In occasione dell’anniversario della nascita di Giovanni Verga, principale scrittore del Verismo italiano, ricordiamo l’autore che descrisse in modo oggettivo e distaccato la realtà siciliana contemporanea. Mosso dalla scoperta del Naturalismo francese, diede origine a scenari di vita popolare denunciando, così, la questione meridionale.
Dai romanzi “mondani” alla poetica del Verismo
Nato il 2 settembre 1840 a Catania da una famiglia nobile antiborbonica, il giovane Giovanni Verga, appassionato di letteratura, inizia in un primo momento a scrivere tipi di romanzo più vicini alla moda dell’epoca. In particolare si ricordano i romanzi mondani, che prendono ispirazione dalle esperienze vissute dallo scrittore durante la sua permanenza a Firenze prima e a Milano poi. Queste storie sono fondate su un elemento autobiografico: si parla sempre di un giovane artista che subisce l’influsso distruttivo della mondanità per opera di qualche donna.
Una peccatrice e Storia di una capinera: gli esempi celebri di Verga
Famosi romanzi di questa fase sono indubbiamente Una peccatrice, del 1866, e Storia di una capinera, del 1870. Il primo è la storia di un giovane commediografo catanese e del suo rapporto con una seducente contessa, che lo porta a diventare un artista fallito. Il secondo, invece, la storia di una giovane costretta a farsi monaca. In entrambi i casi, centrale è il tema della perdizione, conseguenza di una società moderna frivola e distaccata dalle vere questioni importanti.
La scoperta del Naturalismo francese: la conversione di Giovanni Verga al mondo siciliano
Alla base del Verismo verghiano c’è il Naturalismo francese, a cui Verga si avvicina grazie all’amico e scrittore Capuana. I romanzi naturalisti pongono al centro della narrazione la rappresentazione della realtà popolare. Gli argomenti trattati sono affrontati in modo critico. Solo nel romanzo Assomoir (1877) Zola, suo maggior esponente, assume un punto di vista più impersonale, ma non si tratta di un’operazione sistematica bensì di episodi isolati.
E’ proprio qui che possiamo individuare la differenza più forte tra il Naturalismo e il Verismo. Benché anche la poetica verista di Verga si fondi sulla “denuncia” delle condizioni di vita dei bassifondi, con particolare attenzione ai vinti, cioè a quei personaggi che non riescono a stare al passo del mondo moderno, il modo di narrare dello scrittore è impersonale. La sua visione dei fatti è, dunque, oggettiva, distaccata, senza accenno a critiche e giudizi. Si limita a riportare i fatti, spesso nella loro drammaticità.
I romanzi veristi di Verga, Il Ciclo dei vinti
Proprio da una visione della realtà corrotta dalla modernità, troppo devota alle cose mondane, nascono i primi componimenti veristi di Verga, tutti ambientati nella devota Sicilia, dove nasce e cresce lo scrittore. Dapprima impegnato nella realizzazione di novelle, come le Novelle rusticane (1882), si impegna poi nella stesura di una serie di romanzi che sarebbero dovuti essere tutti raccolti ne Il Ciclo dei Vinti.
I romanzi dovevano essere originariamente cinque. In essi Verga avrebbe dovuto rappresentare la lotta per la vita nelle diverse classi sociali, il cammino fatale verso il progresso, quelle tristi sorti che trascinano via con sé la categoria dei vinti. Tuttavia, lo scrittore è colpito negli ultimi anni da una crisi creativa che non gli permetterà di portare a termine il progetto.
Solo I Malavoglia (1881) e Mastro Don Gesualdo (1889) vengono pubblicati, mentre La duchessa di Leyra, che avrebbe dovuto rappresentare il mondo della nobiltà travolto dalla modernità, rimane allo stato di abbozzo. Gli ultimi due romanzi non saranno nemmeno iniziati.
“La fumana del progresso” di Giovanni Verga
Nata come prefazione de I Malavoglia, la fiumana del progresso si erge a manifesto dell’intero Ciclo di romanzi. Intendendo con fiumana quel processo di trasformazione della realtà economica e sociale in seguito all’avanzare del progresso, Verga esprime da un lato la sua ammirazione nei confronti di questo fenomeno sia i risvolti negativi. Se, infatti, l’individuo perseguendo i suoi interessi personali contribuisce a soddisfare il benessere di tutti, quest’atteggiamento dell’uomo comporta una condizione che l’autore si impegna a denunciare.
Sono proprio questi gli elementi su cui si focalizza l’autore. La cieca ambizione degli individui porta a diventare avidi, meschini, egoisti. I protagonisti dei romanzi veristi sono, appunto, le vittime di questo processo. Non essendo in grado di adattarsi al progresso, questi sono trascinati dalla stessa fiumana che li riporta ad una condizione misera.
Concludendo, Verga sostiene l’antica visione della condizione umana di origine greca: l’uomo che cerca di cambiare la propria condizione, ambendo all’impossibile, rischia di vedersi trascinato da una serie di eventi che lo riporteranno alla sua condizione iniziale. Nasce da qui il pessimismo di Verga: i più umili, infatti, sono condannati a non poter coltivare un proprio riscatto sociale.
Martina Pipitone