
Ultimo atto di un itinerante quanto estenuante torneo che chioserà nel tempio dove il football ci ha preso residenza, ha accompagnato generazioni e porrà il timbro finale di Euro 2020. La Nazionale italiana di Roberto Mancini affronterà la corazzata britannica di Gareth Southgate in uno scontro intriso di retaggio storico e sportivo che altro non fa che tingere ulteriormente di agonismo e passione questa gara. Andiamo ad analizzare, dunque, il cammino effettuato dall’Inghilterra durante il corso della competizione.
L’Inghilterra fra gironi ed eliminatorie
Che a contendersi la più lauta ricompensa di un Europeo come quello attuale siano le squadre minormente battute del torneo non desta alcun sospetto. A fronte del rimarchevole bottino di soli tre reti subite dalla Nazionale italiana durante il proprio vittorioso percorso risalta come l’Inghilterra sia riuscita a subire il primo ed unico gol su punizione da trenta metri a causa di Damsgaard nella semifinale con la Danimarca. La linea di quattro eretta dai Three Lions ha trovato in Maguire e Stones i centrali corazzati dal forte afflato difensivo in marcatura ed impostazione. I terminali posteriori, dal canto loro, rappresentano i principi di abnegazione richiesti da Southgate. Con Shaw ancorato a sinistra a cavalcare la fascia e all’occorrenza stringerla verso il centro e Walker in grado di traslare dall’esterno della catena a quattro a centrale destro della linea di tre la selezione inglese rappresenta una macchina difensivista inviolabile.
La vittoria su Germania e Danimarca ed il posto al sole a Wembley
Ecco così spiegate le tre porte inviolate erette da Pickford nei gironi di Euro 2020. Croazia, Scozia ed in ultimo Repubblica Ceca nulla hanno potuto contro lo strapotere tattico degli inglesi. Fatta eccezione per il derby scozzese, i tre leoni hanno sempre dato l’impressione di comprimere e dilatare la lunghezza del campo anche grazie alla scherma mediana occupata da Declan Rice ma soprattutto Kalvin Phillips, autentica e deliziosa sorpresa della rosa inglese. Entrambi interdittori, entrambi costruttori si sono alternati ai vari Bellingham ed Henderson senza però mai trasalire un minimo segno di preferenza. Il gioco proferito dai guerrieri della corona tende a limitare ed ostracizzare quanto più possibile il possesso avversario preferendone la passività degli 1v1 che sia in attacco che difesa non possono che beneficiare gli stessi inglesi.
Contro la Germania, ad esempio, sono stati solo 2 i dribbling riusciti su 13 tentati da parte dei tedeschi, a fronte dei 7 su 10 inglesi. Proprio negli ottavi, infatti, si sono visti i primi sussulti offensivi di un momentaneamente sterile Harry Kane e un relegato panchinaro come Jack Grealish. A brillare e determinare come nella totalità delle altre sfide è stato però Raheem Sterling, stella assoluta in una galassia di supernove. Già poichè nonostante l’abbondanza Southgate fatica a ritagliare spazio ai vari Sancho, Rashford, Foden e Calvert-Lewin ormai considerati come sostituti dei sopracitati e di Bukayo Saka.
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