È finito Game of Thrones. La gente insorge.
Ma forse il livore generale nasce da delle problematiche insite nel rapporto affettivo che la gente sviluppa con questo tipo di racconti.
Esploriamo insieme il fenomeno e in coda all’articolo, potete trovare una galleria di illustrazioni tratte dagli episodi 1-5 dell’ultima stagione.
Valar Morghulis.
SPOILER PER GAME OF THRONES, OVVIAMENTE
(e anche su Toy Story, Il Signore degli Anelli e Shining. Si lo so, sembra assurdo ma ha senso)
Game of Thrones: La narrativa seriale è strana
Da un lato ha incredibili vantaggi come un respiro ampio di scrittura, adatto al prendersi pause e dettagliare situazioni come solo la letteratura può fare. Se fruita di pari passo con la messa in onda è anche dilazionata in anni, diventando una sorta di compagno di vita per il fruitore.
Crea anticipazione, speculazioni e inietta di adrenalina le dinamiche sociali che hanno come terreno comune la passione per questo tipo di intrattenimento.
Se la serie è un evento mondiale, tale spirito di comunione riverbera oltre le frontiere unendo le persone più disparate. Anni di speculazioni e riflessioni comuni, idee diverse che fioriscono sull’opera.
Incredibili vantaggi, come dicevamo.
Ma per ogni vantaggio c’è il rovescio della medaglia.
Fruire di un racconto nel corso di anni è un bel problema, aspettare una settimana tra una puntata e l’altra, un anno tra stagione e stagione, può far perdere il focus di lettura. Non fraintendetemi, i migliori showrunner sono in grado di sfruttare quesi vuoti e rendere intrigante il racconto, ma alle volte non si ha la lungimiranza dare all’opera una struttura efficace alla ‘bevuta tutta d’un fiato‘.
Ho letto da qualche parte che laddove i film sono forti nel dare senso e completezza col finale, le serie tv cascano spesso male sulla chiusa perché la loro stessa natura è quella di evolversi. È nel loro DNA ‘proseguire’ piuttosto che ‘finire’ e quindi risolvere le aspettative, lo sviluppo dei personaggi e gli intrecci di racconto alle volte è un impresa titanica.
Senza contare che la narrativa seriale (soprattutto televisiva) deve rispondere a logiche di mercato, pressioni del network, degli attori, dimensioni del budget etc e che quindi molto spesso determinati incespichi sono da considerarsi ‘parte del gioco’, perché scrivere una storia di questo tipo richiede una capacità sovraumana anche solo per renderla ‘decente’. Figuriamoci chiuderla.
Tutti questi dettagli, inoltre, sono messi sotto steroidi dallo stesso elemento che da un lato regala linfa al racconto seriale e dall’altro lo stringe all’angolo.
L’ aspettativa dei fan in Game of Thrones
Ogni opera si porta dietro un ammontare di aspettativa, ma per le serie tv tale ammontare ascende praticamente a culto.
Le aspettative sono spesso il male puro, perché alle volte portano a figurarci in testa un’opera ideale che poi quasi mai è quella che finiamo per ottenere. Ed è poi difficile fare differenza tra ciò che noi riteniamo un difetto effettivo e ciò che semplicemente ha preso una direzione totalmente diversa rispetto ai nostri sogni bagnati (inizialmente ne sono stato vittima anche io, con il destino di Jaime, in realtà perfettamente coerente con la storia della serie).
Ed è un meccanismo che comprendo, sia chiaro. Sono anzi uno strenuo difensore del ‘grande pubblico’ e del fatto che si debba considerare a cosa il pubblico dà valore e non, per mantenere un dialogo interessante con esso.
Ma il fermento web che è venuto fuori per l’ottava e ultima stagione di Game of Thrones non può che portarmi a incrinare questa mia linea difensiva a protezione del fruitore. Perché non mi piacciono le gogne e non riesco a empatizzare con gente che non solo non ha il rispetto del lavoro altrui, non solo crede di poterlo fare meglio (senza probabilmente averne alcun titolo), ma arriva anche ad esigere ‘il risarcimento’.
Critiche?Semplicemente non posso.
