Si ricorda oggi la nascita di Giacomo Leopardi, una delle figure più importanti della letteratura mondiale. Nato a Recanati il 28 giugno 1789, Leopardi è stato un poeta, scrittore e filologo italiano. La redazione di Metropolitan Magazine, in occasione della nascita del grande poeta, affronta alcuni dei punti focali della sua vita artistica.
Giacomo Leopardi: un anti-romantico tra i romantici
Di formazione rigorosamente classica, Leopardi cresce nel pieno Romanticismo. Per certi versi però, lo scrittore, nel corso della sua maturità intellettuale, prende le distanze dalla corrente culturale contemporanea, anzi le si pone in modo critico. Giacomo è, infatti, un ateo, materialista, “sensista” e, appunto, classicista. Lo studioso, dunque, emerge come un meraviglioso astro solitario, destinato a segnare in modo indelebile la storia della letteratura italiana.
Giacomo Leopardi: la poetica e il lessico
Nel corso dei suoi studi e della sua evoluzione letteraria, lo scrittore vive diverse fasi relative alla sua elaborazione poetica. I Canti leopardiani, composti tra il 1818 e il 1837 si differenziano, infatti, per tematiche e stile, tanto da poter distinguere tre momenti letterari.
La poetica del vago e l’indefinito (1818-1822)
Nel corso della prima fase di produzione letteraria, Leopardi esprime la sua inquietudine attraverso uno stile personalissimo: nelle opere civili forte è la componente classica che, in questa fase, si unisce alla lingua petrarchesca. Per quanto riguarda, invece, gli idilli, questi appaiono maggiormente caratterizzati dall’interiorità del poeta: si insinua, qui, l’idea di vago e indefinito. Nello specifico, si tratta di un gusto stilistico inteso ad evocare perlopiù concetti sfumati e indeterminati. Un esempio celebre è L’infinito.
A questo periodo, prima del successivo, segue una fase di silenzio poetico, in cui Giacomo Leopardi si dedica alla stesura di Operette Morali, in cui offre un tipo di opera differente, più moderna, basata sul procedimento dialettico, socratico.
Il pessimismo cosmico (1828-1830)
Nel secondo momento, si fa strada in Leopardi l’esigenza di ampliare il suo raggio di interesse da se stesso a un’analisi finalizzata alla comprensione dell’uomo. Cerca, dunque, di alimentare la necessità di raggiungere l’idea di universalità, riflettendo su problematiche di tipo filosofico. Così inizia a prendere forma il pessimismo storico leopardiano secondo cui l’uomo soffre per aver perso ogni contatto con la natura.
La terza fase e i componimenti impegnati (1831-1837)
In questo momento poetico, Leopardi apre a un lessico innovativo, più moderno e anche la metrica risulta rinnovata. E’ il momento della riflessione sul significato dell’uomo in rapporto alla natura: approfondisce, dunque, quelle che erano le premesse del periodo precedente. Qui, però, il pessimismo leopardiano si evolve, divenendo cosmico: l’uomo si vede privato del suo stesso spirito e viene visto soltanto come corpo ingrato sulla Terra. Delle poesie impegnate, è decisamente esemplare La Ginestra.
L’esempio celebre di Leopardi: L’Infinito (1819)
Composta a Recanati nel 1819, L’infinito di Leopardi è stata pubblicata soltanto nel 1825 nella rivista milanese, “Il Nuovo Ricoglitore”. Il componimento, appartenente al primo momento poetico dell’autore, è costituito di una sola strofa di 15 endecasillabi.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Per quanto riguarda la struttura, la strofa risulta scomponibile in due o tre unità ritmico-sintattiche minori. Tuttavia questa composizione è quasi impercettibile; Leopardi, infatti, riesce ad eliminare completamente le pause tra ogni verso attraverso l’utilizzo di un gran numero di enjambement: questa figura retorica è particolarmente accentuata, data la separazione di elementi sintattici strettamente connessi, come nome e aggettivo corrispondente.
Sebbene dai versi iniziali l’opera sembri evocare un momento ormai trascorso e lontano, subito dopo ripiomba il presente, la descrizione di un attimo vissuto qui e ora o che, comunque, continua a ripetersi nel tempo. Leopardi, dunque, evoca l’immagine della siepe, suscitando la fantasia di spazi infiniti. D’altronde dai versi non emerge un’idea fisica e netta della realtà vissuta dallo scrittore. Si tratta, piuttosto, della descrizione di una serie di sensazioni impossibili da definire in modo chiaro, quindi indefinite.
Strettamente connessa con l’opera è, quindi, l’immaginazione perché
l’immaginazione, e il fantastico sottentra al reale
Così Giacomo Leopardi scriverà più avanti nello Zibaldone.
Martina Pipitone
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