Quando un Paese naviga in cattive acque, il governo tecnico rappresenta una panacea. L’idea che una persona estranea alla politica ma competenze tecniche certificate possa dirigere uno Stato, infonde fiducia. Ma la Storia insegna che non sempre a un buon tecnico si associa un buon operato, anzi, spesso questi esperti hanno creato dei danni irreparabili.
I governi tecnici sono antipopolari e reazionari
Palmiro Togliatti, leader storico del Partito Comunista, giudicava i governi tecnici come antipopolari e reazionari. In effetti, in passato è accaduto che il popolo non ritenesse legittime le decisioni prese da questi esperti. Come è possibile sentirsi rappresentati da un governo che non è stato votato da noi? Benché abbiano delle competenze certificate da titoli di studio, i tecnici nella maggior parte dei casi non sono in grado di assumere decisioni politiche.
Esemplare la riforma pensionistica del governo Monti, con la quale, tutto il peso delle pensioni veniva scaricato sui giovani. Del resto, l’idea di opporsi alle volontà dei sindacati dei pensionati era tutto fuorché attraente, molto meglio risolvere i problemi del presente rimandandoli al futuro. Peccato che la decisione dell’esecutivo a cui faceva capo Monti, da cui nacque la Legge Fornero, fu il detonatore per una serie di deterioramenti politici che si verificarono in seguito. Siccome la responsabilità del provvedimento non ricadeva sui politici, essi si sentirono autorizzati a inaugurare una feroce campagna elettorale. Esemplare l’escalation del Movimento Cinque Stelle, che registrò un successo senza precedenti. Il presente però, mostra come il destino si sia fatto beffa di tale gruppo. Dal Vaffanculo-Day del 2007 a oggi, la situazione si è ribaltata. In tale ricorrenza dal nome tutt’altro che elegante, l’obiettivo era quello di ricordare tutti i disastri della politica. È un dispiacere vedere che l’esperienza parlamentare del M5S si stia rivelando anche peggiore di quella di certi partiti bersagliati dalle volgari battute di Beppe Grillo.
Comunque, l’obiettivo non era quello di accanirsi sul governo Monti, poi se ne sono creati altri anche peggiori. Quando si insedia un governo tecnico a Palazzo Chigi, ci si può aspettare di tutto.
Il governo tecnico, un problema che ci riguarda da vicino
Ormai da un anno è in carica l’ennesimo governo tecnico, guidato da Mario Draghi. Già a capo della Banca d’Italia e poi della Banca Centrale Europea, egli vanta solide competenze, derivate dalla formazione accademica e dalla direzione di alcuni dei più grandi istituiti monetari e di credito. Un’esperienza che ci fa tirare un sospiro di sollievo. Infatti, egli sembra essere il miglior tecnico che la Penisola potesse trovare. Chiamato in una situazione di particolare crisi, oltre che economica, anche sanitaria e ovviamente sociale, riscuote un gran consenso nelle case di coloro che non si sono potuti recare nelle urne per votarlo. In questo caso, quindi, la riflessione non ruota intorno al suo operato, quanto al non-operato di tutti i partiti politici italiani. La maggioranza parlamentare è stata incapace di giungere a un compromesso che portasse all’elezione di un premier da far succedere a Giuseppe Conte.
Il nostro panorama politico ci porta a dover decidere, non il migliore, ma il “meno peggio”. Meglio scegliere un governo che affida a tecnici decisioni politiche che non sanno prendere, o un governo di politici incompetenti? Non si sa. Georges Pompidou diceva che ci sono tre modi per andare in rovina. Il più piacevole sono le donne; il più celere è il gioco, ma il più sicuro sono i tecnici.
Michela Foglia
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