Francesco Arca perse suo padre Silvano, paracadutista originario di Oristano, morto a seguito delle ferite da arma da fuoco durante una battuta di caccia sabato 23 dicembre 1995 quando aveva soltanto sedici anni. 

Al papà l’attore ha dedicato il suo primo libro Basta che torni.

«Basta che torni», diceva al padre ogni volta che partiva per una zona di guerra. Ma un giorno il padre Silvano, paracadutista originario di Sorradile, non è tornato. È morto, non in una temuta missione militare, bensì in un incidente di caccia in Toscana. Francesco Arca aveva 16 anni. Da allora ne sono passati quasi 30 e l’attore, tra i volti più amati di cinema e televisione, ha deciso di raccontare la sua storia e quella del padre in un romanzo-lettera edito da Mondadori, appunto intitolato “Basta che torni”.

“Era uscito la mattina presto per andare a caccia e non è mai tornato. C’è stato un presunto incidente durante la caccia”.

Francesco Arca mette in dubbio però le indagini che si sono svolte dopo la morte del padre: “Secondo me ci hanno raccontato una versione vicina alla verità. Ci sono tantissime incongruenze che sono venute fuori successivamente”.

Oggi l’attore spera che si arrivi a stabilire la verità su quello che è successo: “Ora ho il cuore tranquillo e sono pronto a perdonare in cambio di un pizzico di verità”.

Francesco Arca, dopo la morte del padre è cresciuto con tre donne

Nel suo monologo a Le Iene di qualche mese fa, l’attore Francesco Arca ha racconto come è stato crescere con tre donne e come questo ha plasmato il suo carattere: “Le mie donne mi hanno insegnato tutto: a fidarmi del mio intuito, ad essere generoso, a rispettare gli altri. Crescendo con loro ho imparato a dubitare del clichè dell’uomo forte, l’uomo che vive senza dubbi e indecisioni, il classico stereotipo del maschio alfa”. L’ex tronista di Uomini e Donne, lontano dallo stereotipo del maschio dominante, ha concluso: “Io vivo ogni istante con il dubbio di non essere all’altezza. Nella vita ho scelto di accogliere le mie paure, le mie fragilità, di accettare che ci sarà sempre qualcuno migliore di me a fare qualcosa. E ho scelto me, come sono, con la mia forza, la mia fragilità, la mia gioia, e anche la mia tristezza”.