Quando ‘Fonzie‘ Fonzarelli si passava una mano tra i capelli, lo faceva con classe da vendere. Sarà stato il pettine a ‘serramanico’, affilato compagno di tasca. Poi accarezzava l’onda di brillantina all’indietro con la mano, e la schiena e le gambe seguivano il gesto inclinandosi. Le ragazze accorrevano a lui con uno schiocco di dita, che diventavano pugno per far partire il jukebox, come solo lui sapeva fare. E un disco rotto era la sigla di “Happy days“, che poteva suonare all’infinito, ma senza stancare, con le giravolte di gonne lunghe anni ’50. “Questi giorni sono tutto, Felici e Liberi“, recitava la canzone. Lo furono davvero grazie a Henry Winkler, per gli amici Fonzie.
“Non sono un sognatore, sono uno che viene sognato“. Modesto, Arthur detto Fonzie. Ha dettato la moda in quegli anni; eri giovane e avvenente se ti sentivi come lui. Una ginocchiata e la bibita scendeva dal distributore rosso, un pollice su ed uno giù, il suo responso, e tutto era sintetizzabile in un ‘Heeey’. L’ultima puntata della sitcom creata da Gary Marshall andava in onda nel 1984, dieci anni dopo il suo debutto. Ma il mito di quel ragazzo attempato, ma tutta saggezza, non è mai tramontato. “Se i padri capissero qualcosa di donne sarebbero ancora scapoli“. Una delle sue massime che hanno fatto scuola.
Lo chiamavano Fonzarelli
Oggi, dopo esser stato attore, produttore, regista, Henry Winkler scrive favole per bambini: la fortunata serie di libri che ha per protagonista Hank Zipzer, un ragazzino di nove anni affetto da dislessia, come fu per l’autore stesso. Arrivò negli Stati Uniti, figlio di due immigrati tedeschi di origine ebraica, a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Recitò in “Crazy Joe” di Carlo Lizzani, la storia del gangster Joe Gallo, mentre continuava a girare “Happy Days – La banda dei fiori di pesco“. Regista di “Alla scoperta di papà” (1988) con Billy Crystal, dove comicamente un figlio cerca di far pace con il genitore re delle comparse ad Hollywood, e di “Un piedipiatti e mezzo” (1993) con Burt Reynolds, in cui un ragazzino che ha assistito ad un omicidio, pretende manette e distintivo per collaborare con un poliziotto.
Era terrorizzato Henry Winkler, quando doveva girare le scene in moto per Arthur Fonzie, sempre a cavallo di un bolide. L’attore, non sapeva guidare e utilizzava una piattaforma trainata da un camioncino, su cui adagiava sopra anche la famosa Triumph Tr5 del 1949, venduta all’asta per 159,300 euro. “Com’è la tua ragazza perfetta, Fonzie? – 105-52-93…..su una Harley Davidson!”. La battuta del telefilm, a quanto pare solo ‘recitazione’, se si pensa che la troupe stessa doveva spingere lui sulla motocicletta. Per creare il personaggio di Happy Days, Henry s’era ispirato a Silvester Stallone, con il quale aveva lavorato anni prima. È stato addirittura coniato, un termine specifico: la sindrome di Fonzie, con cui si indica il successo inaspettato e non programmato di un personaggio secondario, arrivato alla ribalta.
Henry Winkler, anni ruggenti
Anche John Lennon si recò sul set di Happy Days; celebre la foto che immortala il gruppo. Gli occhialini neri del Beatle più famoso al mondo, il giubbotto di pelle, bianco per l’occasione, del controcorrente, ribelle, più in voga. Maestro di fascino, certamente non abbottonato, con quella ‘seconda pelle’ strizzata addosso, must per generazioni a venire. Lui, il punto di riferimento di ‘Sottiletta‘, il faro di ‘Richie Cunningham‘, il consiglio per tutti che trovavano anche di notte. Ancora oggi Henry Winkler, conserva una delle giacche utilizzate nelle riprese, reperto unico, quotato e introvabile. La indossa tutt’ora, con i capelli e barba bianchi. Nulla è cambiato. Forse, avrà ancora paura al rombo di una moto.
Federica De Candia. Seguici sempre su MMI e Metropolitan Cinema!