Vi giuro che ci ho provato, ci ho provato a leggere tutte le critiche e a capire perché, percome, come mai ci fosse uno scarto così grande tra ciò che la serie stava facendo e ciò che il pubblico voleva. E sono arrivato a delle conclusioni interessanti.
Ma tristi.
Se me lo concedete, vorrei un attimo salire in cattedra e fare l’odioso maestrino. Ve ne prego, anche io devo scaricare il livore in qualche maniera. Se la cosa vi regala fastidi, vi chiedo di perdonarmi.
1) I FAN DEI LIBRI FANNO UN MISCHIONE TRA LETTERATURA E SERIE TV. E SBAGLIANO.
Sbagliano non solo perché sono due media differenti, ma perché le due opere sono DIVERSE e non UNIFICATE.
Da quello che so (non ho letto i romanzi, ancora, proprio per avere due esperienze distaccate) i libri danno piena attenzione a determinati argomenti, profezie e dettagli che nella serie tv semplicemente non esistono, sono a malapena accennati o messi in larga discussione da un certo punto in avanti.
Il lettore scafato di Martin, dunque, ricerca richiami e dettagli e rimandi. Soprattutto si porta dietro un ritratto interiore dei vari personaggi, ignorando il fatto che tale ritratto non coincide con quello della serie tv e diventa quindi spettatore schifato quando non trova sostegno all’opera originale.
Non capisce che i moti interiori di Daenerys Targaryen deve dedurli dalle situazioni nelle quali il personaggio è inserito e dagli sguardi che fa a schermo (magari sfuggiti agli occhi di questo spettatore tipo, impegnato nel parlare all’amico con il quale fa una reaction), perché non c’è voce fuori campo che ti chiarifichi se i pensieri della madre dei draghi siano volti al Trono di Spade piuttosto che al vero modo di cucinare la Pasta alla Carbonara.
E se non viene detto esplicitamente nell’opera serie tv che quel giorno la regina degli Andali rifletteva sul guanciale, tu non puoi decidere che invece è così perché nei libri viene più volte dipinta come la migliore food blogger della storia di Essos e Wsteros. Tutta la lore segreta che nella serie non appare, non può e non deve essere uno strumento critico per analizzare le scelte della serie HBO.
2) I FAN NON HANNO LA FORZA DI ASPETTARE.
Io capisco che la serie tv sia fatta per commentare e creare dibattito tra una puntata e l’altra.
Lo capisco ed è giusto che sia così.
Quello che capisco meno è il livore di come si possa gridare al fastidio e alla rabbia per delle scelte fatte a metà di un racconto in corso.
Come si può essere indignati (soprattutto pubblicamente) dal gesto di un personaggio fatto senza dare spiegazioni, quando tali spiegazioni possono tranquillamente arrivare la puntata successiva?
Come si può inorridire con sdegno davanti a scelte che magari avranno perfettamente senso solo due, tre episodi dopo?
Non si può, o meglio non si dovrebbe, ma il fan lo fa lo stesso.
Perché gli è stato concesso di farlo ed è quindi un suo diritto.
Resta comunque un gesto controintuitivo e che non mi spiego, figlio di una voglia di urlare che con l’analisi critica di un prodotto ha poco a che vedere.
3) I FAN FANNO IL TIFO E IL TIFO OTTENEBRA IL GIUDIZIO
In una storia corale come Game of Thrones, poi, dove gli intrighi e gli sviluppi sono molteplici, dove ci sono mille personaggi in modo che ogni spettatore possa specchiarsi in chi più gli aggrada, la narrativa diventa pregna di tifoseria.
Io voglio Dany sul trono, Io voglio Jon, io voglio Frittella o Foglia o Nymeria etc.
E se il tuo personaggio preferito fa delle scelte che non ti vanno a genio, ci resti male. E se il tuo personaggio preferito fa la figura del babbeo, ci resti male.
Senza contare però, che la storia non è scritta per soddisfare il tuo tifo, ma per veicolare dei concetti specifici e personali di chi la storia la scrive.
E qui arriviamo al punto più duro.
4) LE PERSONE SONO DISATTENTE E GUARDANO (o non guardano) NEI PUNTI “SBAGLIATI”.
