È dicembre 2022, sono passati circa tre mesi dall’inizio delle proteste in Iran

Non è la prima protesta che scoppia nel Paese, c’è un moto periodico di rivoluzione che alimenta la popolazione iraniana, ma questa volta è diverso. Me l’ha raccontato Shiva, 32 anni, che con la sua rabbia e la sua collera non smette di parlare di quella rivoluzione che potrebbe cambiare le sorti del suo paese e del suo popolo. “Mai come questa volta qualcosa cambierà, ne sono sicura”.

E allora riporto qui le sue parole, perché tornare alla fonte è fondamentale, ascoltare i racconti direttamente dalla bocca di chi la battaglia la vive ci permette di sfilare quel velo di passività che ogni volta ci avvolge quando ascoltiamo le storie di chi ci sembra così lontano ma che, invece, è proprio a fianco a noi.

La prima volta che mi hai raccontato del tuo popolo, del tuo paese, dalle vostre lotte, ricordo che commentavamo insieme la scarsità di empatia che l’Occidente, anche nella sua quotidianità, dimostrava nei confronti di una battaglia così importante come quella che si sta tenendo in Iran in questo momento. Una battaglia di cui anche l’Italia sembrava interessarsi pochissimo, se non per quei 60 secondi a metà telegiornale. Tu credi che l’attenzione Occidentale verso la lotta per la libertà del popolo iraniano stia aumentando? 

Sai, rispetto a tre mesi fa le domande che la gente comune mi fa sono molto diverse. Prima mi chiedevano cose come: “dove si trova l’Iran?”, “perché vi ribellate?”, “ma davvero non avete alcuna libertà?”. Adesso gli interrogativi che popolano la mente della gente sono diversi, mi chiedono cosa vuole il popolo, cosa si può fare per aiutare, come possono cambiare le cose. Sono felice quando ricevo queste domande perché l’interesse collettivo è la chiave per sovvertire il regime. Dall’altro lato però ci sono tantissime persone che continuano a non sapere nulla, e a disinteressarsi completamente alla libertà del nostro popolo. Sai, io cammino sempre con un foglio A4 appeso al collo, oppure incollato sullo zaino, su cui ho scritto “donna, vita, libertà”, il nostro slogan, lo slogan della rivoluzione. Ogni mattina a lavoro c’è sempre qualche italiano che mi chiede cosa sia quel foglio, qual è il problema, che cosa succede in Iran, perché protesto. Persone che non hanno idea di quale sia la situazione. Io pensavo che tutto il mondo finalmente sapesse ma purtroppo non è così. E poi c’è un’altra cosa orribile che mi capita spesso. L’altra volta ero al festival del cinema di Roma. Ero lì per vedere Persepolise, un film iraniano che avrebbero proiettato. Ero lì come al solito con il mio foglio A4 che porto sempre con me. Gli agenti di sicurezza del festival si sono rifiutati di farmi entrare. Le guardie continuavano a sostenere che portare la scritta nel cinema fosse illegale. Mi hanno trattata come se fossi una terrorista, come se avessi una bomba. Urlavano, mi seguivano, mi aggredivano. Continuavano a gridare che quel foglio con scritto solo “donna, vita, libertà” non potesse entrare nella sala. Allora io l’ho tolto, l’ho messo via, nello zaino. E mi hanno comunque impedito di entrare nella sala, non mi hanno dato spiegazioni, continuavano solo ad aggredirmi. La stessa cosa mi succede quando vado in Chiesa e la stessa cosa mi è successa davanti al Colosseo, dove mi stavo solo facendo una foto. Mi hanno fermata, mi hanno chiesto i documenti. Continuavano a dirmi che non potevo stare vicino al Colosseo con il mio foglio, che quello è un luogo storico. Come se fosse un’offesa per qualcuno parlare di donne e libertà in Iran, come se fosse un reato o una cosa da tenere nascosta a tutti i costi. Ecco questo mi avvilisce. Mi avvilisce che l’Occidente percepisca questa lotta ancora così lontana, così irrilevante e noi, il popolo iraniano, così diversi da voi. Non tutto l’Occidente, non tutta l’Italia, ma una grande parte si. E non è certo questa la chiave per aiutarci.

Come sono cambiate le cose in Iran dall’inizio della rivoluzione? Il popolo si muove sempre nello stesso modo? L’intensità delle proteste è sempre la stessa?

