1 Maggio 1998. In Italia giunge con un colpevole ritardo di cinque mesi quello che sarebbe diventato uno dei più grandi film di culto di tutti i tempi. Eppure “Il grande Lebowski”, stralunata commedia scritta e diretta da Joel e Ethan Coen, è molto più di questo.
The Man in Me
Durante una placida nottata in una Los Angeles del 1991, Jeffrey Lebowski detto il “Drugo” (Jeff Bridges) viene aggredito in casa sua da due manigoldi che affermano di lavorare per un certo Jackie Treehorn e che sono venuti da lui per riscuotere i soldi necessari a ripagare i debiti della moglie Bonnie. Il Drugo non è però né miliardario né sposato e gli aggressori, rendonsi conto di aver sbagliato persona, se ne vanno dopo averlo malmenato e insozzato il suo amato tappeto.
Consultatosi con gli amici Walter (John Goodman), polemico e aggressivo veterano del Vietnam, e Donny (Steve Buscemi), mite e schivo omuncolo, il Drugo si prepara ad incontrare l’altro Jeffrey Lebowski per comprendere l’accaduto e magari farsi risarcire il tappetto. L’incontro tra i due Lebowski sarà l’inizio di un delirante crescendo di misteri e follia.
Just Dropped In
Quella che potrebbe sembrare una trama fin troppo semplice e anche un po’ assurda diventa per i diabolici fratelli Coen il pretesto ideale per firmare l’ennesimo capitolo del loro cinema caratterizzato da situazioni grottesche e tragicomiche, popolate da personaggi bizzarri e tendenzialmente mossi dall’idiozia. Un mondo in cui il pigro e simpatico “Drugo” ne è il paladino ideale con il suo stile di vita spensierato e la mentalità rilassata.
“Il grande Lebowski” è uno dei film più divertenti e, allo stesso tempo, scatenati dei registi di “Fargo” e trova proprio nella sua galleria di caratteri sempre in bilico tra il ridicolo e il geniale la sua grande forza, diventando probabilmente anche uno dei ritratti più brillanti dell’America del secolo passato.
Una terra popolata da ottusi fanatici (il Walter interpretato da un magnifico Goodman), individui che non riescono ad imporsi (il povero Donny), magnati del porno che guardano anche troppo al futuro (il Treehorn di Ben Gazzara), banditi nichilisti senza speranze e persino un giocatore di bowling esibizionista e privo di pudore (il Jesus Quintana di John Turturro).
Dead Flowers
“Il grande Lebowski” è tutto questo e molto di più. Un film scritto con l’arguzia tipica di Joel e Ethan Coen, seguiti a ruota dalla splendida fotografia di Roger Deakins e accompagnati da una memorabile colonna sonora che comprende Bob Dylan, Elvis Costello, Kenny Rogers, Nina Simone e altri ancora.
Lontano della atmosfere nere di “Fargo” o a quelle più tragiche di un “Non è un paese per vecchi”, “Il grande Lebowski” rappresenta una di quelle parentesi ironiche eppure perfettamente coerenti del folle universo che è il cinema dei fratelli Coen.
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