C’è una nuova speranza per Gaza, che ci sia veramente aria di tregua? Forse, una piccola speranza per cessare il genocidio. Ma niente è certo.
La possibilità di una tregua tra Israele e Hamas è tornata al centro delle discussioni internazionali, con negoziati previsti a Doha che potrebbero rappresentare un cambio di rotta nel conflitto in corso. La grande novità è una: Hamas ha dichiarato di essere pronto a un accordo. Tuttavia, pone come condizione l’impegno di Benjamin Netanyahu a rispettare quanto già concordato, dettaglio non di poco conto (considerata la scarsa attendibilità delle promesse di Israele). A sostenere questo sforzo diplomatico è anche l’Egitto, che propone due giorni di cessate il fuoco e uno scambio limitato di ostaggi, un’iniziativa che punta a stabilire una base per un cessate il fuoco completo e duraturo.
La proposta egiziana e il suo ruolo chiave per la tregua a Gaza
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha formulato una proposta che prevede una tregua temporanea di due giorni e uno scambio iniziale di quattro ostaggi israeliani, detenuti da Hamas, con prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Durante una conferenza stampa al Cairo, al-Sisi ha spiegato che questa pausa nei combattimenti sarebbe funzionale a rilanciare un processo negoziale di più ampio respiro, con discussioni previste entro dieci giorni dalla tregua. Non è stato chiarito se Israele e Hamas abbiano formalmente accettato o meno la proposta, ma il ruolo mediatore dell’Egitto continua ad essere cruciale.
Intanto, i capi delle agenzie di intelligence israeliana e statunitense sono rimasti a Doha, in Qatar, per un incontro con il primo ministro locale con l’obiettivo di far avanzare i colloqui sugli ostaggi. Tra i temi discussi, vi è l’uccisione del leader di Hamas, Yahya Sinwar, vista da Israele e dagli Stati Uniti come una possibile opportunità per giungere a un accordo di pace che ponga fine al conflitto.
La realtà sul campo, però, è un po’ diversa: raid e vittime continuano
Nonostante i tentativi di mediazione, i combattimenti non si fermano. Le forze di difesa israeliane (IDF) hanno continuato le incursioni nella Striscia di Gaza, concentrandosi nelle aree centrali e nei distretti di Rafah e Jabaliya, con l’obiettivo dichiarato di colpire combattenti di gruppi considerati terroristici. Secondo l’esercito israeliano, queste operazioni mirate hanno portato all’uccisione di diversi membri di Hamas, mentre le truppe cercano di facilitare l’evacuazione dei civili, accusando Hamas di ostacolare questi movimenti.
Nel nord della Striscia, tuttavia, il prezzo di questa guerra è già altissimo. Almeno 11 palestinesi sono morti a seguito di un raid aereo israeliano su Shati, un campo profughi nella zona settentrionale, colpendo scuole usate come rifugio per gli sfollati. L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha confermato le vittime, evidenziando il dramma che vivono le popolazioni civili, costrette a subire violenze continue e devastazioni nei propri luoghi di rifugio.
La tensione con il Libano, gli intrighi regionali: a Gaza è davvero possibile una tregua?
Nel contesto del conflitto israelo-palestinese, anche il Libano rimane una zona di forte tensione, con frequenti attacchi aerei incrociati lungo il confine. La fragile situazione libanese contribuisce a rendere più complessa la ricerca di una soluzione duratura e compromette le prospettive di stabilità nella regione. Questa instabilità ha spinto diversi osservatori internazionali a chiedere misure preventive che limitino un’ulteriore escalation nei territori limitrofi, dove attori come Hezbollah potrebbero giocare un ruolo destabilizzante.
Mentre si attende un segnale dai negoziati in Qatar, la realtà sul campo appare tutt’altro che vicina a un cessate il fuoco duraturo. Le condizioni poste dalle parti e i vincoli che legano il conflitto a Gaza agli equilibri geopolitici regionali rendono difficile prevedere una rapida risoluzione. Tuttavia, l’apertura di Hamas e la proposta egiziana rappresentano, almeno simbolicamente, un primo passo verso un possibile dialogo che, per quanto arduo, potrebbe portare una pausa alla devastazione e un respiro di tregua per la popolazione colpita.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine