Recensione di Fire Force, l’anime di David Production su pompieri esorcisti, la cui seconda stagione è ancora in corso.

Nel 2014, terminarono le pubblicazioni di Soul Eater NOT, spin-off del più famoso Soul Eater, conclusosi l’anno precedente. Dopo dieci anni di attività ininterrotta, Atsushi Okubo poteva finalmente riposarsi. Aveva creato uno dei manga di maggior successo degli anni 2000, adattato a sua volta, da Studio Bones, in uno degli anime che più avevano definito quel periodo. Il riposo di Okubo durò però soltanto un anno: nel 2015 fece il suo ritorno con Fire Force.

La Fire Force paura non ne ha

Con Soul Eater, Okubo aveva subito codificato il suo stile: un world building meticoloso, curato e ricco di bizzarrie; personaggi spesso segnati da una peculiare caratteristica, come un tic o un’ossessione, dai design sinistri; una visione molto estrema della lotta tra bene e male; molto fanservice.
Fire Force non si allontana da questa stilizzazione, pur presentandosi meno ricercato e accurato del suo predecessore.

Fire Force: la trama

In un mondo post-apocalittico, dove il Giappone è stato sommerso a causa dell’innalzamento dei mari e la popolazione si è concentrata nella zona del Kanto, ora noto come l’Impero di Tokyo, la causa di morte più comune è la combustione spontanea umana. Le persone, improvvisamente, prendono fuoco e si trasformano in demoni, chiamati Incendiati, arrecando distruzione prima di morire. Benché gli Incendiati siano estremamente pericolosi, i loro discendenti diretti sviluppano invece la capacità di controllare le fiamme: sono pirocineti. Allo scopo di fronteggiare l’emergenza, è nata la Fire Force, un’organizzazione speciale di pompieri formata da pirocineti ed esperti nel fronteggiare queste emergenze. Shinra Kusakabe, il nostro protagonista, è un pirocineta di terza generazione ed entra a far parte della dodicesima brigata, che si occupa di investigare sulle altre undici. Un’ottima possibilità per Shinra, desideroso non solo di aiutare gli altri, ma anche di scoprire la verità sull’incendio che uccise sua madre e suo fratello una decina d’anni prima.

Stile e peculiarità

Se Soul Eater si ambientava in un mondo parallelo, che ricalcava gli stilemi dei film horror, Fire Force ha stabilmente i piedi per terra. L’Impero di Tokyo è una metropoli non differente dai grandi agglomerati urbani dell’estremo oriente, dove moderno e antico si fondono in un curioso mix. David Production sembra concentrarsi molto su tutte le strutture metalliche e tecnologiche: veicoli, edifici, strumentazioni. Il tutto genera un effetto un po’ retro, ricordando gli anime anni 90.
Diversamente, la regia si ispira a quella di Bakemonogatari, con un montaggio ritmato e tanta attenzione sui volti e le emozioni dei protagonisti.

Fire Force
Photo credits: web

Ciononostante, è nelle scene d’azione che Fire Force splende davvero. In fondo, David Production è pur sempre la casa di produzione che ci ha regalato Le Bizzarre Avventure di Jojo. Le animazioni diventano estremamente fluide mentre i personaggi lottano e volteggiano sul campo di battaglia. Il tutto valorizza soprattutto personaggi caratterizzati da movenze veloci e agili. Oltre allo stesso Shinra, anche i suoi compagni Arthur Boyle, in grado di creare una spada fiammeggiante, e Tamaki Kotatsu, i cui poteri e movimenti sono ispirati dalla Nekomata, creatura felina del folklore giapponese, sono graziati da meravigliose animazioni disegnate a mano.

Inoltre, l’uso creativo che i personaggi fanno dei loro poteri, regala spesso combattimenti ricchi di sorprese e colpi di scena.
Efficace anche il character design, con ogni brigata immediatamente distinguibile dal codice d’abbigliamento e dall’ispirazione culturale: la terza brigata ha toni più steampunk, la settima è basata sul Giappone tradizionale, e così via, mentre i nemici sono caratterizzati da uno stile più vicino a quello delle religioni occidentali.
Tutto ciò si rivela utilissimo per enfatizzare una delle principali tematiche dell’opera: il rispetto e il riposo dei defunti, e i diversi modi in cui esso viene affrontato nelle varie culture.

Non è tutto oro ciò che luccica

Purtroppo, non tutto in Fire Force funziona come si deve. Se Soul Eater, pur non distaccandosi dai canoni del battle shonen classico, riusciva a proporre personaggi particolarmente originali, soprattutto in fatto di caratterizzazione, altrettanto non si può dire di quelli di Fire Force. Anche lo storytelling ne risente, generando una storia che, soprattutto nelle parti iniziali, risulta derivativa e poco originale. In queste fasi, i protagonisti, con poche eccezioni, sanno fortemente di già visto. Inoltre, per quanto siano già state valorizzate le animazioni, c’è da sottolineare come la CGI sia spesso non all’altezza, paradossalmente, soprattutto nelle scene ricche di incendi.
Altro elemento degno di discussione è il fanservice fin troppo abusato e, in certi punti, davvero gratuito e insopportabile.

Complessivamente, però, Fire Force rimane un anime assolutamente rispettabile e visivamente spettacolare. Pur non distinguendosi troppo dai numerosi battle shonen, sa intrattenere e in tanti casi stupire, riuscendo a non annoiare mai.

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