Ambientazioni anni ’80, rivoluzioni studentesche vagamente accennate, 4 amici di lunghissima data e canzoni di Claudio Baglioni a condire il tutto. Questo il pacchetto confezionato da Gabriele Muccino nel film Gli anni più belli, la cui recensione sembra quasi superflua, data la sua somiglianza con un noto film d’autore italiano.
Ma andiamo con ordine.
La sceneggiatura della pellicola è integralmente incentrata sulla costruzione di questi quattro personaggi, e delle loro 4 fasi di vita e di crescita: adolescenza, giovinezza, maturità – inquadrata anagraficamente, all’incirca, a trent’anni- e vita adulta. I protagonisti della nostra storia sono Paolo (Kim Rossi Stuart); Riccardo “Sopravvissù”- da ‘Sopravvissuto’- (Claudio Santamaria); Giulio (Pierfrancesco Favino) e Gemma (Micaela Ramazzotti).
Tra aspirazioni di vita personale, paura del fallimento e contemplazione di una vita che si affretta a scorrere velocemente, domina, su tutto e tutti, l’amicizia di questi quattro ragazzi, all’ombra di un’Italia irrequieta e impaziente. Riferimento, neanche troppo velato, a C’eravamo tanto amati di Ettore Scola del 1974, Gli anni più belli ne sono uno spensierato riadattamento moderno. Colorato ad acquerello.
Punti deboli de Gli anni più belli
Il film, me ne voglia Muccino, non convince. Ha tutte la carte -e gli attori- in regola per essere un vero e proprio capolavoro, ma manca di verve emotiva. I personaggi – dei quali mi sono sforzata di analizzare le possibili chiavi di lettura– sono incastrati in macchiette stereotipate viste e riviste. Paolo e Riccardo, sognatori idealisti, la cui rovina si riscontra nell’incapacità di affrontare una indipendenza sociale nel primo, e l’ostinazione di inseguire un obiettivo- illusione- fallimentare nel secondo. Giulio, unico vincente della comitiva- se così si può dire- che mette a tacere morale e principi personali, pur di emanciparsi. Per non parlare di Gemma. Sì, assomiglia alla Luciana di Scola, appunto: mi aspettavo qualcosa di più, qualcosa di diverso per questa unica protagonista femminile….vabbè.
Punti di forza
Menzione d’onore per Emma Marrone, perfettamente a suo agio davanti la macchina da presa. Ci regala una bellissima interpretazione di Anna, moglie di Riccardo (Claudio Santamaria). Al suo primo esordio sul grande schermo sorprende tutti con la sua grintosa prova attoriale. Chapeau.
Ad un certo punto del film Gemma e Riccardo entrano nella fontana di Trevi, per emulare la famosissima clip de La dolce vita, citazione palese al film di Ettore Scola che aveva aggiunto nella sua pellicola, una scena in cui i protagonisti della storia si ritrovano bloccati in un’ambulanza a causa delle riprese del grande Federico Fellini. Omaggio del regista a Fellini e a Scola, mi è piaciuto.
Il film ha i suoi punti deboli e i suoi punti di forza, nonostante non si possa gridare al capolavoro, rimane comunque una visione domenicale gradevole.
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