“Hammamet”: Pierfrancesco Favino sull’uomo Craxi nel mosaico ameliano

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Di Redazione Metropolitan

Il film di Gianni AmelioHammamet“, in onda questa sera su Rai Movie, è un grandioso mosaico, perché sa costruire con estrema pazienza, tessera per tessera, “l’umanità difficile” di Bettino Craxi, il suo carattere, l’amarezza dei suoi ultimi giorni. Una pellicola che ha fatto parlare tanto e ha diviso sulla puntuale e mimetica interpretazione di un grande Pierfrancesco Favino e una narrazione che non convince del tutto. Una rottura sancita, forse, dalle dimensioni dell’impresa di realizzare il racconto di un personaggio politico italiano di quel calibro.

Hammamet” parla della vita, quando si avvicina la fine ed inizia il momento dei bilanci. E tutto è mosso da ricordi, da rimpianti, da desideri, da nostalgie, da voglia di tramandare qualcosa di se, dalla consapevolezza che il prezzo da pagare per aver soddisfatto le proprie ambizioni, spesso, è il disprezzo di chi non è riuscito a soddisfare le proprie.

Un bilancio tra soddisfazione e delusione che parla di un uomo prima che di un personaggio politico. Questo l’intento di Amelio: “Io ho fatto un film che è chiaramente un film metaforico sul potere e non credo assolutamente a chi mi dice che manca la politica. Manca la cronaca, quella che si consuma nell’arco di un giorno. Io avrei potuto prendere migliaia di giornali […], non l’ho fatto perché non mi sembrava un’operazione utile. […] La cosa bella del cinema è anche l’emozione che ti danno i silenzi, i misteri, le domande alle quali solo tu spettatore puoi dare risposta”.

Pierfrancesco Favino e l'”umanità difficile” e vorace di Craxi in “Hammamet”

Questo film sceglie deliberatamente di parlare del lato umano di Craxi. La famiglia, il rapporto con la figlia, la malattia, la paura di perdere il potere. Così l’esperienza di Favino attore, entra nella costruzione dell’Io del sottosegretario del partito socialista italiano, caratterizzato da una grande voracità. Una voracità verso il cibo che diviene pretesto narrativo ma anche simbolo della storia “dell’autodistruzione di un ego smisurato”. Nonostante il diabete e i problemi fisici, vediamo, infatti, il Craxi interpretato da Pierfrancesco Favino, pescare avidamente dai piatti degli altri e mangiare dolci di nascosto. Ma una voracità nei confronti della vita in generale, spogliandolo dell’identità politica per rintracciare il lato più intimo dell’uomo dietro al mito.

Ci sono degli aspetti dell’uomo Craxi con i quali ho empatizzato.” Rivela Favino in un’intervista a ComingSoon. “L’aspetto di padre, l’aspetto di uomo appassionato del suo mestiere, l’aspetto di sincera attenzione nei confronti di alcuni lati dell’umanità “. L’attore indossa una maschera ma si spoglia di ogni trucco per rintracciare l’umanità del personaggio. “Io in quel contesto non sono Craxi e non sono nemmeno Favino, me stesso, come sono nella vita di tutti i giorni. E credo anche che questo sia proprio uno degli aspetti più interessanti, nel senso che lo stupore del vero dura il tempo che ci metti ad abituarti, quei cinque minuti necessari, come spettatore, per dire: “Ok, questo è Craxi”.

“La fatica più grande, anzi le fatiche più grandi, è stata proprio misurarmi con la dimensione dell’uomo, del leader politico, con il suo mondo interiore. Certo è che, a un certo punto, nel percorso di trucco che durava in media cinque ore al giorno ed era fatto dell’applicazione di undici accessori prostetici, era come se iniziasse un rituale di trasformazione”.

Arianna Panieri

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