Un uomo  colpito da un proiettile.  Il viso per niente sorpreso, mentre con un dito sembra voler indicare al suo assassino il punto esatto in cui dovrebbe essere colpito. Il secondo colpo infatti va a segno.

È Olof Palme, primo ministro svedese, ucciso il 28 febbraio 1986 a Stoccolma mentre esce dal cinema  insieme alla moglie, senza scorta. 

Un delitto rimasto insoluto, in piena guerra fredda, che l’attrice e drammaturga Gemma Carbone porta in scena con Gul-Uno sparo nel buio, firmando la sceneggiatura insieme a Giancarlo De Cataldo, autore di Romanzo Criminale e del quale lei e  Cantieri Teatrali Koreja avevano già recitato  Acido Fenico. Il teatro Rasi di Ravenna, nell’ambito del festival GialloLunaNeroNotte,  ha ospitato ieri sera lo spettacolo in cui la Carbone interpreta cinque diversi personaggi implicati nella vicenda.

GUL (PHOTO CREDITS FRANCESCA FIORELLA)

Hanna, la poliziotta che indaga sull’omicidio, Lisbet Palme, la moglie e unica testimone che riconosce l’omicida ma non viene creduta. Il presunto assassino Christer Petterson, rilasciato per insufficienza di prove. Poi uno dei mandanti.  Infine lui, Olof Palme. Bionda, filiforme, androgina, Gemma è intensa soprattutto nel dar voce all’angoscia e al senso di impotenza di chi è stata a fianco di un politico scomodo. 

Lo sgomento e il dispetto di fronte a quell’ultimo gesto di gentilezza del marito di fronte al suo assassino, quasi a volerlo facilitare a svolgere il suo compito. E allo spettatore sembra proprio di vederlo, mentre lei racconta di come lo ha visto morire, con quella tranquillità innaturale. 

GUL (PHOTO CREDITS FRANCESCA FIORELLA)

La luce gialla e le musiche di Harriet Ohlsson riempiono un palco che per tutta la durata sembra troppo vuoto. Il senso di frustrazione di un’attesa per risposte che non sono mai arrivate. Tante le ipotesi sul delitto Palme, socialdemocratico e convinto sostenitore dello Stato in grado di garantire il welfare, critico tanto verso il capitalismo occidentale quanto verso i totalitarismi. Incaricato dall’Onu di mediare nel conflitto tra Iran e Iraq, ne scopre i retroscena più inquietanti.  Denuncia il traffico di armi illegale da parte dei paesi europei, Svezia compresa.

Tra le piste battute, una in particolare, che tocca proprio l’Italia e la loggia massonica P2 di Licio Gelli, il maestro venerabile che pochi giorni prima della morte dello statista avrebbe inviato un messaggio ad un repubblicano statunitense,  “La palma svedese sarà abbattuta”. Un’ enigma della storia dimenticato in fretta, che come ha detto la Carbone in un’intervista, forse solo il teatro, paradossalmente, ci può restituire come fatto reale e concreto, in un mondo bersagliato da un’informazione pervasiva e ossessiva ma spesso inconcludente.

Anna Cavallo