Quello verificatosi al Gran Premio dell’Azerbaijan, tra Ricciardo e Verstappen, è solo l’ultimo di un incidente che coinvolge due piloti della stessa scuderia. A rimetterci, in questi casi, è il team che spesso e volentieri vede la gara dei propri piloti compromessa o, nel peggiore dei casi, finita. Sta poi ai responsabili della scuderia, cercare di spengere sul nascere ogni polemica e a richiamare all’ordine i due compagni di squadra.
Chris Horner deve aver avuto un déjà-vu quando ha visto i suoi piloti entrare in collisione nell’ultimo Gran Premio. Una situazione analoga si presentò in Turchia nel 2010 quando, gli allora alfieri del team austriaco Vettel e Webber, stavano battagliando per la vittoria del Gran Premio. Alla frenata della curva 12 il tedesco tenta il sorpasso, ma i due si toccano e, a rimetterci maggiormente, fu Vettel che pagò la manovra con un ritiro. Webber riuscì a rientrare ai box per le riparazioni del caso e a chiudere sul gradino più basso del podio. Questo lasciò libere le McLaren di conquistare una doppietta con Hamilton davanti a Button.
Il caso più celebre, però, risale al 1989 quando, al penultimo appuntamento del mondiale in Giappone, entrambi i titoli mondiali, costruttore e pilota, erano già nelle mani della McLaren diretta da Ron Dennis. Ma il pilota, che a fine anno avrebbe scritto il proprio nome sull’albo dei vincitori, poteva essere soltanto uno: Alain Prost o Ayrton Senna.
Nonostante una strepitosa pole di Senna, che rifilò più di 1 secondo e mezzo al proprio compagno, alla partenza Prost fu abile nel portarsi al comando e a gestire la corsa. Ma Ayrton, che aveva bisogno di una vittoria per sperare ancora nel titolo, al 46° giro provò ad attaccare il francese alla chicane del Triangolo. I due vennero a contatto e Prost si ritirò dalla corsa. I marshall spinsero l’auto del brasiliano, che poté così ripartire. Nel rientrare in pista tagliò la chicane e, dopo aver cambiato il musetto, riuscì a ottenere una vittoria insperata, riuscendo a superare Nannini al terz’ultimo giro. Ma i commissari non gli perdonarono quel taglio di curva e, tra mille polemiche, decisero di squalificarlo dalla corsa, consegnando automaticamente il titolo nelle mani di Prost.
Tornando ai giorni nostri, il triennio 2014/15/16 è stato caratterizzato dalla lotta al vertice delle due Mercedes di Hamilton e Rosberg. I due, quando si sono trovati in bagarre tra loro, hanno lottato senza esclusione di colpi. In alcuni casi, come in Bahrain nel 2014, dopo un estenuante duello negli ultimi giri, sono riusciti comunque a portare a casa una doppietta. Ma non sempre le cose sono andate nel migliore dei modi. In Belgio, nello stesso anno, a rimetterci fu Hamilton, dopo un contatto alla chicane Les Combes. Rosberg fu abile nel riuscire a chiudere la gara al secondo posto. Nel 2016 in Austria, all’ultimo giro, per via della difesa estrema di Rosberg alla curva Remus, i due piloti privarono il team di un uno-due. Questa volta però a rimetterci fu il tedesco che vide il suo compagno vincere e, per via del danno all’ala anteriore, venne passato da Verstappen e Räikkönen. Ma il caso più eclatante fu poche settimane prima, in Spagna, quando i due entrarono rovinosamente in contatto all’entrata della curva Repsol nel primo giro. Un attacco troppo azzardato da parte di Hamilton e una difesa troppo estrema di Rosberg hanno prodotto il ritiro di entrambe le vetture. Questo spalancò le porte a Verstappen, che conquistò il suo primo successo in carriera.
Il 2017, invece, ha visto un grande dualismo in casa Force India. Più volte, Pérez e Ocon, sono stati oggetto di richiamo da parte del team per via del loro comportamento in pista. Azerbaijan e Belgio, solo per citarne due, sono stati teatro di episodi controversi. In entrambe le occasioni a rimetterci è stata la squadra, che ha visto sfumare punti pesanti e, nella gara azera, un probabile podio. Quest’anno le cose sembrano andare meglio visto che a destare preoccupazione è la scarsa competitività della vettura, nascosta dal podio nella gara pazza di quest’ultimo weekend.
La lotta tra compagni di squadra ha sempre caratterizzato il DNA della F1. Riuscire a far capire al team chi è la prima guida può condizionare un intero mondiale, se non addirittura, la carriera di un pilota. Quando i piloti abbassano la visiera non esistono amici. E il nemico numero è proprio il teammates.