Nello spazio di LetteralMente Donna di oggi, parliamo di una donna eccezionale che ha dato un enorme contributo all’ingegneria italiana. Il suo nome è Emma Strada e questa è la sua storia.
Emma strada, una famiglia progressista e le donne all’università
La prima cosa che aiutò certamente Emma Strada nel suo cammino fu quella di avere un padre ed una famiglia incredibilmente progressisti per la sua epoca che non la ostacolarono mai negli studi e ma anzi la spronarono e la incentivarono. A questo si aggiunge il fatto che nel 1874 era stato approvata, grazie al regolamento Bonghi, l’ammissione delle donne all’università. Cosi la prima donna a laurearsi in medicina e a conseguire una laurea fu Ernestina Paper nel 1877 a cui seguirono altri primati in lettere ed in giurisprudenza. Mai nessuna donna però, quando nel 1903 la Strada conseguì la maturità, si era mai inoltrata nel campo dell’ingegneria che risultava all’epoca ancora prettamente maschile. Eppure Emma Strada non si tirò indietro decidendo di seguire quel cammino già percorso dal fratello e dal padre che era un ingegnere titolare di uno studio tecnico.
Così nel 1903 iniziò a frequentare il biennio propedeutico di Scienze matematiche e fisiche all’Università di Torino perchè ai primi del 900′ per diventare ingegneri era necessario avere una licenza di in Scienze fisico-matematiche ed un certificato che fosse almeno sufficiente in disegno d’ornato e d’architettura. La Strada superò senza difficoltà il biennio e si iscrisse nel 1905 al corso di Ingegneria civile della Scuola d’Applicazione che l’anno dopo, con la fusione con il Regio Museo Industriale, divenne il Regio Politenico di Torino. Qui il 5 settembre 1908 si laureò con il massimo dei voti diventando la prima donna ingegnere d’Italia.
La prima donna laureata in ingegneria
Il conseguimento della laurea avvenne dopo un’ora di camera di consiglio della commissione che era indecisa se chiamarla ingegnere o ingegneressa. Riporta La Stampa del 7 settembre 1908 che “Emma Strada, sabato scorso, al nostro Istituto Superiore Politecnico ha conseguito a pieni voti la laurea in ingegneria civile. La signorina Strada è così la prima donna-ingegnere che si conti in Italia e ha appena altre due o tre colleghe all’estero”.
L’impegno nelle opere civili
Emma Strada all’iniziò alternò al lavoro accademico quello allo studio del padre almeno fino al 1915, l’anno in cui egli morì. Ciò nonostante lavorò da subito ininterrottamente sul campo alternando alla vita a Torino, giornate di lavoro in Valle D’Aosta dove curò a Ollomont la costruzione di una “galleria di ribasso” con lo scopo di drenare l’acqua proveniente da una miniera di pirite cuprifera. Altri progetti importanti furono la realizzazione di diversi edifici in Liguria e in Piemonte oltre che la costruzione del ramo dell’Acquedotto pugliese in Calabria dove visse alcuni anni curando anche i lavori per una galleria della automotofunicolare di Catanzaro.
Su nessuno di questi lavori svolti per lo studio prima del padre e poi del fratello compare la firma di Emma Strada. Questo però non fa di questa donna una vittima del patriarcato e della discriminazione di genere ma tutt’altro. La Strada decise volontariamente di non iscriversi all’Albo degli Ingegneri, non avendo il titolo professionale fino agli anni 50′ perchè da lei ritenuto non utile per l’economia dello studio di famiglia e per la sua persona.
La questione sociale
Dai primi anni 50′, dopo essersi iscritta all’Albo, Emma Strada si dedicò anche al riconoscimento della componente femminile nell’ingegneria. Nel 1957 fondò insieme a Anna Enrichetta Amour, Laura Lange, Ines del Tetto, Lidia Landi, Adelia Racheli, Vittoria Ilardi, Alessandra Bonfanti e Elvira Poli, diventandone presidente fino alla morte nel 1970, l’Associazione italiana donne ingegnere e architetto (Aidia) che si occupa tutt’oggi di valorizzare le donne e il loro ruolo nella scienza e nelle tecnica.
Stefano Delle Cave
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