Elena, sorella di Giulia Cecchettin, risponde al Ministro Valditara nel giorno dell’inaugurazione della Fondazione dedicata alla 22enne di Vigonovo uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta.
Elena Cecchettin risponde al Ministro Valditara
Le parole del Ministro dell’Istruzione Valditara non sono passate inosservate nel giorno della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin. Alcune dichiarazioni del Ministro sul patriarcato e sul legame delle violenze con l’immigrazione hanno destato parecchie polemiche.
”La visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato. Massimo Cacciari esagera quando dice che il patriarcato è morto 200 anni fa ma certamente il patriarcato, come fenomeno giuridico, è finito con la riforma del diritto di famiglia nel 1975 che ha sostituito la famiglia fondata sulla gerarchia quella sulla uguaglianza”.
Il Ministro ha poi continuato:
“ […] Non far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”. Non si può accettare la cultura della violenza”.
Se Gino Cecchettin, padre di Giulia, ha commentato “Ci sono valori condivisi e altri su cui ragionare”, Elena Cecchettin ha replicato alle parole del Ministro Valditara attraverso i social.
La replica
Attraverso Instagram Elena Cecchettin, nel giorno della presentazione della Fondazione che porta il nome di Giulia, ha scritto sui social quella che sembra una replica alle parole del Ministro:
“Dico solo che forse, se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e ‘per bene’, si ascoltasse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro Paese ogni anno”.
Successivamente, ha aggiunto:
”Mio padre ha raccolto i pezzi di due anni di dolore e ha messo insieme una cosa enorme. Per aiutare le famiglie, le donne a prevenire la violenza di genere e ad aiutare chi è già in situazioni di abuso. Oltre al depliant proposto (che già qua non commentiamo) cos’ha fatto in quest’anno il governo? Perché devono essere sempre le famiglie delle vittime a raccogliere le forze e a creare qualcosa di buono per il futuro?”
Infine, Elena ha concluso:
“Un anno fa ho ricevuto la conferma che Giulia non sarebbe tornata a casa. E’ stato un anno difficile, di dolore, di ricordi, di lacrime. Ma soprattutto di lotta. Lotta per lei, che non c’è più. Oggi questa lotta prende anche la forma di un impegno. Un impegno sociale per poter iniziare un processo di cambiamento. E per tentare di impedire che nessun’altra debba ricevere quella chiamata. Che le nostre sorelle rimangano vive”.
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