Giuseppe Prezzolini e l’arma della cultura

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Di Ginevra Alibrio

Nato a Perugia il 27 gennaio 1882, Giuseppe Prezzolini visse una vita “in trasferta”, spostandosi da una città all’altra sin da piccolo. Cent’anni di vita per il “precursore del politicamente scorretto“, come lo definisce Gennaro Malgieri. Prezzolini fu una personalità rivoluzionaria, volta al rifiuto di ogni forma di conformismo. Un “battitore libero”, secondo il parere di Iannone. Immensa è la lista delle opere a lui attribuite.

Prezzolini si istruisce da sé

La rivista letteraria La Voce, fondata da Prezzolini e Papini nel 1908. Photo Credits: IMalpensanti.it
La rivista letteraria La Voce, fondata da Prezzolini e Papini nel 1908. Photo Credits: IMalpensanti.it

L’infanzia di Prezzolini è dolce-amara, tra la precocissima perdita della madre e l’avvento dell’amicizia (che varrà per tutta la vita) con Giovanni Papini. Entrambi rifiutarono l’istruzione scolastica, scegliendo di istruirsi per conto proprio. Atteggiamento rivoluzionario, se (ad oggi) consideriamo che questi due capisaldi della letteratura non conseguirono mai una laurea. A poco più di vent’anni, insieme fondano la rivista Leonardo (1903-1908). Accanto alla collaborazione con altre riviste, Il Regno e Hermes (di cui scrisse la Prefazione-Manifesto), arrivano in questi anni i primi scritti e il primo matrimonio, con Dolores Faconti.

Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini: La Voce

L’idea era quella di un periodico rivolto agli intellettuali con ogni forma di vocazione artistica, che superasse Il Marzocco contemporaneo. Per farlo, Prezzolini e Papini si affidarono alla consulenza di Benedetto Croce: il 20 dicembre 1908 uscì il primo numero de La Voce e fu un immediato successo.

L’obiettivo della rivista? Una ventata di rinnovamento e una critica spietata alla classe dirigente. Una missione civile rivolta agli intellettuali, chiamati a non rimanere più chiusi nella propria “torre d’avorio”. Un tentativo di svecchiamento della cultura alla luce delle avanguardie, per creare una voce libera e coraggiosa.

Legato ai vociani è anche l’esordio di Prezzolini nell’editoria, in quanto fondatore della Libreria della Voce.

Il fronte, il Codice della vita italiana e la “società degli apoti”

Arruolatosi volontario nel 1915, poi istruttore delle truppe, dopo Caporetto Prezzolini torna al fronte: finita la guerra, è capitano del Regio Esercito.

Nel 1917 pubblica il Codice della vita italiana sulla Rivista di Milano, con la celebre distinzione dei cittadini italiani in “furbi” e “fessi”, e l’attacco spietato ai “compromessi” e alla situazione italiana: «Il tempo è la cosa che più abbonda in Italia, visto lo spreco che se ne fa».

L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono.

Giuseppe Prezzolini in Codice della vita italiana

Provocatoria è la lettera da lui pubblicata su La Rivoluzione liberale a pochi mesi dalla Marcia su Roma, in proposta di una “società degli apoti“, cioè di individui che liberamente possano scegliere di non prendere posizione per valutare con sguardo imparziale la cronaca e la politica contemporanea.

Prezzolini tra Francia, America e Svizzera: l’esilio volontario

Con il suo francese impeccabile, perfezionato a Grenoble sulla soglia dei vent’anni, nel 1925 Prezzolini si dimette, salutando per sempre i vociani e trasferendosi in Francia con la famiglia. Da lì, avviene presto il salto agli Stati Uniti, quando ottiene un incarico annuale presso la Columbia University. Nel 1940 prende addirittura la cittadinanza statunitense!

Tornato in Italia per un po’, nel 1968 si trasferisce in Svizzera, dichiarando apertamente la sua avversione alla classe politica italiana.

Nel dopoguerra, il clima di conformismo dominante non poteva tollerare la personalità di questo anarchico conservatore non classificabile perché privo di etichette. Come scrive Feltri:

Può sembrare una contraddizione, ma non lo è. La società, se lo Stato non interviene, si regola da sé. Crea spontaneamente una gerarchia di valori che, per comodità, possiamo chiamare tradizione. Prezzolini confidava nella tradizione e diffidava dello Stato. Una tradizione vitale e non imbalsamata. Pronta all’autocritica e parta al dibattito.

Anche da lontano, Prezzolini non rimase mai in silenzio. In prima fila fra gli interventisti, non ebbe paura dell’insuccesso pur di dire sempre ciò che pensava. Una visione amaramente realista e scettica, quella di Prezzolini, che gli costò l’inimicizia di tutti.

Giuseppe Prezzolini al centenario: un intellettuale incompreso

Nel 1962 Prezzolini decise di tornare in Italia, stabilendosi in Costiera Amalfitana, precisamente Vietri sul Mare.

Per tutta la sua vita, Prezzolini era stato rinnegato dalla sua patria. Il giorno del suo centesimo compleanno, fu Sandro Pertini a invitarlo al Quirinale per conferirgli la Penna d’oro, che Prezzolini accolse ironizzando con un’affermazione che lasciò Montanelli interdetto: «Se vado in bolletta, la vendo». Morì il 14 luglio 1982.

Finché vivo vorrei pensare. Che terribile pensiero è il pensare che si può vivere senza pensare.

Giuseppe Prezzolini in Ragione e sentimento

Ginevra Alibrio

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