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Fortunata Sulgher, la grande poesia italiana dimenticata

Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio tra 700′ e 800′ alla scoperta di una poetessa italiana troppo spesso dimenticata. Parleremo di mito al femminile, di Accademia dell’Arcadia e di poesia improvvisata. Abbiamo dedicato questa puntata a Fortunata Sulgher e alle sue opere.

“Il Bel Sesso deve essere grato al merito procuratosi dalla chiarissima Autrice. Essa si è condotta al massimo impegno per far decoro alla Patria e al suo sesso… “

Queste parole sono parte di alcuni commenti fatti nella Reale Accademia di Firenze durante una delle esibizioni di Fortunata Sulgher. La troppo spesso dimenticata poetessa livornese era conosciuta per la bellezza dei suo versi in molte città dell’Italia settentrionale. Fu accolta in diverse Accademie della sua epoca come quella dei Rozzi e degli Intronati di Siena, dei Liberi di Città di Castello e sopratutto nel 1770 nell’Accademia dell’Arcadia con il nome di Temira Parraside. Le sue opere come “Terzine estemporanee dettate ad un amico di Temira Parraside: Canti chi vuol d’Amor gli sdegni e l’ire” iniziarono ad essere pubblicate a partire dal 1782.

La poesia improvvisata di Fortunata Sulgher

La poesia di Fortunata Sulgher è soprattutto basata sull’improvvisazione e sul canto. Lo stile di questa poetessa livornese che tanto conquistò i contemporanei con le sue esibizioni si basano sulla forma più atavica e autentica della poesia come quella orale. In essa era contenuto il neoclassicismo di ispirazione montiana e il gusto verso verso il classicismo greco e latino. Nei versi della Sulgher ritroviamo poi una profonda introspezione umana basata sulla scelta di temi universali come l’amore e la bellezza. Non mancavano infine in quella che Benedetto Croce chiamava “pseudopoesia momenti bucolici e vezzosi .

Il mito al femminile

Una caratteristicia essenziale della produzione poetica di Fortunata Sulgher è la reinterpretazione del mito dal punto di vista femminile. In poesie come nel “Lamento di Dejanira” e nel “Sacrificio di Ifigenia” la Sulgher riprende il mito classico e lo racconta utilizzando la controparte femminile del racconto, le sue emozioni e il suo punto di vista. È un occasione questa per la Sulgher per riflettere sulle condizioni e la vita della donna della sua epoca.

Stefano Delle Cave

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