Festa del papà: non serve avere figli per essere buoni padri. E i videogiochi ce lo insegnano!

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Di Redazione Metropolitan

Oggi è la festa del papà, il 19 Marzo. I videogiochi, tra i vari medium, sono un esempio lampante di com’è facile rivivere il rapporto padre-figlio, come questo può essere costruito ed ampliato, e come può essere al centro di tante trame bellissime.

Non da molto. Spesso nei videogiochi di qualche anno fa, il personaggio principale non faceva quasi mai cenno alla sua famiglia d’origine, oppure era semplicemente orfano di genitori. Alcuni dei personaggi di Final Fantasy sono l’esempio lampante di questa carenza genitoriale (voluta per esigenze di trama o meno), in caso contrario, seppur i riferimenti fossero sottintesi, questi sono ad esclusivo appannaggio del videogiocatore e dalla sua capacità di deduzione (Laguna Loire e Squall Leonhart, ad esempio).

Non per forza dev’essere questione di genetica: come i videogiochi ci hanno insegnato che non serve avere figli per essere padri.

I padri nel mondo dei videogiochi sono presenti da qualche anno e, alcuni di loro anche molto celebri: Corvo Attano in Dishonored, Kratos nell’ultimo capitolo di God of War, l’indimenticabile John Marston in Red Dead Redemption.

Eppure, la mia attenzione vuole soffermarsi su un altro aspetto presente in alcune delle opere più famose degli ultimi anni.

Essere padri non significa per forza avere figli. Cosa succede quando un padre perde la figlia in un modo tragico? Significa rinunciare a quella parte di sé e chiudersi nella più totale alessitimia (ovvero carenza di esprimere emozioni)?

Alcuni videogiochi più famosi hanno ben rappresentato un rapporto “paterno” che va oltre il legame di sangue che possiamo trovare non solo nei padri, ma anche in zii, in amici più grandi di noi, in un maestro o mentore.

Vediamo insieme chi sono:

Geralt di Rivia – The Witcher

fonte: web

Il rapporto tra Geralt e Ciri, l’erede al trono dell’Impero di Nilfgaard nonché figlia di Emyhr Van Emreis, è ovviamente conosciuto a tutti coloro che hanno giocato almeno al terzo capitolo della saga curata dai ragazzi di CD Projekt RED e dei romanzi di Sapkowskij.

Geralt divenuto strigo grazie al superamento della “Prova delle Erbe” che gli ha modificato l’aspetto, i sensi e lo ha dotato di straordinari poteri magici, è noto per essere un uomo cinico e diffidente nei confronti della società in cui non vuole addentrarsi, se non per i servizi che lui stesso offre, ovvero uccidere mostri.

Considerato da tutti come uno spietato assassino, da cui proviene il soprannome Il Macellaio di Blaviken, Geralt sa essere una figura amorevole e paterna nei confronti di Ciri che dimostra di avere le qualità per essere a tutti gli effetti la sua degna erede.

Tra i due si sviluppa un legame che va oltre il semplice rapporto allievo-maestro, in quanto Geralt (insieme a Yennefer) tiene la ragazza sotto la sua tutela sin dall’età di dodici anni e fa di tutto per proteggerla, come vedremo anche nel gioco, in cui il loro rapporto è al centro di tutti gli snodi della trama. Le rappresentazioni in The Witcher 3 ci donano anche un lato inedito del burbero strigo, in cui lo vediamo assumere un atteggiamento giocoso, divertente, quasi scanzonatorio, con la ragazza. Nuovamente umano, a tutti gli effetti.

Joel – The Last of Us

fonte: web

Quello che sappiamo di Joel padre, lo scopriamo durante l’incipit del gioco, in cui si prende cura da solo della sua unica figlia Sarah, a cui tiene molto. E’ un padre completamente presente nella vita della figlia, così come mostrano le foto sparse nella loro casa in Texas. Gioisce con lei durante le sue partite di calcio, è un padre amorevole e protettivo.

Purtroppo, nonostante gli sforzi di salvare sua figlia, la morte gliel’ha strappata dalle sue braccia, trasformandolo irrimediabilmente in un uomo freddo, segnato dal caos e dalla pandemia che lo circonda.