Ora. Magari è colpa mia eh.
Magari sono io che, cercando di imparare come si scrive e come si creano delle belle storie, sto guardando le cose troppo dall’interno (se questo può essere davvero un problema).
Ma mi sembra che la gente osservi un’opera come Game of Thrones e presti (morbosa) attenzione solo all’intreccio. Anzi, nemmeno. Solo ai dettagli logici di cose molto specifiche.
Alle cose dette e non dette, mettendo al microscopio il perché all’inizio di una certa puntata Varys si tolga gli anelli o meno, quando il gesto è chiaramente simbolico e d’atmosfera. Gridando alla cattiva scrittura di un Night King ucciso in ‘due secondi’ dopo una battaglia di un’ora e mezzo che era persa fino all’ultimo istante e vinta (come logico) con il pensiero laterale piuttosto che con la forza bruta.
Ultima stagione: Chiariamo una cosa.
Sono il primo ad ammettere che l’ultima stagione di GOT ha dei problemi (come anche la penultima, la terzultima e quasi tutte, ma restiamo in tema). Ci sono delle inceppature, delle accellerazioni e delle leggere incongruenze. Ma niente che meriti tanto odio.
Vi ricordate l’inutile storyline di Dorne? O le ore passate con Arya cieca che non fa altro che prendere schiaffi? Ecco, io (nonostante sia amante del ralenti narrativo, quando non volto a mascherare scarsità di idee) preferisco mille volte una fretta pregna che una lentezza vacua.
Ma la cosa che più mi lascia vuoto è che le persone credano di sapere cosa è buona o cattiva scrittura sulla base del nulla. ‘Non mi serve essere un meccanico per capire che una macchina è rotta’. Peccato che le storie non siano macchine e non abbiano (solo) un motore che può funzionare o no, ma delle idee, dei concetti e delle strutture che esulano dalla pignoleria del ‘ma questa cosa non torna’.
Quando si parla di cattiva scrittura, in questi casi, io sono allibito di come lo spettatore non presti attenzione, per esempio, alla bellezza pura del racconto visivo di un capolavoro come The Bells.
The Bells ci parla di due donne.
Due donne fortissime e terribili, ma profondamente diverse.
Una talmente convinta di DOVER regnare (cosa pericolosissima a prescindere dalla bontà dei suoi ideali), che capisce di bramare il potere più di tutto, facendo una scelta atroce per assicurarsi di non cedere quel potere e trasformandosi dunque in un simbolo di terrore senza più volto, ma puro corpo dragonesco agli occhi di chi guarda.
E un’altra donna che invece DECIDE di rinunciare al livore del suo obiettivo nocivo, che si ritrova tra le macerie del massacro e tenta di sopravvivere (riuscendoci a malapena), ma soprattutto di far sopravvivere (fallendo abbastanza miseramente nonostante gli sforzi).
In mezzo, il dolore delle vittime.
Lo schifo della guerra.
La perfetta tesi di come quando i potenti fanno il loro gioco, a farne le spese è chi di potere non ne ha.
In mezzo, due fratelli che si scontrano tra le macerie di una fortezza che incarna gerarchia e sottomissione. Uno dei due è una vittima, simbolo di redenzione e sacrificio. L’altro è invece carnefice, simbolo di un potere inarrestabile che sconfigge la morte ma marcisce il corpo, annebbia la mente e rende disumani. Tutto questo veicolato tramite immagini costruite e montate alla perfezione, con una cura che lascia sbalorditi.
Al fan però questo affresco dipinto con cura e grazia interessa ben poco, è molto più importante concentrarsi su come sia impossibile che le balliste di approdo del re, che nella puntata precedente hanno fatto fuori un drago, ora non riescano a centrarne uno che gli arriva di faccia in picchiata. L’attenzione all’ingegneria fittizia di oggetti e creature inesistenti, invece che al messaggio, al corpo e alla poesia del racconto.
Eppure nella puntata precedente l’attacco era a sorpresa e in quella stessa puntata, appena il drago sopravvissuto se ne accorge, non viene mai colpito.
