Il rapporto dell’EFSA, nella parte in cui vengono esaminati gli effetti del glisofato sulla salute dell’uomo, è copiato quasi in toto dai documenti presentati dalla Monsanto. 

La partita per il rinnovo dell’autorizzazione all’utilizzo del glisofato nell’Unione Europea si gioca, in gran parte, sul terreno della salute umana e della tossicità di questo principio attivo per l’uomo. A dover compiere questa (delicatissima) valutazione è stata chiamata l’EFSA, ovvero l’Agenzia Europea per la sicurezza Alimentare.

La posta in gioco è molto alta. L’Unione Europea deve decidere se rinnovare l’autorizzazione al commercio e all’utilizzo in agricoltura di prodotti contenenti glisofato, prodotti di larghissimo uso come l’erbicida Roundup (prodotto dalla Monsanto). Ago della bilancia sarebbe dovuto essere, come detto sopra, il rapporto dell’EFSA  sulla pericolosità di questo principio attivo. 

L’EFSA ha consegnato il proprio rapporto nel 2015, escludendo qualsiasi nesso di pericolosità per l’uomo legato all’utilizzo del glisofato. Qualcosa però non torna. Esaminando la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione presentata da Monsanto per conto della Glysophate Task Force (un gruppo di 20 aziende che producono e commerciano prodotti a base di glisofato), salta all’occhio come le parti sulla tossicità e quella sui potenziali effetti cancerogeni siano state riportate parola per parola nel rapporto presentato dall’EFSA due anni fa. Solo 100 pagine (su 4.300 dell’intero rapporto), ma senza dubbio di importanza fondamentale.

Altri studi, condotti dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, vanno invece nella direzione diametralmente opposta, indicando proprio il glisofato come “probabilmente cancerogeno per l’essere umano”. Questi studi, lo ricordiamo, condotti da un organismo internazionale autorevole come lo IARC (agenzia facente capo all’Organizzazione Mondiale della Sanità), sono stati bollati come non attendibili e irrilevanti dalla Monsanto. Casualmente, nel rapporto dell’EFSA, non si trova traccia di questi studi.

In buona sostanza, l’EFSA ha preso per buona la valutazione di rischio fornita da una delle maggiori aziende produttrici a livello mondiale di glisofato, senza condurre una revisione indipendente degli studi in materia. Un’azione scellerata, che mette in dubbio l’attendibilità dell’EFSA e, di riflesso, quella delle istituzioni europee chiamate a sciogliere un nodo gordiano, che ad essa si affidano per avere un parere scientifico autorevole.

Ma questo comportamento non è una novità per Monsanto. Già nel marzo di quest’anno era emerso come la multinazionale avesse di fatto bloccato le indagini sulla tossicità del glisofato da parte dell’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia federale per la protezione ambientale degli Stati Uniti. 

Uno scandalo noto come “Monsanto Papers”, in cui l’agenzia statunitense avrebbe di fatto collaborato con la Monsanto per impedire la revisione degli studi scientifici sul glisofato. Tutto documentato, tutto consultabile sul sito della ONG U.S. Right To Know. Mail, rapporti, intercettazioni telefoniche e ambientali: c’è tutto.

Anche l’autorevole rivista scientifica Science ha denunciato sulle proprie pagine lo scandalo, riportando documenti in cui si dichiara esplicitamente che parti di paper scientifici “indipendenti” (parola che suona ridicola, a questo punto) siano stati scritti da ghostwriters della Monsanto per occultare i rischi di tossicità del glisofato. Uno scandalo di proporzioni colossali, che getta un’ombra sull’ambiguità dei rapporti tra alcuni scienziati e l’industria.  

Ora l’Europa è chiamata a decidere sulla questione. Ma è chiaro come l’EFSA non sia più così attendibile come ritenuta in precedenza. Un grave colpo per la credibilità delle istituzioni europee, che rischia di portare a gravi conseguenze. Come ha scritto La Stampa, che ha sollevato il caso: “su un piatto della bilancia il diritto a procedere per Monsanto e per i produttori di glifosato, sull’altro un legittimo dubbio”.

Lorenzo Spizzirri