A Constitucion (Buenos Aires), gli addetti al mantenimento della pulizia della stazione erano intenti a rimuovere i manifesti che riportavano la campagna “Donde està Santiago Maldonado?”. Alla richiesta di informazioni sul perché della rimozione, la risposta è stata “ordini superiori”.
Era il 1 agosto 2017 quando Santiago Maldonado, attivista in difesa della popolazione Mapuche della Patagonia, è stato dichiarato Desaparecido.
L’artigiano argentino protestava a sostegno della Resistenza Ancestrale Mapuche (RAM) in difesa delle terre a nord-est di Chubut, nella Patagonia Argentina. A seguito allo sgombero dell’area da parte della Gendarmeria Nazionale Argentina, scaturì un inseguimento che diresse i manifestanti all’interno dei campi della comunità ove furono impiegate ami da fuoco. Fu durante l’inseguimento che l’attivista scomparve. La Procura di Esquel (Chubut) ritiene di annoverare il caso Maldonado nel girone delle “sparizioni forzate”.
Dal quel 1 Agosto fino al 18 Ottobre, in cui il corpo è stato ritrovato in un fiume nella stessa città di Chuput, l’Argentina ha visto la nascita di un movimento “Donde està Santiago Maldonado?” e un aumento delle proteste nazionali e internazionali. Al contrario la stampa ufficiale e il mainstream hanno preferito il silenzio stampa. Sarà perché in vista ci sono le elezioni di medio termine del 22 Ottobre?
Nonostante le forze dell’ordine argentine abbiano smentito la detenzione o qualsivoglia coinvolgimento nel caso, la popolazione locale sembra non essere concorde. Anzi, le responsabilità della scomparsa sono attribuite proprio ai maggiori esponenti dell’establishment politico argentino, compreso il Presidente Macri e la Multinazionale italiana Benetton che proprio in quelle terre ancestrali ha degli interessi commerciali.
Fatto sta che il 18 Ottobre il corpo di Maldonado è stato ritrovato a 300 metri a monte di Pu Lof. Nonostante in questi mesi il Rio Chubut sia stato dragato con minuzia sia dai sommozzatori che dalla Prefettura Navale, il corpo si trovava li. Eppure, fino a tre giorni prima non c’era.
Che lo abbiano riportato sulla scena del crimine in seguito a pressioni internazionali e interne, e di importanti realtà per i diritti umani, si domandano il premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel e la famiglia di Maldonado. E l’Argentina ancora ricorda le trentamila persone scomparse durante la Dittatura Videla.
Sembra che all’attuale Presidente Macri potrebbe costare caro questo suo scarso impegno nella risoluzione del caso. Molte delle realtà politiche interne al Paese ritengono il Presidente responsabile. Soprattutto le opposizioni sono intervenute su Twitter e sui canali televisivi nazionali, esprimendo solidarietà e richiedendo un intervento chiarificatore su quanto accaduto a Maldonado.
José Luis Gioja, Presidente del Partido Justicialista, nell’esigere spiegazioni difatti, ha dichiarato la necessità di chiarire la posizione del Governo in relazione alla sparizione del giovane artigiano e nel caso vi fossero delle responsabilità, ne richiede la rinuncia all’esercizio delle funzioni politiche.
Tramite un comunicato siglato da alcuni componenti del blocco dei deputati nazionali del Movimento Evita, è stato richiesto un confronto pubblico con il Congresso e la rinuncia al ministero della ministra Bullrich.
Ancora più dura la Presidente Carlotto di Abuleas de Plaza de Mayo che sul canale C5N definisce il caso Maldonado “come la morte dello Stato e della democrazia”.
Dal canto suo infatti il Governo Macri non ha fatto nulla se non depistare le indagini a suo favore addirittura tentando di screditare l’immagine del giovane attivista agli occhi della popolazione, che però non ha ceduto alle menzogne.
Nondimeno la posizione della Ministra per la Difesa Patricia Bullrich sembra essere delle migliori, in quanto aveva cercato di incolpare gli attivisti e aveva assegnato alla Gendarmeria Nazionale, la conduzione delle indagini.
In ogni caso, per attendere i risultati dell’autopsia dovranno passare almeno quindici giorni. La certezza che si tratti di Maldonado viene dal rinvenimento del documento di identità e dai tatuaggi. A seguito di 12 ore di autopsia preliminare non sono state riscontrate lesioni esterne. Sembrerebbe essere morto per annegamento, fatto riscontrabile eventualmente dalla morfologia del fiume.
L’unico che sembra voler far luce sul caso sembra essere proprio il giudice Lleral, appartenente al Gruppo argentino di antropologia forense, ONG che negli ultimi anni è riuscita ad identificare i resti dei desaparecidos sotto la Dittatura di Videla. L’autopsia si volgerà praticamente a porte chiuse senza telefoni cellulari, ma con la presenza di due macchine da ripresa una fissa e una mobile affinché tutto venga registrato nella più totale trasparenza e senza che vi sia alcuna fuga di notizie.
Tre giorni prima delle elezioni mid-term argentine, per il ricambio del 50 per cento del parlamento, il Paese sembra comunque avere le idee chiare. Già dal primo turno, nonostante la campagna elettorale intrisa di tensione, vede come favorito il ritorno della ex presidente Cristina Kirchner nelle due provincie principali, Buenos Aires e Santa Fe (con il 40 per cento degli elettori).
La tensione sale. Da una parte la Kirchner, candidata di Cambiemos al Senato di Buenos Aires incita la popolazione a pretendere giustizia e rivendicazioni delle sue politiche distrutte in soli 18 mesi di governo Macri. Dall’altra la “scommessa” con il suo rivale Esteban Bullrich sul fatto che i signori Peron, ormai defunti, avrebbero appoggiato una o l’altra parte.
Bene, chi conosce la storia politica dell’Argentina nulla può pretendere se non che venga fatta giustizia per le sue genti, e soprattutto per sue terre continuamente minacciate da interessi di Paesi stranieri che auspicano a sfruttarne le risorse. A volte si vince, a volte no. Fatto sta che le elezioni sono domani e la popolazione argentina sa bene su quale nome apporre la crocetta di preferenza.
Annalisa Maddocco