George Russell: Mercedes, quel treno che passa una volta sola

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Di Redazione Metropolitan

Un’immagine vale più di mille parole. Una frase che riassume ciò che si è visto e vissuto durante il GP del Sakhir; Russell primo, una gestione impeccabile della gara, una cosa a cui neanche lui credeva davvero, troppo grande per essere pensata come reale. Poi il disastro ai box. Non della Williams, ma della Mercedes, perchè George Russell guidava una Freccia Nera, quella di Lewis Hamilton risultato positivo al Covid e quindi assente sul circuito del Bahrain.

George Russell e l’occasione Mercedes

La Mercedes sbaglia, è umana. L’errore però arriva nel giorno sbagliato, arriva in una domenica in cui il mondo della F1 torna a sognare; e lo fa per davvero, lì davanti a tutto e tutti con George Russell che guida quella Mercedes dal peso troppo grande visto chi la guida normalmente, ma troppo stretta invece per l’altezza del pilota. Il principe che sostituisce il re. Così è stato definito in un gioco di parole che rimanda al principino George d’Inghilterra. La grande occasiona arrivata a causa della positività al Covid-19 di Hamilton; un sogno che diventa realtà dopo le speranze di approdare sotto la guida di Toto Wolff distrutte dal no della sua scuderia, la Williams.

Il campioncino di F2 in questi due anni ha dimostrato di avere la stoffa; portare quasi sempre in Q2 una monoposto con grandi mancanze come la Williams non è certo un’impresa semplice e nemmeno una cosa che tutti possono fare. Accade quindi che ad un certo punto quel treno che si aspetta probabilmente da una vita finalmente si decide a passare; passa veloce, senza fermarsi, è un treno che bisogna avere il coraggio di prendere al volo. George lo fa e anche bene.

George Russell Mercedes
George Russell – Photo Credit: George Russell Official Twitter Account

Domina la prima giornata di libere, poi pasticcia un po’ nelle FP3, ma come non comprenderne le difficoltà; da Williams a Mercedes la differenza c’è, non solo in termini di classifica, e lo stesso Russell ha ammesso di aver dovuto imparare a guidare di nuovo praticamente. Poi arrivano le qualifiche del sabato, nella spettacolare notte del Bahrain; arriva quel brivido, quella magia che ha sempre caratterizzato la F1 e che forse da un po’ di tempo manca. 0.026. La differenza tra Bottas in pole e il giovane Russell, al suo fianco.

Il prezzo da pagare

Le aspettative sono alte ma non troppo, George in fondo può essere paragonato ad un rookie sul sedile di quell’astronave nera. Si spengono i semafori e in un attimo il mondo della Formula 1 è lì, nell’abitacolo di Russell a sognare e combattere per quell’occasione che capita una volta sola. Purtroppo però così come in un attimo è iniziato, in un attimo è anche finito. Come uno schiocco di dita. Non c’è tempo di pensare o di realizzare, il treno inchioda e ci si ritrova coi piedi per terra a guardarlo nuovamente passare ed andare lontano.

Gomme sbagliate. In Mercedes. A Russell. Il treno che passa e se ne va. Il giovane inglese però non demorde tornando in pista per quella che è una cavalcata di speranza; un inseguimento dettato da una forza e da una concentrazione che non tutti possono vantare. Due secondi da Perez, leader della gara. Poi un team radio. Foratura. Fine dei giochi. Un altro attimo, un altro schiocco di dita come quello di Thanos; un gesto compiuto velocemente, un momento che nasconde una devastante realtà.

E George nella sua tuta nera, in quell’abitacolo dove Hamilton ha vinto il suo settimo mondiale, sa che quel podio non arriverà; quel treno ormai è passato, forse non tornerà più, forse invece gli regalerà altre mille occasioni. Nonostante tutto Russell continua a lottare perchè quei punti che alla fine conquista, quei primi punti guadagnati con rabbia, tristezza e con quella devastante sensazione di sconfitta, un minimo di sapore lo hanno.
Il ragazzo con il casco numero 63 è sdraiato sul prato, in lacrime, guardando in alto, lì a quelle stelle dove avrebbe potuto accostare il suo nome. Il sogno di un pilota che è riuscito a far sognare di nuovo un mondo. Un’immagine che vale più di mille parole.

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Chiara Zambelli