Sì, è proprio così. Ghali canta di Palestina ma i suoi sponsor sono con Israele. Tuttavia, la sua è una canzone necessaria.
Ghali ha cantato a Sanremo quest’anno, presentandosi con la canzone “Casa mia”. Visto che ha un testo molto particolare molti dei fan si sono chiesti di cosa parlasse e lui ha fatto riferimento al video del pezzo, che ha un bizzarro pupazzo come protagonista. L’artista ha detto che il pupazzo è proprio la rappresentazione di un alieno, visto che il brano si chiama Casa mia ed è un dialogo distopico in cui un alieno non riesce a comprendere il nostro pianeta e le sue regole. Ma che la realtà è un’altra è piuttosto evidente.
Chi è Ghali
Ghali Amdouni, più semplicemente Ghali, è un rapper, cantautore e attore italiano. È nato il 21 maggio 1993 a Milano e ha origini tunisine. Ha iniziato a far musica nel 2011 mettendo su YouTube alcune delle sue prime canzoni. Ma il grande successo è arrivato nel 2016 con “Ninna Nanna” e poi ha continuato a incassare hit come la splendida “Happy Days” e anche “Cara Italia”. Oltre alla musica, Ghali ha anche intrapreso la carriera di attore, apparendo in diversi film e serie televisive. È noto per il suo stile unico che mescola influenze hip hop, trap e sonorità mediterranee, ed è considerato uno dei principali esponenti della scena rap italiana contemporanea. Nel 2017 ha lanciato il suo primo album, “Album”, che ha fatto impazzire critica e fan. Da allora ha lavorato con un sacco di altri artisti sia italiani che internazionali, costruendo una carriera incredibile.
Inoltre è cresciuto senza il padre, arrestato quando lui era ancora piccolo. Durante l’adolescenza è cresciuto in un ambiente di degrado e criminalità, venendo anche arrestato da minorenne e passando un periodo di detenzione presso il carcere minorile “Cesare Beccaria” di Milano.”
Tutti i temi politici nelle canzoni di Ghali (anche prima di Palestina e Israele):
Forse per questo Ghali nei suoi testi tocca una serie di argomenti che vanno dalle sue esperienze personali alla realtà sociale. Un tema importante per lui è l’identità multiculturale. Le sue canzoni trattano spesso delle sue radici tunisine e di come ha vissuto la crescita in Italia. Lo si può sentire in brani come “Cara Italia”, dove racconta della sua lotta per trovare la sua identità tra due mondi. Non solo, ha affrontato direttamente il tema politico del razzismo in diverse canzoni, anche qui parlando delle sue esperienze personali e delle discriminazioni che ha subito come tunisino in Italia. In “Wily Wily” mette in luce le ingiustizie e le difficoltà che le persone di colore affrontano nella società italiana, usando il suo stile unico e metafore per farlo.
Quindi, che nella sua musica ci sia un pizzico di politica non è una novità: la novità è che stavolta a Sanremo non ha parlato di un tema che lo coinvolge personalmente. Inoltre, non è stato esplicito come spesso è.
Tutti i riferimenti di Ghali alla Palestina (nonostante i rapporti con Israele):
“Non mi sento tanto bene” scrive il cantante nel testo presentato a Sanremo, e forse non ha tutti i torti. Il cantante è stato un anno fermo: per un anno lo abbiamo visto, anzi non lo abbiamo visto, dedicarsi a sé stesso e ora è tornato in grande stile. Anzitutto on Pizza Kebab Vol. 1, il suo nuovo album. L’album presenta una varietà di stili e influenze musicali, dimostrando la versatilità artistica di Ghali e la sua capacità di esplorare nuovi suoni. Ma a Sanremo si è distinto soprattutto per altro: il testo della sua Canzone in gara.
Dopo aver sentito “il prato è sempre più verde” ci si aspetterebbe che citi il rosso e il nero, per quanto la canzone non parla di alieni (come aveva precedentemente dichiarato). Perché “ma quale casa mia, ma quale casa tua” è un chiarissimo riferimento al conflitto sulla striscia di Gaza. Alcuni fan lo criticano addirittura per questo, ovvero il suo essere stato “vago” e non abbastanza specifico nel riferimento politico. Anche la risposta a questa domanda è nel testo: “(…) figli di un deserto lontano, zitti non ne posso parlare”.
Nel mondo della musica, c’è una realtà spesso sottovalutata: l’auto-censura dei cantanti. Non si tratta di censure dirette (almeno non sempre), ma di una sorta di autocensura che si impone per navigare le acque tempestose di temi divisivi. Immagina di essere un artista e di avere in mente un testo che solleva polemiche o affronta argomenti sensibili. Potresti sentirti tentato a zittirti per paura di alienare la tua fanbase o di essere frainteso. Questo ha fatto probabilmente esitare Ghali a esprimersi chiaramente (o forse stava solo cercando di creare hype, chissà).
