La corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’italia per i fatti di Bolzaneto durante il G8 tenutosi a Genova nel 2001. La corte di Cassazione nel 2013 aveva chiuso l’ultimo grande processo sui fatti di Genova con sette condanne e quattro assoluzioni. A distanza di quattro anni l’Europa ci ricorda che anche se nel nostro ordinamento non è contemplato il reato di tortura, i fatti sono fatti e tortura fu.

Le vessazioni subite dai circa 300 “ospiti” della caserma vanno dalle percosse al divieto di chiamare i legali, passando per l’obbligo di stare in piedi senza la possibilità di sedersi, recarsi al bagno o ricevere adeguate cure mediche. Non siamo in una delle prigioni di Assad, bensì in Italia, nel 2001.

La caserma di Bolzaneto (foto del web)

A Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi, il capo della Polizia è Gianni De Gennaro e al Viminale si è deciso di affrontare di petto il problema dell’ordine pubblico al vertice degli otto grandi della terra. Reparti Mobili da tutta Italia convergono su Genova, vengono addirittura usate le navi da crociera come caserme, tanto è ingente il numero di funzionari. Anche la scelta delle dotazioni (così vengono chiamati gli strumenti di lavoro:manganelli, blindati ecc.) fa intravedere quale sarà la linea da seguire in caso di scontri. Come tutti sappiamo gli scontri ci furono, i black block misero a ferro e fuoco la città, inquinando la maggior parte delle manifestazioni pacifiche.

Alcune fasi degli scontri del 2001 (Foto dal web)

La scelta di Genova come location del summit favorì i devastatori, che si avvalsero della morfologia della città per colpire e sparire tempestivamente, rendendo pressochè vani gli sforzi della polizia. Ciò, a detta di alcuni agenti presenti, rese gli operatori molto nervosi e frustrati a causa della loro impotenza di fronte alle suddette incursioni. Questo ovviamente non giustifica nulla ma serve per capire come gli errori di valutazione del Viminale crearono un terreno fertile per i terribili fatti di quel luglio di sedici anni fa. Per la morte di Carlo Giuliani, per la Diaz e soprattutto per Bolzaneto. Le torture subite nella caserma sono molto più gravi poichè avvennero lontano dai riflettori, dietro mura ben protette dal mondo esterno ma soprattutto dai reporter, che invece svolsero un ruolo fondamentale di controllo per la Diaz (essendo la scuola davanti al Media Center, quando si dice il genio). Strasburgo prende anche questo in considerazione nella sua condanna, ovvero il fatto che i fermati non avessero possibilità di interloquire con il mondo esterno. La sentenza, oltre che agli autori materiali, si rivolge in particolar modo alla superficialità con la quale sono state condotte le indagini sugli organi di polizia coinvolti. Viene contestato il fatto che i condannati non abbiano scontato un solo giorni di galera, la cara vecchia certezza della pena da noi latitante da anni, ma niente di nuovo. Il risarcimento che secondo Strasburgo lo stato italiano deve alle parti offese varia dai 10.000 agli 85.000 euro. Si cerca di rimediare con i soldi ad una sentenza, quella del tribunale di Genova conclusasi nel 2013, che non ha soddisfatto nessuno.

GENOVA 20/07/2001 G8
MANIFESTANTI NO GLOBAL DURANTE GLI SCONTRI CON LA POLIZIA
(Photo credits: IGG/POGGI)

L’impunità con la quale molti organi di polizia si rifiutarono di identificare gli agenti coinvolti e la mancata collaborazione con i Pm, sono problemi tanto gravi da costringere la Corte Europea a parlare di un problema strutturale in Italia che va oltre Bolzaneto. Le reazioni di qualche media o testata, per non parlare di alcuni politici è fredda, quasi di fastidio: la solita Europa bacchettona che mette il naso a casa nostra. Forse inserire il reato di tortura ed evitare che processi così rilevanti durino 12 anni avrebbe reso vano l’appello a Strasburgo fatto dalle vittime di quelle torture. E oggi, finalmente, si possono chiamare così.

Federico Rago