Eppure in questa puntata il drago sopravvissuto arriva in linea col sole, creando non pochi problemi di mira ai poveri piratucoli delle isole di ferro.
Ma immagino che anche in questi casi, l’attenzione sia selettiva.
Oppure.
È incredibile come ciò che ci si aspettava da un finale epico sia stato applicato a questa storia che di epico ha dei momenti, ma è sempre stata principalmente un racconto di politica e di sovvertimento delle aspettative.
Ma come, gli estranei non sono il nemico finale?
No perché gli estranei sconfitti prematuramente sono l’esempio di come insieme possiamo trionfare contro la morte, ma perdiamo molto di più e per cose più stupide quando cerchiamo il potere sul prossimo. Game of Thrones è sempre stata una storia di potere, politica e meschinità.
Ma come, Jon Snow non combatte contro il Night King?
No, perché Jon Snow non è un eroe classico. Le profezie falliscono o tutti le fraintendono e soprattutto Game of Thrones non racconta di cavalieri in scintillanti armature, bensì di poveri bastardi nel fango e attenti, machiavellici schemi che all’ultimo secondo salvano la situazione con un colpo imprevisto (come le acque nere, come la battaglia dei bastardi etc). Che strano quindi che il nemico sia sconfitto con l’astuzia di un analogo colpo imprevisto piuttosto che con la forza bruta, vero?
Ma come, il finale è anticlimatico? La morte di uno dei personaggi principali è tragicamente vuota e triste e non epica e catartica?
Che strano, non mi è mai parso che in questa storia la gente morisse male, in maniera povera e svilente, appena sfiorato il picco della propria ascesa (come Robb, Geoffrey, Tywin etc.).
Ma come, quindi nessuno siede sul trono? Si ritorna alle chiacchere da concilio ristretto ridacchiando su buffe battute?
Che strano, non è assolutamente un cerchio che si chiude in questa storia che ha sempre approfondito i meccanismi politici di un mondo fantastico.
Ma gli sceneggiatori lo sapevano meglio di me come avrebbe reagito la gente. “Nessuno è contento”, dice Tyrion alla fine “questo lo rende un buon compromesso”.
Game of Thrones, come sempre, si dimostra una storia schietta, spoglia, tristemente realistica e sono molto triste per chi l’ha scambiata per altro.
Non voglio sembrare antipatico, davvero.
Non voglio fare la lezione o la morale a nessuno.
Io so che Game of Thrones rimarrà nella storia, mentre tutti questi commenti furiosi e indignati si spegneranno perdendosi nel tempo.
Io, tutto questo, lo dico per voi.
Se mentre guardate una storia pensate a come era meglio in quell’altra versione, ve la state perdendo.
Se mentre guardate una storia non decidete di aspettare la conclusione per tirare le somme, ve la state perdendo.
Se mentre guardate una storia vi fate prendere dal tifo e dalle aspettative, ve la state perdendo.
Se mentre guardate una storia prestate attenzione alle piccole incongruenze logiche e non alle sottili rifiniture tematiche, al significato, alla prosa, all’esecuzione, alle idee concettuali ed estetiche, vi perdete tantissimo.
Ma se davvero ci tenete, allora andiamo.
Andiamo a gettare fango su Toy Story (spoiler)
perché chissenefrega se Woody e Buzz imparano a mettere da parte i loro ego per diventare amici e persone migliori.
È un film scritto così male, visto che Buzz pur credendosi un vero space ranger si immobilizza come tutti gli altri giocattoli e non ne avrebbe motivo.
Andiamo a sotterrare il Signore degli Anelli (spoiler)
perché le Aquile non buttano subito l’anello nel monte fato risparmiandoci così la meravigliosa dinamica di Sam e Frodo, oppure perché la casualità della sconfitta di Sauron da parte di una patetica lite tra omuncoli abietti ci priva dell’epicità di uno scontro Aragorn Vs Monte Fato (?!?!?).
Andiamo a fare a brandelli Shining di Kubrick (spoiler)
perché Jack Torrence nel libro non solo non è così cattivo, ma è pure redento sul finale e cavolo, non si devono permettere! Che insulto all’opera di King! Che pessima scrittura.
Che pessimo film.
Che vita triste.
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