In Gran Bretagna basterà il sì dei medici e dei familiari per staccare la spina

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Di Redazione Metropolitan

A decidere è stata l’Alta Corte della Gran Bretagna su istanza dei familiari di un paziente che si trovava in stato vegetativo.

L’Alta Corte della Gran Bretagna si è pronunciata su un tema quanto mai spinoso, sul quale i giuristi di tutto il mondo cercano da sempre di prendere tempo. Questa volta, però, in Gran Bretagna si è deciso di cambiare: i giudici inglesi hanno stabilito che da ora in poi non sarà più necessaria, come invece lo era, l’autorizzazione della Court of Protection.
Per staccare la spina, dunque per scegliere per la vita o la morte di una persona, basterà, invece, l’accordo tra i familiari e i medici, rendendo più “facile” un momento così drammatico, nonché meno oneroso, atteso che fino ad oggi il procedimento giudiziario davanti alla Court of Protection poteva durare anche anni durante i quali bisognava sostenere un rilevante esborso economico per le spese giudiziarie.

La sentenza della Corte Suprema, occorre precisarlo, troverà un campo di azione ben preciso: l’accordo dei familiari e i medici a staccare la spina sarà sufficiente solo per quei pazienti che si trovano in stato vegetativo, senza alcuna speranza di ripresa e tenuti in vita attraverso l’aiuto di macchine esterne.

Immediata è stata la reazione sia delle associazioni favorevoli al fine vita, sia di chi invece è contrario.
Rispondendo ai sospetti di violazione della Convenzione dei Diritti Umani, il giudice Lady Black che ha pronunciato la sentenza, ha subito smentito tale possibilità, affermando invece che non ci sarebbe nessuna violazione dei diritti umani, qualora la spina venisse staccata, con la sola autorizzazione dei familiari e dei medici, quando il paziente si trovi in una situazione grave di non ritorno. L’esempio è stato proprio il caso dell’uomo che ha portato alla decisione: il paziente, il cui nome non è stato reso noto, era rimasto vittima di un grave attacco di cuore da cui erano derivati danni cerebrali irreversibili che lo avevano condannato allo stato vegetativo. Per evitare i lunghi tempi attesi per la pronuncia della Court of Protection, la famiglia del 52enne ha sollevato la questione davanti all’Alta corte che ha optato per la semplificazione delle procedure legali previste per staccare la spina.

Come l’uomo, le stime dicono ci siano circa 1500 casi l’anno in Inghilterra e Galles, molto maggiori quindi nell’intera Gran Bretagna, tanto che la rilevanza del problema ha portato il dottor Peter Saunders, a capo del gruppo contro la morte assistita ‘Care Not Killing’ a pronunciarsi negativamente sulla sentenza della Corte Suprema in quanto “i pazienti saranno di fatto affamati e disidratati fino alla morte“.

La decisione in Gran Bretagna ormai stata presa: non resta che aspettarsi la riapertura dei dibatti attorno ai temi dell’eutanasia, del suicidio assistito e del valore della vita. Non è improbabile che la sentenza della Corte Suprema possa servire da riferimento per altri paesi, in primis quelli europei.

Di Lorenzo Lucarelli