Il culto della Dea Fides sopraggiunge intorno al III secolo a.C. Tuttavia, fu il re Numa Pompilio a stabilirne la venerazione. Nel nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, una divinità antica e fondamentale per gli imperatori che, celebrandola, aspiravano alla fides militum: la lealtà dei soldati.

Dea Fides, un’antica virtù in veste di divinità

Dea Fides - Credits: ilprimatonazionale.it
Credits: ilprimatonazionale.it

Fra le più antiche virtù in veste di Dea onorata a Roma, nota anche come Fides Publica o Fides Publica Populi Romani, la Dea romana Fides simboleggiava la lealtà. Nell’Urbe si celebrava, soprattutto, la fedeltà del cittadino civile o militare verso Roma e la sua struttura gerarchica e legislativa. Qualsiasi tipo di giuramento esplicato nel nome della Dea Fides, era da considerarsi inviolabile. Le prime notizie circa la sua venerazione si hanno nel III secolo a.C. quando, sul Campidoglio, le si dedica un tempio per opera del console Aulo Atilio Calatino; generale romano che, precedentemente, prese parte alla Prima guerra punica. Alcune ipotesi sostengono che il tempio si ergeva su alcune rovine di un edificio precedente dedicato, ugualmente, alla Dea medesima.

L’informazione che determina quanto il suo fosse un culto arcaico è la posizione del tempio che eretto in suo onore. Pare, infatti, che fronteggiasse quello di Giove; a tal proposito, si evince come la venerazione di questa divinità assuma un’importanza rilevante nella civiltà del tempo. Si considerava la Dea come un aspetto del Dio Giove e, quindi, sottoposta alla sua supremazia. Giove operava nell’ambito di Giove Fidio come simbolo e garante dei confini e degli accordi fra i popoli. Secondo la tradizione il suo culto si stabilisce grazie al re Numa Pompilio, secondo re di Roma, attorno al 754 a.C. Nel tempio, situato sul Campidoglio, si custodivano i trattati stipulati dal Senato con i regni stranieri, un’azione volta a propiziare la protezione e l’aiuto di Fides.

Iconografia

La Dea Fides era rappresentata come un’anziana canuta, molto più vecchia dello stesso Giove. La scelta di raffigurare la divinità come una donna dai capelli bianchi e in età avanzata, indicava quanto effettivamente la sua figura personificasse un culto molto antico ma simboleggiasse anche la saggezza; da anziana guidava il suo popolo facendo rispettare le leggi e le regole, punendo invece chi era sleale o infedele. Altre volte era rappresentata come una donna dall’aspetto giovanile col capo coronato d’alloro: quest’immagine appariva in una moneta di Licinius Nerva, governatore della Macedonia. Altre rappresentazioni facevano figurare la Dea Fides con il capo cinto da spighe e papaveri con accanto un cestino o una cornucopia.

Dea Fides, riti e sacrifici

I riti legati alla Dea Fides prevedevano che i Flamines Maiores si recassero al tempio su una biga coperta e trainata da due animali, offrendo sacrifici con la mano destra avvolta all’interno di un panno bianco. Il rito avveniva il primo d’ottobre. Erano i Flamini maggiori a recarsi al tempio, nello specifico, i sacerdoti di Giove, Marte e Quirino. La scelta di coprire la mano desta non è un caso: la destra, infatti, si considerava come simbolo di fedeltà e lealtà, quindi consacrata alla Dea Fides mentre il colore bianco del guanto era garante di purezza e onestà. Il culto della Dea Fides fu poi dimenticato per buona parte del I sec. a.C. Successivamente, Augusto lo ripristinò in quanto molto legato ai culti arcaici. La sua importanza si estese soprattutto fra gli imperatori poiché vollero assicurarsi la fides militum, ovvero, la lealtà dei soldati tramite le celebrazioni in onore alla dea.

Stella Grillo

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