Il cabaret di Eloisa Macrì: comicità al femminile tra Zelig e teatro classico di una attrice dai mille volti
Incontrare Eloisa è una esperienza sensoriale e intellettuale a tutto tondo: la vedi arrivare altissima, snellissima , bellissima. Poi ti accoglie con una tale gentilezza che ti senti subito a casa con lei. Si respira intelligenza, dagli occhi guizzano mille non detti, si ride molto e si pensa a una velocità supersonica.
MMI: Benvenuta! La prima volta che ti ho visto vestivi i panni di una nonnina molto pungente, dalla ‘s’ bolognese pronunciatissima, brutta, sguaiata e senza peli sulla lingua.. Tutto il tuo contrario!
E.M: Ero La Cesarina !!! È una nonna. Mi sento disinvolta con lei! Posso trasformarmi in un mostro: ho studiato tutti i tutorial sull’ invecchiamento. Mi fa sentire a mio agio. È brutta e antipatica e mi aiuta a rompere il ghiaccio. È un personaggio antico, risalente ai miei primi trascorsi teatrali, quando alla scuola di Galante Garrone facevamo le competizioni al momento di trasformarci nel nostro opposto.
Io ho scelto questa nonnina e mi sono ispirata a una vecchina che girava per Bologna e che quando ti fermava diceva:” Ehi giovane ce l’hai 1 euro?” e se non ce l’avevi con voce tremula borbottava: ”Allora vai ben a cagher!”
MMI: Tu hai fatto tanto teatro. Penso a lavori come “Diversamente donna” e successivamente “ Diversamente bassa”, ad esempio. Nel primo ci sono tre monologhi di diverse tipologie di donna: tre volti, la strega, l’ironica, la mestruata. Ma in genere tu parli un sacco di donne. Perché ?
E.M: Noi siamo tante. La donna non è mai una sola ma una, nessuna e centomila. Siamo mille volti: madri, figlie, sorelle, mogli, amanti. Siamo molto più calate nella alterità.
Nasciamo per due, riferito alla maternità, e siamo naturalmente, geneticamente, predisposte alla relazione e ad adattarci a diversi ruoli a seconda delle situazioni che abbiamo davanti.
Noi donne siamo più trasformiste. Spesso andiamo a compiacere l’altro dovendo interpretare tanti ruoli. Siamo attrici e capaci di capire subito chi abbiamo davanti per via di questa predisposizione innata.
MMI: Eclettismo e talento. Leggo la tua biografia, la tua tesi di laurea , il teatro e poi il Cabaret. Qual è il filo rosso che lega tutte queste tue vite?
E.M: È comico quello che ti dirò forse. Finiti gli studi e la tesi in bioetica mi è stato chiesto di pubblicarla. Così ho pensato di continuare e volevo fare il dottorato. Nel frattempo vivevo a Pisa e mi sono trasferita di nuovo a Bologna dove non sono stata presa per il dottorato e mi sono così buttata per reazione… nel Cabaret! Sembra non ci sia un fil rouge e invece c’è, perché infine io volevo lavorare negli Hospice con i malati terminali e fare qualcosa per gli altri.
Mi fa stare bene far stare bene gli altri. E da sempre la forma migliore per farlo è il volontariato. Il prendersi cura. E attraverso la terapia della Risata tu continui a fare qualcosa per gli altri.
A chi mi ha detto che sono una narcisista che ha preferito andare sul palco rispondo che ogni volta che ci salgo dico “basta questa è l’ultima volta!” Infatti ho sempre una grande paura. Però dopo lo spettacolo quando le persone vengono a ringraziarmi sento che ho raggiunto lo scopo: quello di regalare un pò di felicità se pure effimera e io mi sento felice.
