Giorgio Gaber, cantautore e regista nonché attore milanese, nasce il 25 gennaio del 1939. Ripercorriamo la vita e le opere del Signor G che ha dato un grande contributo alla musica ed alla cultura italiana
Giorgio Gaber fu molte cose artisticamente parlando: attore, poeta, chitarrista e molto altro. Ciò che fu però per la generazione del dopoguerra fu molto di più. Non smise mai di smuovere i valori della società che lo circondava, arrivando così a prendere il soprannome di anarchico.
Oggi avrebbe compiuto 81 anni, ma le ideologie per cui lottava restano molto vicine a quelle dei giovani d’oggi.
Nato in una famiglia piccola-media borghese, si avvicinò alla musica prima di tutto grazie a dei corsi di chitarra. Ispirandosi ai più grandi jazzisti di un tempo.
Durante gli studi universitari, partecipò poi alla trasmissione ‘Il Musichiere’. Acquistò finalmente notorietà partecipando anche a Sanremo per 4 volte.
Durante la sua carriera si creò un alter ego: Il Signor G. Dando poi vita al teatro-canzone, un genere che sconosciuto in italia, e che rese popolare.
Il 1 Gennaio del 2003 a casa di un grave cancro ai polmoni, se ne andò all’età di 64 anni.
Gaber riusciva a compiacere i pubblici più vasti, senza risultare scontato o buffo. Toccava dei temi molto profondi e controversi, non mancando mai di strappare una risata dal pubblico.
Non si legò mai a nessuno etichetta, essendo di per sé un immancabile innovatore di nuovi generi per fare arte.
Non manca mai nelle sue creazione, una satira costruttiva. Espressa con estremo garbo ma pungente nei temi chiave. Riusciva a mettere a nudo la società italiana, smascherando la sua ipocrisia.
Da ricordare sono le sue canzoni a sfondo politico come Destra Sinistra e Qualcuno era comunista. Ma anche socialmente ingaggiate come Io non mi sento italiano e La Libertà.
Nonostante la sua bonarietà, Gaber non si asteneva dal dire francamente cosa pensava. Sicuramente lo fece con i due partiti di destra e con l’apparentemente intoccabile sinistra. Non si lasciò sfuggire nessuno. La religione, le classi sociali borghesi e persino l’uomo di tutti i giorni.
L’ultimo album che pubblicò si chiamava La mia generazione ha perso. Espone il fallimento delle nuove generazioni che non hanno portato a termine le lotte per quelle ideologie che da giovane lottava per affermare.
Nel brano più importante La razza in estinzione ci canta:
“Possiamo raccontarlo ai figli senza alcun rimorso, ma la mia generazione ha perso” (giorgio gaber)
Forse la sua generazione si era smarrita, ma la nuova di certo non lo ha dimenticato.
E non smette di far sue le poesie che ci ha lasciato. Per ricordarci che non dovremmo mai smettere, di lottare per la nostra libertà.