Benvenuti nell’universo cinematografico di Movie Award. Faremo un viaggio a Venezia alla scoperta di uno dei primi controversi Leoni d’oro. Parleremo di legge, di processi ed eutanasia. Abbiamo dedicato la puntata di oggi a “Giustizia è fatta” di Andrè Cayatte

“La giustizia è una cosa difficile. Professionisti e dilettanti vi si comportano come se giocassero le loro sentenze a testa o croce. Ecco il soggetto che mi ha proposto André Cayatte… E il film è nato coi suoi 83 personaggi con la stessa misteriosa facilità con cui un melo si copre di frutti”

Così il cosceneggiatore Charles Spaak ha raccontato la genesi del film “Giustizia è fatta” di Andrè Cayatte. Una pellicola che mette tra le prime sullo schermo un problema come quello dell’eutanasia. Cayatte lo fa raccontando la storia di una donna che si difende dall‘accusa di omicidio del marito gravemente malato e che per la difesa ha solo praticato l’eutanasia. Il risulto è un ampio dibattito sulla fragilità della morale umana.

Giustizia è fatta, Andrè Cayatte e la morale

La vittoria di Cayatte a Venezia, fonte BiennaleChannel

La morale, la sua fragilità e la sua violabilità in nome di regole e preconcetti personali sono alla base di “Giustizia è fatta”. Attraverso l’uso di flashback sulla loro vita privata Cayette tratteggia perfettamente la psicologia dei 7 giurati che dovranno giudicare se una donna ha commesso o meno un omicidio mettendone in evidenza i pregiudizi che li spingono verso il verdetto finale . Ne emerge un discorso arroventato e ad attuale su un argomento controverso come l’eutanasia che ancora oggi divide le coscienze degli uomini.

Il Leone d’oro a Venezia e le controversie

“Un film meglio riuscito dal punto di vista della sceneggiatura che della regia: André Bazin parlò in proposito della “cibernetica di André Cayatte”, regista avvocatesco, tronfio e tuonante nella sua meccanica”.

Questo fu il giudizio espresso all’epoca su “Giustizia è fatta” dallo storico del cinema George Sadoul da cui emerge una certa insoddisfazione vero la regia di Cayette giudicata troppo fredda. Una delle colpe del regista francese fu quella di non aver preso una posizione sull’argomento scottante messo in scena. Per questo per alcuni sarebbe stato meglio assegnare il Leone d’oro nel 1950 ad un altro film in concorso come “Stromboli (Terra di Dio)”, la prima intimista pellicola della coppia Bergman-Rossellini.

Stefano Delle Cave