli milionaria del 1950, insieme a Totò, già portata a teatro nel 1945, commedia passata alla storia per la frase di Gennaro Jovine Mo adda passà ’a nuttata (deve passare la nottata). C’è la guerra che porta altra povertà dove già ce n’era abbastanza e ancora una volta l’umanità in scena è quella di chi si arrabatta per sopravvivere, tra l’ingegnoso e il grottesco.
E’ un altro dei temi portanti del suo teatro, il secondo conflitto mondiale, tanto da spingerlo a dividere le sue commedie in Cantate dei giorni pari e Cantate dei giorni dispari a seconda che siano state scritte prima o dopo.
I suoi personaggi nei film di Vittorio De Sica e la sceneggiatura di Matrimonio all’italiana
Davanti alla macchina da presa ha esordito nel 1932 in Tre uomini in frak di Mario Bonnard e di tanto in tanto ha lavorato anche come sceneggiatore, mentre come regista debutta nel 1940 nel film In campagna è caduta una stella. Suoi alcuni personaggi di Vittorio De Sica delle pellicole L’oro di Napoli, Tempi nostri e Zibaldone n. 2. Un altro grande successo è poi la sua sceneggiatura di Matrimonio all’italiana. Interpretato da Sofia Loren e Marcello Mastroianni, è un remake di Filumena Marturano che lui ha già diretto nel 1951 con sua sorella Titina protagonista.
Porno-Teo-Kolossal di Pasolini rimasto incompiuto
Avrebbe dovuto partecipare al film di Pier Paolo Pasolini, Porno-Teo-Kolossal rimasto incompiuto per la prematura scomparsa dello scrittore e regista nel 1975.
L’impegno politico e la commedia Il rione della sanità
Intenso anche il suo impegno politico per ottenere la costituzione di un teatro stabile a Napoli e per l’attenzione ai minori negli istituti di pena. L’autore che ha raccontato per tutta la vita la sua città, non poteva non raccontare anche della malavita. Con la commedia Il sindaco del rione Sanità, pubblicata nel 1960, nel 1963 vince il Premio Feltrinelli. Si parla, per usare le sue stesse parole, della crisi del sistema giustizia nel Paese.
La vicenda è imperniata sulla figura di Don Antonio Barraccano, una sorta di capofamiglia che mantiene l’ordine in città ed è ispirata a un personaggio realmente esistito. Nelle “udienze”, al mattino, mentre fa colazione con pane e latte, riceve giornalmente i disperati che si rivolgono a lui per avere protezione. Un personaggio controverso, visto da molti come il tipico esempio di capoclan di stampo camorrista.
Baraccano rappresenta la perdita di fiducia nelle leggi o è solo l’anticamera della figura del camorrista?
De Filippo, invece, lo vedeva soprattutto come un uomo deluso dalla giustizia italiana che si era voluto far legge da sé che rappresenta la sfiducia e la crisi della giustizia in Italia. Dalla commedia, negli Stati Uniti viene tratto un film sulla criminalità organizzata interpretato da Anthony Quinn nel 1997 intitolato Il Sindaco. Anche il regista Mario Martone, nel 2019, ha girato un film ispirato all’opera di De Filippo.
Due lauree Honoris causa e Pertini lo nomina senatore a vita
Negli anni Sessanta viaggia nell’Europa dell’Est dove è molto apprezzato come autore, mentre nel decennio successivo riceve due lauree Honoris Causa, a Birmingham nel 1977 e a Roma nel 1980. Nel 1981 il presidente della Repubblica Sandro Pertini lo nomina senatore a vita ed entra a far parte del gruppo parlamentare della Sinistra indipendente.
Come dev’essere il teatro?
All’Università La Sapienza di Roma, invece, ha insegnato drammaturgia tra il 1981 e il 1982. In un passo delle sue Lezioni che sono state trascritte spiega ai suoi allievi che “quello che è necessario per voi è vivere di osservazione, stare a sentire i dialoghi nei negozi, sull’autobus, avere sempre l’orecchio al teatro… E prendere appunti, segnare, segnare” . Realismo a teatro, però, non significa rappresentare la realtà e basta, “il teatro deve essere non verità ma verosimile, perché la verità nuda e cruda è noiosa”.
L’importanza della capacità di ascoltare
Com’era Eduardo De Filippo come insegnante? Un aiuto viene dal web e dalla rivista Doppio Zero di Milano, sul quale Paola Quattrenghi, all’epoca nominata sua assistente nell’ateneo romano, nel 2014 scrive in un articolo della selezione iniziale per accedere alle sue lezioni. Siamo nell’aprile 1981, le prove di ammissione durano diversi giorni, sono più di 300 gli elaborati pervenuti. Lui incarica la sua assistente di raccoglierli, poi ogni partecipante deve leggere davanti agli altri quello che ha scritto.
I presenti dopo un po’ si spazientiscono, perché ascoltare trecento elaborati richiede un impegno notevole. Uno di loro si lamenta ad alta voce e De Filippo gli risponde che “Chi non ha la pazienza di ascoltare gli altri, non avrà neanche quella di ascoltare se stesso”, ergo nemmeno essere un autore e più in generale un artista.
Muore senza riappacificarsi col fratello
De Filippo muore nel 1984, malato da tempo di cuore, senza aver fatto pace con il fratello. Nello stesso anno in Tv aveva recitato nello sceneggiato Cuore di Luigi Comencini e ispirato al romanzo di De Amicis. E’ sepolto a Roma, nel cimitero del Verano.
Anna Cavallo