
Nella filmografia di James Gunn il comun denominatore è sempre stata la rappresentazione dei reietti, degli emarginati che trovano la forza nella ghettizzazione. A partire da Super, passando per quella perla post-punk della Troma Tromeo and Juliet, fino al fantastico remake The Suicide Squad. Ma, ovviamente, saga di Gunn che esprime al meglio di questo concetto è quella dei Guardiani della Galassia. Con questo Guardiani della Galassia vol.3, il regista chiude la trilogia dei migliori film dell’MCU, con un terzo capitolo che si accosta con ragione ai due favolosi precedenti, riproponendone l’anarchia e la follia, in un tributo a quelli che sono tra i migliori film di fantascienza degli ultimi vent’anni.
Guardiani della Galassia Vol.3: nuovi e vecchi rapporti

I nostri Guardiani, dopo gli eventi di Avengers: Endgame, si sono stabiliti sui resti di Ego, creando la loro casa base. Groot è ormai adulto, Peter è sempre distrutto dalla scomparsa di Gamora e Rocket è annoiato dalla routine. Proprio il procione viene inspiegabilmente attaccato dall’arrivo improvviso di Adam Warlock, determinato a catturarlo. Il gruppo riesce a sconfiggere il Soveriano ma non a salvare Rocket, che in fin di vita viene soccorso in extremis. I nostri scoprono che il procione ha dentro di sé un sistema di autodistruzione, disattivabile solo attraverso una password in possesso dell’Alto Evoluzionario, proprio colui che ha creato Rocket Racoon. L’Evoluzionario, interpretato da Chukwudi Iwuji, era proprio colui che aveva inviato Warlock nel tentativo di riavere indietro il procione per sfruttarne l’enorme intelligenza in esperimenti biologici. Guardiani della Galassia vol.3 è quindi una grande missione di salvataggio alla ricerca della password per poter spegnere la bomba dentro Rocket. Un grande viaggio che ci riporta a un tipo di cinecomics marveliano scomparso. Un film nuovo che sa di “vecchio”, ma nella sua accezione positiva. Ed è, per la terza volta, un film anarchico. Forse ancora più degli altri due. Ed è un film che, più dei precedenti, emoziona. Ormai il nostro gruppo è consolidato, coeso. I loro rapporti scavallano l’amicizia e la convenienza. Sono ormai una famiglia e noi spettatori ne facciamo parte. Ed è bellissimo come il protagonista del film sia poi il personaggio che nella narrazione principale non è presente, ovvero Rocket. Perché il film si divide in due narrazioni distinte: quella temporalmente nel presente, con la missione di salvataggio. E quella nel passato di Rocket, che scava nei suoi ricordi cancellati. Sono proprio queste sequenze quelle che ci hanno più emozionato, con James Gunn che riesce a rendere interessante la strana storia d’amore tra un procione e una lontra. E lo stesso Gunn, al timone sia della regia che della sceneggiatura del film, che riesce a dare ancora più spessore al miglior personaggio dell’intero MCU. Perché sarebbe stato semplice usare il Rocket dei primi due film, il caustico e caotico procione killer. Ma la bravura del regista è anche in questo, nella volontà di non adagiarsi come ha fatto il Marvel Cinematic Universe nei propri incassi e successi commerciali. Ma vuole dare linfa nuova sperimentando, mescolando anche generi in un film che rappresenta perfettamente l’anarchia artistica di James Gunn, regista che rende interessante qualunque cosa tocchi.
Un ultimo scanzonato ballo
Gunn saluta i suoi guardiani con un film fantastico. Con dei momenti anche horrorifici che ricordano in parte il suo Slither, sia un body horror alla Cronenberg. Non umano ma animalesco. Messa in scena, musiche e soprattutto le scenografie sono favolosi. A partire dalla base operativa dell’Alto Evoluzionario, che ricorda proprio la creatura finale di Slither, esordio del regista e un gusto trash alla Troma meraviglioso. Lo stesso Evoluzionario è un buon villain, o quantomeno funzionale a ciò che il film vuole trasmettere. Mentre lui vuole creare la creatura perfetta, senza difetti, a vincere sarà sempre chi quei difetti li ha e non ha paura di nasconderli. Anzi, ne fa la propria forza. Condita da una sottile critica animalista e ambientalista, Guardiani della Galassia è l’ultimo grande ballo del miglior gruppo dell’MCU. Tra risate e momenti fantastici, tra momenti emozionanti e tinte horror, Guardiani della Galassia Vol.3 è il canto del cigno del gruppo raffazzonato di James Gunn in un terzo volume che non ci delude ma che, anzi, ci fa amare ancora di più i Guardiani della Galassia.
Alessandro Libianchi
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