MMI: Tu fai cabaret principalmente, oggi. Ho una curiosità: c’è uno specifico femminile in questo ambito? Cioè la comicità femminile, se si distingue da quella maschile, lo fa in quale modo? Da dove arriva? Penso anche a comiche come la Littizzetto, la Geppi Cucciari…
E.M: Bella domanda! Certo che trovo differenze fra i due generi di comicità. Il 90% della comicità sui : palchi di tutto il mondo è maschile. Per una donna è più difficile far ridere e di solito è una comicità meno volgare. L’umorismo e la comicità femminili a me paiono un pò più sofisticati e raffinati.
L’uomo ha spesso un linguaggio più colorito sebbene ci sia una Littizzetto che in parte si avvicina a questa modalità maschile.
Però ha una cultura che nobilita poi anche le sue espressioni più “forti”, rafforzandone la molteplicità di significato. In generale siamo molto condizionate dal modello maschile. È solo da poco che ci stiamo emancipando. In questo senso è una sfida per me che amo le grandi sfide. In tutto. Ho sempre fatto il contrario di ciò che tutti facevano, opponendomi a ogni moda. A partire dalla scelta del liceo che poteva designare una appartenenza o popolarità nella mia città.
MMI: Diciamo che questa logica del contrario, del rovescio è poi anche lo stigma, l’origine dell’umorismo..
E.M: Infatti! Divergere, divertirsi, fare un’altra strada, fare il contrario.
Ho sempre vissuto così. Non dimentichiamo che siamo poi un mix di femminile e maschile e dal maschile attingo proprio per arrivare a un certo climax di spudoratezza e di disinvoltura.
MMI: Posso pensare che sia uno specifico femminino questo rompere gli argini, l’essere “contro” per emergere. Così come la storia della emancipazione femminile è costellata di un continuo andare contro il mondo, le sue convenzioni, le sue regole, che opprimono la donna da sempre.
E.M : Verissimo . Ma colgo ancora una arretratezza. Siamo molto indietro rispetto a una totale libertà espressiva al femminile. Restiamo vittime della nostra sudditanza: ci vorranno secoli, non c’è parità in primis dentro di noi.
MMI: L’umorismo che tu porti sul palco che ruolo ha nella tua vita?
E.M: Serve a sdrammatizzare.
Però devo dire che anche nella finzione, nella costruzione di un testo comico, c’è qualcosa di drammatico, di non divertente, di frustrante.
Pensare una idea che sembra brillante, provarla e accorgersi che non funziona come pensavi può essere molto frustrante.
Non sono una perfezionista, mi butto! Ho iniziato a scrivere “Diversamente bassa”, un monologo autoironico in cui parlo di tutte le prese in giro subite legate alla mia altezza, per esempio: supero il metro e ottanta! E poi avevo la mamma naturista, che non voleva che mi depilassi, e a scuola mi chiamavano “Peloisa”!!! L’auto ironia è la marcia vincente del Cabaret!
Quando fai ridere di te, fai un servizio al buonumore altrui . Non faccio satira politica per scelta.
Ugualmente ho scritto pochissimo del rapporto uomo-donna perché altrimenti andrei a fare “stand up comedy”, dove c’è questo accanimento delle donne contro gli uomini molto spinto.
È una emancipazione apparente e sopra le righe: le donne che fanno “stand up comedy” si sono appiattite sui modelli maschili di satira cabarettistica.
MMI: Quando hai sentito la tua vocazione teatrale? Quando hai deciso di diventare attrice di teatro e quali sono stati i tuoi modelli di riferimento?
E.M: Ho cominciato per elaborare un vuoto. Per me il teatro è stato salvifico. Ho giocato 13 anni a livello agonistico a pallavolo ma mia madre non voleva, perché temeva trascurassi lo studio. Arrivata in Serie A ho dovuto smettere anche per ragioni di salute poiché mi facevo spesso male.
Così mi sono messa alla ricerca di qualcosa che sublimasse questo vuoto. Vicino casa mia c’era la scuola di teatro Galante Garrone, la stessa che aveva fatto Stefano Accorsi.
