Cultura

Edward Hopper, l’American Way e il dramma della solitudine

Nato il 22 luglio 1882, Edward Hopper è ritenuto uno dei principali esponenti della pittura realista statunitense. Intento a delineare lo stile di vita americano, l’artista è riuscito a ritrarre la malinconia e l’isolamento dell’essere umano.

Edward Hopper : la carriera di pubblicitario il fascino degli artisti europei

Cresciuto in una cittadina nei pressi di New York, Hopper mostra fin da subito spiccate capacità illustrative, tanto che i genitori lo spingono ad intraprendere lo studio di Design commerciale. Dopo la laurea, lavora nell’agenzia di pubblicità C. Phillips & Company dove progetta copertine per riviste di settore; anche se preferisce dipingere che fare il pubblicitario, Edward farà questo lavoro per altri quindici anni. Nel 1906, si reca a Parigi dove trascura le opere del contemporaneo Picasso, per dedicarsi invece all’analisi dei dipinti di Rembrandt e delle scene parigine dell’incisore francese che ispirerà i suoi lavori, Charles Meryon.

Automat, Edward Hopper. PhotoCredit: dal web.
Automat, 1927, Edward Hopper. PhotoCredit: dal web.

Un’altra importante influenza è quella avuta dagli impressionisti: in particolare è Degas ad infondere il gusto per la descrizione degli interni e delle inquadrature di tipo fotografico. Ormai affermato membro del Whitney Studio Club, il più vitale centro per gli artisti indipendenti, Hopper ottiene ora ampio successo con mostre di acquerelli (1923) e di quadri (1924), che fanno di lui uno dei maggiori caposcuola dei Realisti Americani; la vendita delle sue opere gli permette finalmente di vivere solo con il suo lavoro di pittore e di abbandonare la pubblicità. Nel frattempo, alla pittura inizia ad affiancare l’incisione.

Edward Hopper, opere artistiche: un silenzio inquietante

Guardando i dipinti dell’artista statunitense, si avverte un profondo senso di solitudine e di malinconia. Nel ritrarre, infatti, l’american way della prima metà del ‘900, Hopper intende trasmettere l’incapacità degli uomini di comunicare e condividere; benché le scene siano ambientate a New York, città viva e movimentata, l’artista è attirato da immagini solitarie e silenziose. Si nota, dunque, una ripetizione degli stessi soggetti: scenari urbani desolati, case isolate vicino a una ferrovia o affacciate sul mare, distributori di benzina deserti, scorci notturni di città, interni di alberghi o di bar. Il vero protagonista dei quadri di Hopper non è l’uomo ma la solitudine.

Soggetti solitari o assenti: l’incomunicabilità del mondo contemporaneo

Con questo intento, Hopper dipinge figure immobili, spesso isolate. Il più delle volte si tratta di donne che osservano in lontananza, con lo sguardo perso nel vuoto, in attesa di un treno, oppure immerse nella lettura. Quando invece l’artista ritrae più di un soggetto, sceglie pochi personaggi che, tuttavia, non comunicano tra loro: ogni soggetto sembra un’isola accanto ad un’altra isola.

Morning Sun, 1923, Edward Hopper. PhotoCredit: dal web.
Morning Sun, 1923, Edward Hopper. PhotoCredit: dal web.

Nessun pittore prima di lui era stato capace di rappresentare in un modo così efficace l’isolamento dell’uomo. Dalla prospettiva della scena ai colori, tutto trasmette silenzio e solitudine. Dopotutto, le immagini appaiono immobili e i colori, anche se vivaci e brillanti, non trasmettono nessun calore. Tutto l’insieme, dunque, suscita una forte sensazione di disagio e inquietudine: ogni relazione umana appare impossibile, benché si respiri una continua aria di attesa.

Lo stile di vita americano tra le due guerre: un volto sconosciuto

Le opere di Hopper ci parlano di un aspetto poco conosciuto dell’America del dopoguerra: di fronte al frastuono delle grandi metropoli, le case di campagna e di città sono abitate da una quiete assordante. Ogni immagine, restando completamente immobile, acquisisce drammaticità. In qualche modo, l’artista statunitense anticipa l’Espressionismo astratto: ciò che infatti si vuole rivelare attraverso le immagini è una condizione umana a cui non si può sfuggire, a prescindere dal luogo e dal tempo.

Second Story Sunlight, 1960, Edward Hopper. PhotoCredit: dal web.
Second Story Sunlight, 1960, Edward Hopper. PhotoCredit: dal web.

Sebbene l’uomo viva una vita frenetica, sempre in contatto con altri uomini e in continuo movimento, secondo Hopper sarà condannato a vivere sempre lo stesso dramma: l’essere umano continuerà a fare i conti con i propri e personalissimi tumulti interiori. Le opere dello statunitense sono, infine, pericolosamente attuali. In un mondo in eterno progresso, l’uomo dovrà fare i conti con la propria interiorità: solitudine, tristezza, vuoto e depressione rischiano di danneggiare irreversibilmente i rapporti con l’altro.

Martina Pipitone

Pulsante per tornare all'inizio