Ghali non si è subito esposto, però…
“Mi manca il mio quartiere, adesso c’è una sparatoria, baby scappa via” non è una frase che direbbe un alieno. Ghali ha usato questa risposta anche probabilmente per mantenere un certo alone di mistero attorno al pezzo e farne parlare. Ma credo riguardi anche un’altra cosa, che dice poi proprio nel testo: “sempre la stesa storia, di alzare un polverone non mi va”
Ma il polverone lo alza eccome: dopo direi che le lyrics non lasciano alcun tipo di interpretazione diversa: “ma come fate a dire che è tutto normale? Per tracciare un confine con linee immaginarie bombardate un ospedale” non solo è un riferimento inconfondibile alla striscia di Gaza, ma sottintende una chiarissima accusa all’IDF. Si perché è Israele che bombarda gli ospedali, cosa che (tra le altre) gli è valso una bella denuncia alla Corte Internazionale di Giustizia per l’accusa di Genocidio.
…Voleva creare Hype o ha paura di esporsi?
Siamo davvero così tanto “zombie col telefono in mano” da non volerci prendere alcuna responsabilità politica nell’art. Se ci fosse un fronte compatto almeno la metà di quanto siamo stati con l’Ucraina avremmo tutti “alzato u polverone”? Non serve un’astronave per capire che tra “casa mia e casa tua che differenza c’è? Non c’è” e non serviva un genio per capire che non Ghali non stava parlando di galassie lontane. Fortunatamente alla fine si è rivendicato le idee politiche del testo!
Non fatico a comprendere come mai all’inizio sia stato vago sui riferimenti politici. Lavorare nella comunicazione e nello spettacolo è come trovarsi su un campo minato, dove si cerca di trovare il giusto equilibrio tra espressione artistica e preservazione della reputazione. Sì, la libertà di espressione è importante, ma anche la carriera e il sostegno dei fan lo sono per l’artista. Quindi, a volte, ci si trova a fare una sorta di danza delicata, cercando di dire ciò che si vuole dire senza offendere nessuno, senza “alzare polveroni”. È un gioco sottile, una danza sul filo del rasoio tra autenticità e convenienza.
Ghali e Palestina, Ghali e Israele
Come è noto a molti Ghali ha delle partnership con aziende note per la stretta collaborazione che hanno con Israele. Per dirne una: Ikea, che investe $ 22,5 milioni di dollari nella società fintech israeliana Jifiti (fonte). O ENI: dopo il 7 ottobre, la compagnia petrolifera italiana ha firmato nuovi accordi con Israele per condurre esplorazioni e trivellazioni al largo della costa di Gaza, nella ricerca di giacimenti di petrolio o gas.
Anche di autenticità, quindi, è il caso di parlare. Jeff Handmaker, insegnante di diritti umani, ha accusato IKEA di essere complice delle violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani sostenendo politiche discriminatorie a favore dei coloni israeliani e ignorando l’oppressione dei palestinesi. IKEA è anche uno dei pochi rivenditori ad avere un deposito all’interno dello stato di Israele.
Esistono molte fonti secondo cui IKEA sarebbe stata complice dell’apartheid verso i Palestinesi. Su contropiano si legge una storia piuttosto inquietante: che l’attivista per i diritti umani Adri Nieuwhof ha chiesto a un cittadino palestinese di contattare la filiale israeliana di IKEA per chiedere informazioni sulla consegna a Beit Sahour, un villaggio palestinese. La società di spedizioni associata a IKEA ha affermato che la consegna in quest’area non era possibile per motivi di sicurezza. Tuttavia, quando un’organizzazione israeliana ha fatto la stessa domanda per una consegna in una colonia israeliana nell’Area C della Cisgiordania, è stata data l’approvazione per la consegna.
Ai miei figli cosa dirò?
Si, Ghali è in contatto (forse un po’ troppo) con Israele. Ma con i suoi soldi poi ci fa la “Saving Humans”. Il rapper si è impegnato attivamente nel salvataggio dei migranti nel Mar Mediterraneo. Ghali ha portato avanti un’iniziativa che ha permesso la creazione della barca di soccorso “Mediterranea Saving Humans”. La barca è operativa dallo scorso novembre e ha già contribuito a mettere in salvo 227 vite umane L’ha battezzata come una canzone dal suo ultimo album, “Bayna”, che vuol dire “è chiaro” in arabo. La canzone è prodotta da Ratchopper, produttore molto noto nella scena rap tunisina. Ratchopper è stato con Ghali sul palco del Teatro Ariston nella quarta serata del Festival di Sanremo 2024, durante la serata cover, accanto a Ghali, per il medley “Italiano vero” di Mudugno.
Intanto oggi, Israele bombarda ancora Gaza: ci sono stati morti a Rafah e in un asilo a Zawayda. Fa bene a chiedersi “ai miei figli cosa dirò” perché non so bene come ci potremmo giustificare se non non prendiamo tutti una posizione in merito a questo conflitto. Magari, anche in maniera meno soffusa e machiavellica di Ghali. Per quanto sia effettivamente una persona privilegiata e probabilmente poco coerente, sono contenta che Ghali abbia scritto questo testo. Mettere in luce la questione in uno show così guardato è importante ed è importante che si parli bene della cosa, che si metta in luce la natura tragica degli avvenimenti di Gaza. C’è un genocidio in corso: “come fate a dire che è normale”? Perché per le persone cui questa canzone probabilmente dedicata effettivamente “non c’è più pace”.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine