Dal prossimo 15 ottobre sarà necessario avere il green pass per entrare in qualsiasi luogo di lavoro, pubblico o privato. Cambia qualcosa per lo smart working? E per quanto ancora si potrà lavorare da remoto? Fonti del governo hanno fatto sapere che “l’assenza del certificato non può dare in automatico diritto al lavoro da remoto”. Lo smart working, in altre parole, non può diventare una scappatoia per chi non intende entrare in possesso del green pass.
Tuttavia, continuano le fonti di Palazzo Chigi, se per esigenze di ufficio il datore di lavoro chiede al lavoratore di lavorare in smart working, il green pass non è richiesto. Il certificato, infatti, non serve per lavorare ma solo per accedere al posto di lavoro.
Per quanto riguarda le aziende private, le regole variano da posto a posto: già prima dell’annuncio del governo sull’obbligo del green pass, alcune avevano deciso di prevedere lo smart working per i dipendenti senza certificazione. Se il datore di lavoro richiede la presenza in sede, però, senza green pass scatta la sospensione o l’aspettativa. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, non è ancora chiaro se i dipendenti senza green pass potranno lavorare da remoto. Probabilmente, in assenza del certificato, non avranno in automatico diritto allo smart working. Il ministro Renato Brunetta ha fatto sapere che nei prossimi giorni, insieme al ministero della Salute, ci sarà la predisposizione “di linee guida per accompagnare nel settore pubblico il passaggio dei controlli e della presenza”.
Le aziende possono disporre il lavoro da remoto per tutti i loro lavoratori fino al 31 dicembre 2021, data che segna la fine dello stato d’emergenza e quindi anche della possibilità dello smart working d’emergenza: fino ad allora, si può disporre il lavoro da remoto senza accordi individuali preventivi, come invece prevede la legge sul lavoro agile (la numero 81 del 2017, che fissa regole, diritti e doveri di azienda e lavoratori).