Ancora non ci siamo. O forse si? E’ assodato che la questione europea a livello di club sta nutrendo parecchi dubbi. La dimensione internazionale delle italiane sta vivendo una fase paradossale: due finali di Champions in tre anni e un quarto nella corrente stagione per la Juventus, un quarto di finale riagguantato dalla Roma dopo dieci anni di anonimato e un piede e mezzo in semifinale di Europa League per la Lazio, traguardo che non viene raggiunto dal 2014 (Juventus poi eliminata dal Benfica).
Stiamo vivendo un paradosso, appunto. I bianconeri sono stati, ancora una volta, ridimensionati dai blancos del Real Madrid seppur mettendo in seria difficoltà gli spagnoli nei primi 60 minuti. E’ paradossale anche come uno dei maggiori talenti nostrani, la joya Dybala, sparisca dai radar così frequentemente contro tali giganti che viene naturale domandarsi “E’ ancora acerbo o è sopravvalutato?”. Poi è chiaro che, quando uno dei giocatori più forti della storia decida di imporsi di prepotenza con una chilena come quella ammirata da tutto il globo martedì scorso, la Juventus possa recriminare ben poco…
La situazione dalle parti della capitale non è troppo diversa. Di fatto, il tanto criticato Eusebio Di Francesco ne ha persi di punti in campionato, ma ha dato alla Roma quella dimensione europea che, probabilmente, nemmeno il buon Luciano Spalletti aveva conferito l’ultima volta a un organico composto da Mancini, Totti, Taddei, Vucinic e via dicendo… Parliamoci chiaro: i giallorossi hanno dominato il girone di ferro di questa edizione dalla Champions League e hanno saputo gestire il doppio confronto con una delle piccole belle realtà del panorama continentale, lo Shakhtar di Donetsk. Analizziamo ai punti la sconfitta del Camp Nou: due autogol su cui, magari, l’unico peccato di Manolas e De Rossi è stato la troppa irruenza; la rete di Umtiti favorita da un rimpallo; la quarta rete subita su un mezzo contropiede a squadre allungate; due rigori solari non concessi e una buona prova offensiva con Edin Dzeko in grado di sostenere tutto il reparto. La domanda è sempre la stessa: siamo abbastanza duri da poter dire finalmente la nostra in campo europeo o le cause di forza maggiori sono troppo difficili da abbattere?
Sulla sponda biancoceleste del Tevere, fortunatamente, si sorride. Simone Inzaghi sta guidando un gruppo partito sottotraccia su qualsiasi fronte: hanno conquistato una Supercoppa italiana nonostante la doppia rimonta della Juventus in estate, sono attualmente al terzo posto in classifica in Serie A e stanno esprimendo un grandissimo calcio in Europa League tanto da essere quasi tra le migliori quattro. Attacco totale con i fab four Luis Alberto, Felipe Anderson, Milinkovic-Savic e Immobile e uomini di esperienza sulla retroguardia è la ricetta che ci fa godere dello spettacolo fornito dai biancocelesti ogni settimana. La stessa tattica che ha portato ad annichilire una squadra come quella del Salisburgo che non perdeva da 19 incontri. Un capolavoro che porta anche la firma del direttore sportivo Igli Tare, un uomo in grado di sfruttare al meglio la tanto chiacchierata taccagneria di Claudio Lotito acquistando tanti piccoli determinanti tasselli e valorizzando giocatori inizialmente ai margini del progetto.
Insomma, in attesa dei ritorni dei quarti di finale di Champions ed Europa League, Juventus, Roma e Lazio non si stanno comportando per niente male. Certo, se si elevasse il livello del campionato accrescendo la forza tecnica delle compagini, sfruttando di più i vivai e credendo nei propri mezzi, probabilmente vedremmo presto un’italiana nuovamente sul tetto d’Europa.
Nicola Gigante