“Fate casino”: dal 9 gennaio disponibile “Dare la vita”, il libro postumo di Michela Murgia, pamphlet sulla genitorialità

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Di Marianna Soru

Martedì 9 gennaio esce “Dare la vita“. Il libro è di Michela Murgia, che con questa pubblicazione postuma riporta i suoi ultimi momenti prima di spegnersi il 10 agosto, a soli 51 anni.

“Dare la vita”: l’insegnamento di Michela Murgia

La scrittrice aveva consegnato le sue ultime riflessioni ad Alessandro Giammei. Il ricercatore di letteratura italiana all’università di Yale, è considerato uno dei suoi figli d’anima. Lui cura l’edizione, mentre gli scritti costituiscono la sua eredità spirituale sui temi della famiglia, scelta e biologica, della maternità e della gravidanza. Per la scrittrice infatti, partendo dalla sua esperienza personale, esiste un altro modello di maternità, che non parte dalla biologia, ma dai legami d’anima.

«È un libro toccante, sulla genitorialità», ha detto Giammei già il giorno dopo la scomparsa della scrittrice che riporta qui i concetti della sua «famiglia queer», la famiglia creata, che non è nella norma di quella che viene definita famiglia tradizionale. «La mia anima non ha mai desiderato generare né gente né libri mansueti, compiacenti, accondiscendenti. Fate casino» ha detto Michela Murgia che sceglie questa via anche nel pamphlet “Dare la vita”.

Le ultime memorie della scrittrice

In un’intervista a Vanity Fair aveva descritto così la sua. “Mi piace definirla ibrida, la mia famiglia. Ho scelto come anello nuziale una rana ad altorilievo perché è un animale di terra e di acqua, sempre pronto al salto, quindi al cambiamento, rappresenta bene la queerness in natura. Non voglio chiamare la mia famiglia non convenzionale, perché sono sicura che nella realtà queste famiglie siano già diffusissime: le persone hanno esigenze che gestiscono inventandosi rapporti che possano soddisfarle. “

E ancora: “Non esiste un nome per questa creatività degli affetti: il problema è togliere gli aggettivi e declinare le famiglie finalmente al plurale. Basta dire famiglia tradizionale, la famiglia composta da mamma, papà e due bambini è un’invenzione degli anni Sessanta, ha iniziato a esistere quando la migrazione dal Meridione al Settentrione d’Italia per andare nelle fabbriche ha spostato le persone in luoghi molto più piccoli, ha separato i nonni dai nipoti e ha rotto quei legami della società contadina che invece formavano una realtà allargata, una tribù, un luogo dove le responsabilità erano divise”.

Marianna Soru

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