Ieri sera al Romaeuropa Festival si è tenuta la prima nazionale dell’opera I listen (you) see di Hamdi Dridi. L’opera è stata dedicata dal coreografo a suo padre, operaio tunisino, che morì nel 2014.

Lo spettacolo

I listen (you) see è un’opera totalmente non convenzionale. L’autore mira a ricreare i movimenti degli operai attraverso stili quali hip hop, rock e contemporaneo. Dunque lo spettacolo è costituito da una danza non danza che contribuisce a creare l’atmosfera del lavoro operaio.

Dall’inizio alla fine I listen (you) see si rivela un’opera atipica e per questo geniale. I tre ballerini che manterranno la scena per l’intera durata dello spettacolo, 45′, accolgono il pubblico ballando. Quando tutti hanno preso posto la musica hip hop si abbassa e le luci calano.

I listen (you) see – Photo Credit: Vimeo

I protagonisti sono vestiti con tute da lavoro e iniziano a muoversi su battiti cadenzati che non si tramutano quasi mai in una vera e propria musica. Questo è uno dei principali espedienti utilizzati da Dridi per riflettere la realtà del mondo operaio. Da ciò nasce una danza/lavoro dove tutti si muovono in maniera diversa. Nei pochi momenti in cui i movimenti degli artisti sono i medesimi, essi hanno una coordinazione straordinaria, nonostante l’enorme difficoltà generata dall’assenza della musica.

I listen (you) see: il significato dell’opera

I ballerini risultano inscenare una vera e propria giornata lavorativa e sono totalmente immedesimati nei personaggi degli operai, tanto che in diversi momenti dello spettacolo si notano gocce di sudore che fanno percepire la fatica e il dolore di tutte le persone che svolgono un simile lavoro.

Un ‘altro espediente utilizzato da Dridi consiste nell’aver creato una coreografia, nella quale molti movimenti si ripetono: questo fa sì che il pubblico possa rivivere la monotonia del lavoro operaio attraverso la ripetizione.

Alla fine dello spettacolo scende dall’alto una cassa attaccata ad una corda, che i protagonisti fanno ruotare attorno alla sala: la schivano, le girano intorno, in ogni momento si ha l’impressione che la cassa potrebbe staccarsi dalla corda e colpire qualcuna/o tra il pubblico oppure colpire uno dei ballerini. È proprio questa la sensazione che il coreografo voleva ricreare: la percezione della pericolosità a cui ogni persona costretta a svolgere questo lavoro, si sottopone quotidianamente. Inoltre la cassa che ruota e da cui fuoriescono suoni, genera un effetto sonoro di distorsione che coinvolge in maniera sublime l’intero pubblico.

La cassa ruotante in I listen (you) see – Photo Credit: OUTNOW!FESTIVAL

Hamdi Dridi con quest’opera è riuscito ad arginare l’ingente difficoltà nella rappresentazione di questa realtà, una realtà generalmente nascosta, omessa e taciuta. Sofferenza e dolore si trasformano in un’incredibile, tagliente e sottile opera poetica.

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