Grazie all’opportunità che gli viene data di scortare l’immune Ellie in un lungo viaggio che attraversa gli Stati Uniti, i sentimenti di Joel cambiano non solo nei confronti della ragazzina, che guardava con occhi diffidenti, ma anche nei confronti di sé stesso. Diventa un uomo meno scorbutico e ha l’occasione di diventare nuovamente un padre seppur non ci fossero legami di sangue, insegnando ad Ellie come fare per sopravvivere in quel mondo spietato. Perdere anche lei sarebbe per Joel un dolore troppo grande da sopportare.

Verso la fine della loro avventura, Joel si trasforma, ciò che era solo una “consegna”, diventa la sua ragione di vita, la sua mission per andare avanti e sopravvivere, per salvare sé stesso in un mondo che con lui purtroppo non è stato così gentile.

Lee Everett – The Walking Dead (Telltale)

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Lee Everett è uno dei personaggi che, se avete giocato alla prima stagione del gioco di The Walking Dead della Telltale, difficilmente dimenticherete. Lee è l’impersonificazione della redenzione, l’epidemia zombie inizia proprio quando sta per essere trasportato ad Atlanta per la sua condanna in prigione. Lee si è macchiato di un crimine e prima era un docente universitario di Storia.

La pandemia zombie riuscirà a renderlo una persona migliore proprio perché, scappando dall’auto della polizia in cui viaggiava a seguito di un’incidente, trova nella sua strada la piccola Clementine, una bambina che ha perso i genitori e si trova intrappolata nella casa sull’albero, nel suo vicinato.

Lee la prende con se, inizialmente per trovare i suoi genitori. Successivamente, consapevole del fatto che con molta probabilità i genitori saranno molti nella pandemia, si prende cura di lei, come se fosse sua figlia. Entrambi i personaggi per diversi motivi hanno perso la loro famiglia per poi diventare loro stessi una piccola famiglia.

Lee ha insegnato a sparare per difendersi dall’orda di zombie e ci ha regalato momenti che ci hanno scaldato il cuore vista la loro semplicità, come quello in cui lui le taglia i capelli. Un gesto amorevole da parte di un uomo che per Clementine era tutto, e viceversa. Una chance per redimersi.

Kazuma Kiryu – Yakuza

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Il protagonista della saga di Yakuza fino al sesto capitolo, Kazuma Kiryu, è uno yakuza “dal cuore d’oro”. E’ un uomo che ha sempre cercato di allontanarsi dagli ambienti criminali ma, in un modo o nell’altro, gli eventi lo hanno sempre attirato nella lotta tra famiglie dalle quali ne è uscito, quasi sempre, vincitore. Kiryu è un personaggio dalle mille sfacettature, è fondamentalmente fedele alla sua cultura d’appartenenza: per lui è importante l’onore e la famiglia. Tuttavia, in amore Kiryu non è stato molto fortunato e – a seguito di una promessa fatta alla donna che amava e morta tragicamente – ha dovuto prendersi cura di sua figlia, la piccola Haruka Sawamura, sul finire del primo capitolo della saga.

Essendo egli stesso orfano e cresciuto da un uomo della Yakuza, l’obiettivo di Kiryu è stato quello di aprire un orfanotrofio ad Okinawa per prendersi cura di ragazzini orfani poco fortunati per strapparli dall’inevitabile vortice che avrebbe inghiottito anche loro negli ambienti criminali.

Divenuto una figura fondamentale per questi ragazzini, nel penultimo capitolo della saga che lo vede protagonista, Haruka – diventata una idol di successo – ringrazia pubblicamente il suo padre adottivo, dicendo alla stampa che è stata cresciuta da uno yakuza il quale, tuttavia, l’ha sempre trattata con dolcezza e rispetto; fondamentalmente è un uomo buono che ha sempre lottato contro l’ingiustizia e l’oppressione. Il che può sembrare quasi un controsenso, ma alla fine non lo è. Kazuma Kiryu è un personaggio particolamente curato a livello psicologico, molto più umano di quanto possiamo pensare, in cui non tutto è bianco o nero, ma ha diverse gradazioni di colore. E’ la sua figura paterna è anche frutto di questa sua particolarità.

Avete il vostri “papà” dei videogiochi preferiti? Se sì, quali? Fatecelo sapere tra i commenti!

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