La tragica storia di Annia Regilla, moglie di Erode Attico, è il primo caso di femminicidio nella storia. Un’uccisione che a distanza di secoli ricorda come nella società nulla sia cambiato, e che se non si agisce su un’educazione mirata e sulla distruzione di un sistema patriarcale ormai cristallizzato nulla cambierà.
Annia Regilla, la protagonista del primo tragico femminicidio della storia
Appia Annia Regilla, moglie di Erode Attico, era una nobildonna e sacerdotessa di Demetra stabilitasi in Grecia con il marito. La sua è una storia emblematica per comprendere la condizione delle donne nella Roma Imperiale; ma, soprattutto, questa vicenda fa sovvenire parallelismi con altre tragiche morti attuali di donne vittime di violenza. Annia Regilla era incinta di otto mesi quando è barbaramente uccisa da un liberto, si pensa su ordine di Erode. La sua è quindi la storia di un femminicidio mai risolto, che lascia tanti punti di domanda e punti in comune con storie più recenti. Erode, dopo la morte Annia Regilla, è poi assolto grazie a una speciale protezione di cui godeva: quella dell’imperatore Marco Aurelio.
Quello che si sa, nella ricostruzione storica della vicenda, è che Annia non era una donna qualunque; nata nel 125 d.C., durante il regno dell’imperatore Adriano, apparteneva a una dinastia aristocratica fra le più importanti dell’antica Roma; era, quindi, una donna privilegiata anche perché vantava legami con la famiglia imperiale da parte di madre, imparentata con Faustina Maggiore futura moglie dell’imperatore Antonino Pio. Per sottolineare una condizione altolocata, in un mondo intriso di cultura patriarcale come quello dell’antica Roma dove le donne erano rilegate a un ruolo ai margini, la storica Sarah B.Pomeroy nel libro L’assassinio di Regilla. Storia di una donna, del suo matrimonio e del tempo in cui visse (Laterza), afferma:
«Il nome “Regilla” indica la discendenza dalla famiglia degli Annii Regilli e significa “reginetta”, e proprio come una piccola regina fu trattata sin dal suo primo giorno di vita».
Nonostante tutto facesse presagire attenzioni e accortezze, Annia Regilla dalla sua condizione di donna privilegiata in una realtà discriminante come quella della Roma Antica, passa alla condizione di vittima; la prima in assoluto nei casi di femminicidio.
Le nozze combinate con Erode Attico
Annia Regilla convola a nozze con Erode Attico ad appena 14 anni. Nonostante discendesse da una nobile casata, era comunque una donna: non poteva scegliere chi sposare o amare, scelta che era deputata al padre della figlia femmina, consuetudine di ogni società patriarcale. Erode aveva 40 anni, era uomo di origini greche nonché un intellettuale e retore molto affermato al tempo; precettore di Marco Aurelio e Lucio Vero, Erode era anche un uomo molto ricco. Il matrimonio con Annia Regilla serviva a far sì che Erode Attico potesse allearsi con un’antica famiglia romana di alto lignaggio ma, soprattutto, l’idea era quella di togliersi di dosso la sua etichetta di graeculus, integrandosi in questo modo nella società dell‘Antica Roma.
Le nozze tra Regilla ed Erode si celebrano a Roma nel 140. Per una donna romana proveniente da una classe aristocratica convolare a nozze con uno straniero significava trasferirsi nella casa natale del marito; tuttavia l’unione di Regilla pare fosse ”sine manu”, ovvero la donna secondo questa postilla continuava a essere soggetta alla patria potestas del padre. Sembra che Erode fosse un uomo abbastanza brutale: collerico, violento e anche misogino. Il precettore e funzionario dell’Impero Romano, infatti, non aveva un rapporto idilliaco con le donne.
La repulsione nei confronti dell’universo femminile si manifesta fin da subito; nel 141 Annia Regilla mette al mondo il primo figlio che muore poco tempo dopo. Nel 142 nasce una bambina, Elpinice; la nascita della bimba coincide con il trasferimento della coppia in Grecia dove per Annia Regilla inizia una vera e propria prigionia in una terra non sua e con un marito violento. Nonostante le dimore lussuose in cui i due coniugi risiedevano la società da cui Annia Regilla era circondata considerava la donna in un modo ancor più ai margini.
Annia Regilla, la morte all’ottavo mese di gravidanza picchiata da Alcimedonte per volere di Erode Attico
Nonostante gli incarichi sacerdotali e i riconoscimenti pubblici per le sue opere di beneficienza, la vita coniugale di Annia si reggeva in modo claudicante; un filo reciso a soli 35 anni, quando muore all’ottavo mese di gravidanza. Le circostanze della morte di Regilla, avvenuta nel 160, sono state narrate da Filostrato. Secondo tale fonte, Regilla era all’ottavo mese di gravidanza in attesa del sesto figlio quando è violentemente picchiata da un liberto del marito, Alcimedonte, che la colpisce brutalmente al ventre facendola abortire e, di lì a poco, spirare. Sarà Bradua, fratello di Annia Regilla, ad accusare Erode per la morte della sorella trascinandolo in tribunale. Lo scrittore greco antico Filostrato, nativo di Lemno, scriverà a riguardo:
«Per futili motivi, ordinò al suo liberto Alcimedonte di picchiarla. Colpita al ventre, la donna abortì e morì».
