Tornerà il regista René Ferretti, lui che pur di girare la scena diceva facciamola «alla ca…o di cane». Locuzioni pittoresche che avranno la stessa voce di George Clooney, o di Denzel Washington. Francesco Pannofino annuncia la quarta, attesissima, stagione di “Boris“. “Ormai mi ero rassegnato al fatto che Boris non si sarebbe rifatto mai più“, dice Pannofino. Dopo la scomparsa di Mattia Torre, l’autore di questa famosa serie tv, tornata prepotentemente al successo negli ultimi mesi grazie a Netflix. Non un commissariato, un ospedale o un monastero, ma un cinico e spietato set di una serie tv, è il luogo in cui è ambientato il serial.
Il più irriverente della Tv, “Boris“, dalle atmosfere un po’ “Effetto notte” di François Truffaut, un po’ Fellini con le sue sedie da regista, o alla Marzullo con i suoi studi tv notturni. Si racconta il dietro le quinte e i vizi dell’industria televisiva in maniera comica e dissacrante. “Le compagnie scalcagnate, e tanta sciatteria”, così dalle parole di Pannofino, dal set della fantomatica soap opera “Gli occhi del cuore“. Con un regista (Francesco Pannofino), continuamente alle prese con attori vanitosi e mediocri, attrici raccomandate, e una troupe sgangherata; La “cagna maledetta” interpretata da Carolina Crescentini, e Caterina Guzzanti la producer.
Pannofino, la senti questa voce?
In “Boris“, ‘La fuori serie italiana‘, come recita lo slogan, c’era la fila per riconoscersi tra i protagonisti. Anche Paolo Sorrentino si prestò a interpretare se stesso in un cameo. In una puntata Francesco Pannofino diceva: “..la parte è già andata a un attore di serie A, è andata a Fabrizio Frizzi..”. Lui, sentendosi menzionato, lo chiamò tutto felice e volle intervistarlo in un suo programma per venti minuti. Era un fan scatenato del telefilm.
Francesco da giovane abitava in via Mario Fani, a Roma. E di quel giorno, dell’uccisione di Aldo Moro ricorda: “Dovevo andare in Università, solo che il motorino non partiva. Allora scesi verso la fermata dell’autobus dopo l’incrocio dove avvenne l’assalto. Mi fermai all’edicola per comprare il Messaggero per leggere le cronache sportive. La Juventus la sera prima aveva battuto l’Ajax in Coppa dei Campioni. Mi ero immerso nella lettura quando sentii gli spari. Quelli avevano il mitra e il rumore era simile a quello di un martello pneumatico. Capii che erano spari e fermai una donna che in preda al panico voleva andare in quella direzione per andare a casa. Scese un silenzio pesantissimo, una sospensione dalla realtà”.
Favola e favella
La voce di Mickey Rourke, Tom Hanks, Wesley Snipes, e di George Clooney. Quest’ultimo, o che chieda un caffè o che dica in Ocean’s Eleven “Ha telefonato Elton John, devi restituirgli la camicia“, avrà sempre la voce calda e affidabile che conosciamo. “Lo doppio da sempre, siamo praticamente congiunti”, racconta Pannofino: “Una volta, era a Roma a una prima e mi ha chiamato per complimentarsi, però dichiarando di essere ubriaco. Conto sul detto ‘In vino veritas’”. A volte conta tanto di più la voce. L’urlo “Adriana” di Rocky Balboa fu di Gigi Proietti; Tomas Milian non avrebbe potuto dire “er più pulito c’ha ‘a rogna” (tra le più pulite delle sue parabole), se non grazie a Ferruccio Amendola. Così George Clooney, per noi tutti, parla come Francesco Pannofino. Che sia solo la Canalis a conoscere la verità.
Federica De Candia. Seguici sempre su MMI e Metropolitan Cinema!