Nasce a Napoli il 19 settembre 1959 Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino. La lotta per la libertà di stampa, le denunce e le rivelazioni sui clan
E’ il 23 settembre 1985, sono le 20.50, a Napoli. Il giornalista Giancarlo Siani, arriva sotto casa sua, in via Romaniello, a bordo di una Citroen Mehari. Viene freddato da una raffica di colpi di pistola da due uomini affiliati alla Camorra. Aveva appena compiuto 26 anni, il 19 settembre. Oggi, anniversario della nascita, ricordiamo la sua figura di cronista e il suo coraggio nel denunciare il malaffare che gravitava intorno agli appalti della ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980. Ma anche la vicenda giudiziaria legata al suo omicidio.
Giancarlo Siani, gli studi e l’attenzione ai problemi sociali
Nasce a Napoli nel quartiere bene del Vomero, si diploma al ginnasio Gian Battista Vico e milita nei movimenti studenteschi del 1977. Una volta diplomato, si iscrive alla facoltà di Sociologia all’Università Federico II di Napoli. Inizia a collaborare con i periodici locali e si interessa alle problematiche sociali legate all’emarginazione.
L’impegno per la libertà di stampa. Gli inizi nella redazione del Mattino
Si batte fin da subito per la libertà di stampa fondando, insieme ad altri due coetanei giornalisti, Gildo De Stefano e Antonio Franchini, il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione (M.D.D.I.) e inizia a lavorare per Il lavoro nel Sud, mensile della Cisl, dopodiché inizia l’attività come corrispondente da Torre Annunziata a Il Mattino di Napoli e si iscrive al Partito radicale.
Le indagini sulla camorra e la collaborazione nell’Osservatorio di Amato Lamberto
Approfondisce l’analisi del fenomeno camorristico e il rapporto tra malavita organizzata e politici locali e le gerarchie delle famiglie che governano il territorio controllando nomine e appalti. Matura presto una vasta conoscenza sul tema che lo porta ad entrare fra i collaboratori dell’Osservatorio sulla Camorra, periodico diretto dal sociologo Amato Lamberto. Però continua a frequentare la redazione distaccata del Mattino dove spera di riuscire ad ottenere un contratto come praticante giornalista e potersi iscrivere all’albo come professionista.
Nominato dall’Odg Giornalista alla Memoria, il prossimo 23 settembre la cerimonia a Napoli
Non ce l’ha fatta, perché la camorra lo ha ucciso prima. Fra pochi giorni, il 23 settembre, nell’anniversario della sua morte, l’Ordine dei Giornalisti della Campania e quello nazionale consegneranno ai suoi familiari il tesserino di Giornalista alla memoria. Un riconoscimento postumo di cui non ha certamente bisogno, visto che lo ha dimostrato con la sua stessa esistenza di essere un professionista nel suo lavoro, per bravura e coraggio. Ma ci teneva e averlo gli avrebbe fatto piacere.
Nel corso della cerimonia, in programma al Cinema Modernissimo di Napoli e a cui partecipa il presidente della Camera Roberto Fico, saranno presentati tutti gli scritti del giornalista in una nuova edizione intitolata Le parole di una vita.
Cosa c’era dietro l’arresto del boss Valentino Gionta
Tra le inchieste portate avanti, una delle più scottanti, insieme all’intreccio tra boss locali e politici per accaparrarsi finanziamenti per la ricostruzione dell’Irpinia, quella sullo “scambio di favori” tra Polizia e i clan delle famiglie Nuvoletta e Bardellino. I primi erano amici dei corleonesi di Totò Riina, gli altri un clan in ascesa, entrambi impazienti di sbarazzarsi del boss Valentino Gionta e di sancire tra di loro un patto di non belligeranza e spartirsi il controllo del territorio.
Il clan dei Nuvoletta disonorato dalle rivelazioni del giornalista
Dopo l’arresto di Gionta, quindi, viene pubblicato l’articolo di Siani, che è riuscito ad ottenere le informazioni riservate grazie alle indiscrezioni di un suo amico che lavora nella Polizia. E’ il 10 giugno 1985. Per Siani è l’inizio della fine. Nell’articolo, infatti, scrive che Gionta è stato catturato grazie alla collaborazione dei Nuvoletta con la Polizia. Per gli uomini di mafia, camorra e ‘drangheta fare la spia alle forze dell’ordine è un disonore.
Lorenzo e Angelo Nuvoletta decidono di eliminare Siani. In estate il suo destino è segnato, rimane da stabilire dove eseguire l’omicidio, possibilmente lontano da Torre Annunziata, per depistare le indagini. Alla fine si decide di farlo sotto casa sua, quando rientra dal lavoro, dalla sede del quotidiano Il Mattino di via Chiatamone.
L’assassinio il 23 settembre 1985
Il 23 settembre, alla sera, i due assassini arrivano in moto e gli sparano una decina di colpi che lo centrano alla testa. Quello stesso giorno, nel pomeriggio, Giancarlo si era sentito al telefono con Amato Lamberto il direttore dell’Osservatorio sulla Camorra, per chiedergli un incontro e parlargli di cose di cui era meglio parlare di persona. Al processo, però, Lamberto non ha mai fornito risposte chiare in merito.
Mandanti, esecutori e processi. Ancora tante incognite
Gli esecutori materiali dell’omicidio, Armando Del Core e Ciro Cappuccio, sono stati condannati all’ergastolo dalla seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli il 15 aprile 1997, insieme ai mandanti: oltre ai fratelli Nuvoletta, anche i boss Luigi Baccante e Valentino Gionta.
Confermata in Cassazione, la sentenza ha però disposto per Gionta il rinvio alla Corte di Assise di Appello e, in un secondo processo, svoltosi il 29 settembre 2003, l’uomo è stato condannato una seconda volta all’ergastolo, per poi essere prosciolto dall’accusa nel giudizio definitivo della Cassazione.
Il libro di Roberto Paolo e la riapertura del fascicolo Giancarlo Siani
Nel 2014, il caso è stato riaperto, dopo la pubblicazione del libro-inchiesta del giornalista Roberto Paolo, attuale vicedirettore del quotidiano Roma, secondo il quale i mandanti dell’omicidio Siani, sarebbero da ricondurre al clan dei Gionta e a quello di Giuliano di Forcella per via di un business delle cooperative che Siani stava per portare allo scoperto.
Rivelazioni ottenute da un informatore che tuttavia, al processo, secondo quanto riferisce Paolo nel corso di un’intervista rilasciata alla giornalista Diana Sarti il 20 settembre 2019 non sono state ritenute affidabili. Il fascicolo è stato affidato ai sostituti procuratori Enrica Parascandolo ed Henry John Woodcock.
Anna Cavallo