L’attore bergamasco insieme a Serra Yilmaz nei panni di Sancho nell’opera di Cervantes
Eccolo arrivare sul palco, Don Chisciotte, che irrompe nella stanza buia dove don Alonso Quijano, l’uomo nella cui mente questo eroe intrepido ha preso forma, sta morendo.
Lei, la morte nera, con la falce in mano, aspetta paziente che i familiari al capezzale finiscano le loro preghiere. Finché non arriva a lui, a rivendicare una morte gloriosa per l’uomo che gli dato vita.
Ed è in un susseguirsi spassoso di avventure rocambolesche quello che inizia l’hidalgo spagnolo, trasformato dalla sua pazzia in un cavaliere errante, nel suo viaggio a caccia di nemici da sconfiggere in nome degli ideali, nella Spagna soffocata dalla peste dei primi del ‘600.
Il Don Chisciotte portato in scena da Boni è sfrontato e serioso, idealista e determinato, intrepido e disperato. Aiutato da una fisicità imponente e da una scenografia assolutamente funzionale, è affiancato da una donna nella parte di Sancho Panza, Serra Yilmaz, l’attrice turca preferita dal regista Ferzan Ozpeteck, complementare a lui, per i contrasti fisici e caratteriali: lui alto lei bassa, lui esaltato lei prosaica, lui fanatico lei disincantata.
Ed entrambi riescono a mostrare le mille sfumature dei caratteri che li attraversano in un’avventura destinata fina dall’inizio ad un epilogo disastroso. Una processione funebre scambiata per un rapimento, i mulini a vento scambiati per giganti da abbattere, un gregge di pecore per una milizia saracena.
Fin dall’inizio, quando Don Chisciotte chiede a Sancho di seguirlo in cambio della spartizione del futuro bottino, si intravedono le sciagure a cui andranno incontro.
Ma rimangono fedeli alla loro natura: imprudenza, ingenuità, coraggio che degenera in cieca violenza che obbedisce alla follia nel cavaliere innamorato di Dulcinea del Torboso, eppure così appassionato della virtù cavalleresca contenuta nei libri che ha divorato fino ad identificarsene completamente.
Tanto che alla fine, quando viene catturato e portato in carcere dai soldati aguzzini, simpatizziamo con la sua causa. Puerilità, avidità, praticità, desiderio di sfuggire alla gabbia di una moglie asfissiante e manesca per il Sancho. Ma anche malinconia e dolcezza del compagno fedele solo a metà, eppure indispensabile.
È un’opera che accompagna l’uomo in tutte le sue azioni, l’opera di Cervantes che Boni dirige insieme a Roberto Aldorasi e Marcello Prayerdi, A mostrare l’uomo in tutte le sue mille contraddizioni.
Anna Cavallo
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