Filemone e Bauci: nuovo appuntamento per la rubrica ClassicaMente! Oggi, uno dei più noti miti greci. Una famiglia povera della Frigia, ricompensata per la sua ospitalità – virtù fondamentale in Grecia – e un amore divenuto eterno.
La favola di Filemone e Bauci
Uno dei più noti miti narrati da Ovidio nel libro VIII delle Metamorfosi. La vicenda si svolge in Frigia, antica regione storica dell’Anatolia centro-occidentale. Il dio assoluto dell’Olimpo, Zeus, e il messaggero degli dèi, Hermes, si trovano a vagare in Frigia con sembianze umane; Zeus infatti, sostiene che la crudeltà è insita dell’essere umano, estendendo il concetto a tutta l’umanità. A questo proposito, Hermes gli propone una sfida: travestirsi da viaggiatori e chiedere ospitalità nelle case limitrofe. Dapprima si recano da un pastore per chiedere un po’ di latte, ma questi li ignora. Successivamente da un fornaio, per chiedere del pane: ma anche lui li manda via in malo modo. Anche le sacerdotesse del tempio di Rea li mandano via. Fino a che, in campagna, incontrano Bauci:
«Una sola casa offrì asilo: era una capanna, costruita con canne e fango. Qui, Filemone e Bauci, uniti in casto matrimonio, vedevano passare i loro giorni belli, invecchiare insieme sopportando la povertà, resa più dolce e più leggera dal loro tenero legame» .
Nonostante la povertà in cui imperversava, la coppia fu generosa nei confronti dei suoi ospiti: si offrirono di lavare i piedi ai viaggiatori e, li invitarono al proprio desco preparando un pasto campestre a base di frutta, miele, e latte. La capanna era modesta, i teli e le coperte grezze ed usurate. Questo non impedì loro di accogliere i due dèi-mendicanti. Non solo: sacrificarono l’ultima oca che avevano per i due ospiti. Zeus, rimase molto colpito dalla bontà dell’anziana coppia. Filemone e Bauci versavano il vino, ma questo non smetteva di finire; così, iniziarono a sospettare dell’identità degli sconosciuti viaggiatori.
Filemone e Bauci, simbolo di ospitalità e amore indissolubile
Dopo il pasto, Ermes e Zeus si palesarono: l’anziana coppia fu condotta su una montagna e fu ordinato loro di voltarsi indietro. Zeus scatenò tutta la sua ira contro i Frigi, distruggendo ogni borgo tranne la capanna dei due sposi che fu trasformata in un tempio lussuoso. Il dio disse loro che era disposto ad esaudire ogni desiderio: Filemone e Bauci chiesero solo di poter essere sacerdoti del tempio di Zeus e di poter morire insieme.
L’auspicio dei due sposi fu esaudito e, quando morirono, Zeus li trasformò in una quercia e un tiglio uniti per il tronco. L’ albero in questione, si ergeva imponente di fronte al tempio e fu venerato per lungo tempo.
A lezione dagli antichi miti
L’ospitalità nell’antica Grecia era di fondamentale importanza. Era un dovere, per i greci, accogliere tutti coloro che richiedevano ospitalità, per l’appunto. Non era solo una pratica culturale ma un vero e proprio concetto definito con il termine di Xenia. La Xenia si reggeva su tre regole di base:
- Rispetto del padrone di casa verso l’ospite;
- Rispetto dell’ospite verso il padrone di casa;
- Consegna di un dono di congedo all’ospite da parte del padrone di casa.
Zeus era indicato con l’appellativo di Xenios; tale epiteto lo designava come protettore dei viandanti e del concetto di ospitalità in generale. Un aspetto sacrale quindi, quello della Xenia, che si rifletteva non solo come profonda pratica di un retaggio culturale ma affondava le sue radici in sfumature che vedevano l’azione come un obbligo religioso. Il mito di Filemone e Bauci evidenzia due realtà che, anche nel mondo moderno, possono ritrovarsi: due contadini che vivono di stenti ma nonostante tutto, nella miseria, possiedono felicità e amore: due aspetti dell’esistenza che alcun denaro può comprare. Oltretutto, la bontà d’animo che risiede in essi e che, presto o tardi, è ripagata.
Le evidenze del mito
Questa narrazione evidenzia da un lato, il senso di egoismo e di crudeltà dell’essere umano verso il suo simile nonostante abbia modo e opportunità di aiutarlo. In antitesi all’amore di due persone che vivono in miseria ma non si curano di quello che non hanno; perché, ciò che hanno, basta loro a vivere una vita serena. Non i beni materiali ma la bontà d’animo, un affetto sincero e puro che nessuna ricchezza può acquisire. Una bella persona sarà tale anche senza un cospicuo seguito di monili al suo fianco: non lo stesso per una persona abbietta, che nonostante gli averi ed i patrimoni, sempre arida resterà. Un’altra evidenza è l’empatia: l’anziana coppia conosce il dolore della povertà. Per questo si mostra amichevole e solidale verso chi ha meno di loro. E’ qui che sopraggiunge il senso di giustizia e che prevale: tuttavia, nonostante la generosa offerta degli dèi, l’anziana coppia chiede, come segno di purezza sentimentale per l’ennesima volta, non ricchezze: ma di perire insieme.