Il teatro mi piaceva sin da bambina.
Gli studi al liceo classico e la drammaturgia classica poi mi affascinavano, soprattutto le tragedie di Euripide e Eschilo.
MMI: E da qui per la logica del “rovescio” passi dalla tragedia a fare la commedia e poi arrivi a Zelig!
E.M: Io ho fatto molte scuole di teatro. Avevo iniziato con il Teatro dell’Ascolto e poi il teatro San Martino con Tanino De Rosa. Con lui ho lavorato e fatto spettacoli per molto tempo fra cui degli Amleto sperimentali e leggende metropolitane.
Dopo la Galante Garrone io arrivo al Zelig teatro dove sono passati tutti i comici più famosi di questi anni.
Ho fatto la presentatrice . Poi ho lavorato un pò in TV a La9 a Padova. Ho avuto anche ritorni di fiamma per il teatro classico, per Pirandello, per Shakespeare. A Bologna dopo la laurea ho debuttato in “Diversamente bassa” a cui ho dato un seguito con “Diversamente donna”.
Appena dopo il debutto scopro che c’era un provino al laboratorio Zelig: ho preso un pezzetto del mio ultimo spettacolo e qui ho conosciuto Rino Ceronte di Zelig. Un comico famoso per le interviste doppie, che mi ha chiesto di fargli da partner per brevi performance in tutta Italia.
Due anni fa approdo allo Zelig di Milano : mi prendono a fare uno spettacolo al femminile “Donne moderne” , che porto in scena per un anno.
MMI: C’è qualche incontro speciale legato a questa esperienza nel tempio della comicità?
E.M: Sì, una amicizia molto bella che dura ancora oggi.
Una cantante attrice che viene dal teatro. fcciamo anche yoga al telefono insieme: quando ero a Los Angeles ci davamo appuntamento al telefono dovendo calcolare il fuso orario.
In generale è stata una esperienza dove ho respirato anche molta ansia e competizione, cose che non mi sono congeniali ma Zelig Milano indubbiamente mi ha aperto molte porte e ne sono grata!
Essere donna nel mondo dello spettacolo comporta oneri, onori e qualche inciampo: mi riferisco ai sexual gate di questi ultimi mesi che hanno riempito i giornali di tutto il mondo. Il femminile finalmente alza la testa e prova a denunciare, a raccontare. Tu hai avuto riscontri di questo triste aspetto?
Io l’ho vissuto proprio sulla mia pelle e sono cose che vanno dette e non si può più fingere. Sono andata a fare un provino in RAI, pensando a un alto livello di professionalità. Avevo una dizione perfetta, ho fatto un vero esame con tanto di improvvisazioni.
MMI: Alla fine però è arrivata la classica richiesta: ”Fai qualcosa che mi stupisca…”
E.M: Io gli ho fatto una verticale sulla testa …Si è messo a ridere e mi ha detto senza mezzi termini: “Sai cosa ha fatto quella che c’era prima di te?” Prova a immaginare , Asia Argento ce lo ha raccontato!
Poi ha continuato dicendomi di aver puntato subito su di me. Per questo mi aveva tenuto per ultima, sottolineando tranquillo come per andare avanti in questi provini era necessario cenare insieme per parlarne e poi andare ad una festa con massaggi. Ricordo di aver risposto che non era per me e dovevo tornare a Bologna e lui mi ha liquidato lapidario: “ Non credo che ti ricontatteremo”.
MMI: Non commento ma sono d’accordo è ora di parlarne apertamente. Che futuro vedi per te nel cabaret e nel cabaret in generale?
E.M: L’arte in ogni sua forma ed espressione è il rispecchiamento della epoca che rappresenta. L’impoverimento culturale ci ha condotto ad essere nel panorama europeo l’ultimo paese per comprensione di un testo scritto.
La conseguenza è un abbassamento dei contenuti, anche di chi fa spettacolo.