La notizia dell’assassinio di Annia Regilla giunge fino a Roma e la risonanza è enorme: Bradua è l’unico a cercare e volere giustizia per la sorella. Patrizio rispettato, convinto della colpevolezza di Erode Attico, lo accusa senza remore di omicidio. Erode e Bardua si erano presentati in tribunale, al cospetto dei senatori. Riuniti a Roma, secondo la prassi, dovevano ascoltare accusa e difesa che erano state esposte direttamente da Bradua ed Erode.
L’esito fallimentare di un processo
Inizialmente sembrava che Bradua partisse in vantaggio, visti i legami con i senatori e l’astio che questi avevano verso un greco come Erode. Tuttavia, l’unica fonte del processo che è Filostrato racconterà dell’assoluzione di Erode.
«Gli giovò a sua difesa in primo luogo il fatto di non aver mai dato un tale ordine contro Regilla, in secondo luogo di averla rimpianta oltre misura dopo morta. E sebbene venisse calunniato anche di questo come fosse un atteggiamento simulato, la verità finì col trionfare».
Erode si era dichiarato innocente attribuendo tutte le colpe al liberto Alcidemonte affermando che il servo avrebbe agito per motivi personali. La spiegazione era parsa lacunosa in quanto Erode non aveva denunciato subito Alcidemonte, né lo aveva punito dopo l’assoluzione ma, anzi, aveva adottato anche le sue figlie. I senatori avevano creduto a un greco e non a un patrizio romano per via della protezione di Marco Aurelio di cui Erode Attico godeva; responsabili dell’omicidio di Annia Regilla erano, di fatto, Erode Attico e Alcidemonte ma il processo era stato manipolato dall’Imperatore per proteggere il suo amico: un’intercessione che copriva un omicidio o, meglio, il primo femminicidio della storia.
Le note ostentazioni di dolore pubbliche di Erode erano diventate, poi, un modo per supplire al senso di colpa per l’uccisione mai rivelata della moglie; il precettore aveva anche fatto costruire diverse statue o il ben più noto cenotafio di Annia Regilla che si trova a Roma sulla via Appia. Un altro omaggio a Regilla si trova nella villa di Maratona. Nella «Porta dell’eterna armonia», come riportato da S. B. Pomeroy, L’assassinio di Regilla, 2009, si legge:
«Benedetta è la persona che ha costruito una nuova città
dandole il nome di Regilla, egli vive esultando.
Ma io vivo nel dolore che questa proprietà esiste
per me senza la mia cara moglie e la mia casa è incompleta.
Gli dèi infatti tessono per i mortali una vita
con gioia e dolore come vicini»
Una colonna scoperta sull’Esquilino, invece, riporta un’iscrizione bilingue greca e latina:
«Annia Regilla
moglie di Erode
luce della casa
alla quale queste
proprietà
appartennero»
La tragedia di Annia Regilla e le vittime di femminicidio oggi: cosa (non) è cambiato
Leggendo la vita di questa nobile donna romana, nonostante la società del tempo fosse intrisa di patriarcato, è inimmaginabile pensare che potesse morire in un modo così spietato; uccisa da un uomo considerato un alto intellettuale. Proprio come oggi, la cui retorica del bravo ragazzo che uccide l’ex fidanzata sembra impensabile: invece, succede.
Succede a una delle ultime vittime di femminicidio, Giulia Cecchettin, colpita da 26 coltellate da quel ragazzo che nessuno pensava potesse essere capace di una simile azione; succede a Giulia Tramontano, uccisa con 37 coltellate al settimo mese di gravidanza dal suo compagno: un altro uomo insospettabile a commettere un femminicidio. Succedeva con l’omicidio di Lorena Quaranta; dopo esser stata colpita da calci e pugni è stata strangolata dal suo fidanzato.
Dall’altra parte ci sono i familiari delle vittime che chiedono giustizia, proprio come Bradua per Annia Regilla. Elena Cecchettin che negli ultimi giorni, nonostante il dolore, non si è risparmiata andando incontro anche ad assurde critiche per il suo operato. Le stesse critiche mosse, nel tempo, a Gildo Claps che ha lottato anni prima di giungere alla verità per la sorella Elisa, uccisa da Danilo Restivo nel 1993. O i biasimi ricevuti da Pietro Orlandi che ancora sta cercando Emanuela, mai ritrovata. Non è cambiata la narrazione, né l’educazione maschile: in una società che si dica civile bisognerebbe educare fin dalla tenera età al rispetto della donna; sradicare l’idea del possesso e di subordinazione che, per anni, ha dominato le ideologie. La cultura del patriarcato striscia nei meandri della società in modo subdolo e chi nega che ancora oggi esiste una società patriarcale è parte del problema.
Stella Grillo
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