“Giù al Nord”, il film record d’incassi in Francia stasera in tv

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Di Federica De Candia

“Vuole dire “la coca cola”! – “Ma è quello che ha detto: lo coco colo!“. La ‘o’ al posto della ‘a’, lo ‘schi’ al posto della ‘sce’ che va al posto della ‘esse’. Non è un problema di mascella. È lingua Ch’timi, un idioma coniato in riviera francese, nulla a che fare con le sciccherie della Costa Azzurra. Una vita per impararlo, tra peripezie della lingua, tante quante quelle per raggiungere un paesino del nord. “Ci hanno le pigne in testa e quando credi di aver capito tutto scopri che strofinaccio si dice mappinella“. Tutto il mondo è paese, stasera in tv con “Giù al Nord“: “Mi sembra di vomitare alghe..”.

Il Nord sopra Parigi, non ha nulla che sappia di ‘La vie en rose‘. Dei casinò a Lione. Gli stessi francesi lo considerano un luogo buio, angusto. Fa freddo, piove sempre e anche le persone si adeguano al clima, sono scontrose e inclini alla solitudine. All’ufficio postale di Bergues nel Nord-Pas de Calais, non c’è nessuno che vorrebbe fare il direttore. Se non fosse per un unico, a volte conveniente, motivo, che sconfinato in quel posto non lo troverebbero mai. Dalla Provenza, abbandonando ogni speranza, giunge Philippe Abrams (Kad Merad), che si fingeva sulla sedia a rotelle per ottenere un trasferimento dei più privilegiati. Ma verrà commiserato anche da un agente di polizia stradale a conoscenza della sua destinazione, e dalla moglie che preferirà non seguirlo. Presto sarà un privilegio essere considerato direttore n°1, e riscoprire l’umanità del postino, fidato amico, Antoine. Portalettere non tutto bicicletta e citofonate, ma incline alle ubriacature.

Più Nord non si può

In Francia, il film del 2008, stasera in tv su Iris, “Giù al Nord“, richiamò al botteghino ben 21 milioni di spettatori. Record assoluto. Dany Boon, il regista, di padre algerino, ha scelto un attore arabo per il personaggio di Philippe, un po’ alla Noiret, a cui ha dato un cognome ebraico. Piccole innocenti bugie amorose, dirà dalle poste, il Direttore a sua moglie: un paese di barbari, di minatori rozzi e villici, celando la riscoperta serenità, la fratellanza nata magari mangiando in piazza le frites. Una commedia tipicamente francese, con i pregiudizi, la puzza sotto il naso per chi non pronuncia ‘toi’ e ‘moi’ con l’accento inconfondibile, ma li fa divenire ‘ti’ e ‘mi’. La classe parigina, l’erre leggiadra e raffinata, simbolo quanto la torre Eiffel, dimenticate per accettare i fratelli Ch’timi. Ribaltare una concezione, il fine di una serata al cinema. Guardando oltre, più su, verso Nord.

Equivoci per le differenze dialettali; anche la consegna della posta porta a porta, diventa un’impresa. La tenerezza è il sentimento ultimo, che permane, dopo le risate e i sorrisi. Sempre che, ci si sappia adeguare alla comicità dei cugini d’oltralpe. E che non si resti ‘forestieri’ difronte certe battute; “Sono caduto sul ciulo, vacca puzza“. Ma le storpiature delle parole funzionano nel film francese, nel doppiaggio italiano perdono inevitabilmente. “Lacapagira”, direbbe qualcuno. Il linguaggio di Asterix, a confronto è una passeggiata. Le musiche in francese sono orecchiabili e fanno la perla del film. Barriere mentali, non per i sentimenti, stasera in tv con “Giù al Nord“.

Giù al Nord, seconda stella a destra..

Anche in “Totò, Peppino e… la malafemmina“, Antonio e Peppino prima di intraprendere il viaggio da Napoli a Milano, chiedono consiglio all’odiato vicino di casa, Mezzacapa, che da giovane fu militare a Milano; “Noio volevam savuar“, per andare dove dobbiamo andare, resta il linguaggio francesizzato più comprensibile, nostalgico, e etnico, del cinema.

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