In questo il cabaret non fa eccezione e non ho problemi a dire che si è imbarbarito rispetto a un più glorioso passato,.
MMI: Cosa stai facendo e cosa prevedi di fare prossimamente?
E.M: Sto preparando un nuovo spettacolo e scrivendo nuovi pezzi. Sto studiando anche nuove forme di coinvolgimento del pubblico perché mi piace molto portare qualcuno dalla platea sul palco. Si tratta di una serie di sketch di cabaret che farò insieme a una collega attrice del laboratorio Zelig, Giulia Lorenzelli. Si chiamerà La Bella e la Bestia e la prima è il 9 Febbraio a Bologna al Teatro degli Angeli.
Poi avremo degli ospiti, tra cui una coppia che propone degli interventi surreali e la cui comicità è di alto livello.
Vorrei tenere alto il livello del cabaret ma nello stesso tempo mi piace e amo sollecitare anche la risata di pancia! È bello ridere con la testa perché poi te lo ricordi, mentre ridere di pancia può lasciare meno tracce e non far pensare troppo, anche se è immediato il divertimento.
Per questo amo mixare con un personaggio come La Cesarina, che è molto nazionalpopolare: lei parla di Toys Boys, di Viagra, di cose pop e lei apre anche questo spettacolo come tutti i miei. Devo dirti che più mi trasformo più mi allontano dalle mie paure, da me stessa. C’è un meccanismo mentale per cui puoi dire a te stessa “è colpa sua, non ero mica io” .
MMI: Quindi è una proiezione di te sul personaggio. Cosa hai proiettato su Cesarina?
E.M: La parte che spesso devo tenere a bada!Attraverso di lei posso tirarla fuori. Cesarina dice quello che pensa, laddove non si può normalmente fare.
Lei è la mia nave rompighiaccio, lei entra e manda a quel paese tutti subito.
Quindi è un personaggio liberatorio. Con lei crolla la tensione.
MMI: E Cesarina in questo momento chi manderebbe a quel paese?
I maschi con i deliri di onnipotenza!
MMI: A proposito del femminile nello spettacolo che ruolo hanno le tue caratteristiche fisiche: sappiamo tutti che sei una donna bellissima, altissima, un metro e ottantrè! Queste caratteristiche così particolari ti hanno dato più gioie ho più dolori?
E.M: Mi hanno solo ostacolata! Nel teatro classico ero troppo alta: non si è mai vista una Giulietta più alta di un Romeo! Nel cabaret ancora peggio. Ho vinto diversi premi, però tutti inizialmente mi dicevano: “Cosa pensi di fare con quella altezza? Non sei credibile, ti guarderanno come una bella donna, ma non sei credibile per far ridere”
Ed è per questo che la Cesarina è efficace. Ho imparato ad imbruttirmi così mi ascoltano!
Ti racconto questo altro aneddoto: ho fatto uno stage dove partecipava anche Margherita Buy, con Giovanni Veronesi. Su centinaia di aspiranti siamo passati in 30.
Giovanni Veronesi mi ha presentato in modo davvero bello agli altri stagisti. Disse che forse molti pensavano che ero la classica bellezza che si era messa in testa di fare l’attrice. Invece ero davvero molto brava per lui.
Così gli ho chiesto, “Se sono così brava prendimi nel tuo prossimo film” e lui mi ha risposto : “ Ah no, sei troppo alta”!
MMI: Ti voglio salutare così : dimmi la domanda che nessuno ti ha mai fatto e che avresti sempre voluto ti fosse rivolta.
E.M: Quali rinunce hai dovuto fare per intraprendere questo cammino votato all’arte?
…MMI: e che risposta darai a questa domanda?
E.M: Nessuna! Lascio tutti in sospeso, così sarai costretta a farmi una nuova intervista, quando tornerò da Los Angeles!!!!
di Giulia La Face
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