Le dinamiche dall’inizio sono cambiate, le persone non escono in strada tutti i giorni per manifestare come all’inizio di questi tre mesi di rivoluzione. Mi succede di avere dei picchi di ansia quando per qualche giorno le manifestazioni si interrompono ma poi, alla fine, il popolo ricomincia sempre. Sta continuando tutto, non c’è nessuna resa da parte nostra ma nemmeno da parte del Regime. Il Governo è sempre più brutale. Le uccisioni sono sempre più frequenti e violente. Chi viene condannato a morte spesso non ha nemmeno un avvocato e nel caso in cui dovesse essere così “fortunato” da averne uno, gli viene assegnato dallo stesso Governo che l’ha condannato a morte e il processo di svolge a porte chiuse. È quello che è successo con uno degli ultimi ragazzi condannati all’impiccagione. Non c’è nessun diritto, nessuna tutela, solo repressione e morte. Però è questo il motivo per cui le proteste vanno avanti e il popolo non si ferma, e non abbiamo alcuna intenzione di farlo. Anche gli scioperi stanno andando avanti. In molte città le fabbriche non riescono ad aprire perché le persone si rifiutano di lavorare. Molte persone provano a non acquistare. È uno dei modi che abbiamo per sabotare il sistema, il Governo, il Regime, i loro schemi di controllo. 

Secondo me stiamo imparando tanto. In 40 anni di repressione c’è stato poco dialogo tra la maggior parte degli iraniani perché il Governo non voleva che ci fosse, quello era il suo gioco. Eravamo solo piccoli gruppi che di nascosto facevano attività, ma eravamo sempre molto reticenti e cauti perché c’era la paura incontrollabile che chi era di fianco a noi fosse con il Governo, fosse una spia, potesse farci arrestare o uccidere. Non c’era confronto tra di noi. Ognuno era lì che viveva la sua vita a testa bassa facendo il possibile. Ora una grande parte del popolo è unita e insieme si rivolta. È qui la grande conquista, è qui che vedo la possibilità di un vero cambiamento. 

Quante persone sono state arrestate e quante sono state uccise finora?

Il Governo ovviamente non rilascia statistiche ufficiali. Tantissime famiglie non parlano perché hanno paura. Fra i miei amici sono state arrestate tantissime persone. E tantissime non vogliono che se ne parli perché hanno paura di essere uccise. Molte persone di cui si viene a sapere che sono state uccise nemmeno sapevamo che fossero state arrestate. Spesso nemmeno le famiglie delle vittime parlano, perché hanno paura che uccidano anche loro, il clima è di terrore. Adesso il Regime ha ricominciato ad impiccare le persone e lo fa sempre più spesso. Durante le manifestazioni gli scontri e le violenze sono all’ordine del giorno. Nelle ultime settimane forze armate (per lo più Forze della sicurezza, Guardie della rivoluzione islamica (IRGC) e Forze paramilitari Basiji) hanno iniziato a sparare su occhi e genitali dei manifestanti. Ci sono alcuni capo gruppo dell’esercito che si sono ribellati, che si sono schierati contro il Regime e gli ordini impartiti. Hanno girato dei video che poi hanno diffuso sui social in cui dichiaravano di essere dalla parte del popolo raccontando di credere nel loro ruolo di difensori e non di oppressori. Il giorno dopo sono spariti. Non si è più saputo niente, non abbiamo avuto nessuna notizia per tantissimo tempo. Pochi giorni fa abbiamo saputo che uno di questi esponenti dell’esercito, il Maggiore Reza Kooshaki Nejad, è stato trasferito in un carcere noto per essere tappa precedente all’impiccagione. Questo ti fa capire perché non abbiamo idea del numero di persone che sono state arrestate. Si dice che siano più di 18 mila ma io credo che siano almeno il doppio. Molte persone sono semplicemente sparite e di loro non si sa nulla, nessuno ci racconta se sono in cella. Ho amici che non hanno famiglia, i loro genitori sono morti e non hanno nessuno che parli di loro, della loro sparizione, che racconti se sono stati arrestati o uccisi. I numeri ovviamente il Governo non ce li da. Capita che le persone vengano rilasciate ma in Iran non funziona come in Italia. Essere rilasciati in, in Iran, non vuol dire tornare in libertà, se di libertà si può parlare. In Iran il Governo si fa pagare o prende in ipoteca la tua casa per farti uscire dalla cella ma sei ancora prigioniero dello Stato finche non c’è un processo. Ho un’amica che è stata arrestata e ha dovuto dare in garanzia la sua casa, così il Governo si è assicurato che lei non possa mai scappare dal paese. Il problema è che ti arrestano per ogni cosa. Una mia amica di 16 anni è stata arrestata perché ha pubblicato un post su Twitter. Le forze di sicurezza sono entrate in casa sua alle 5 del mattino, hanno preso lei e ogni cosa che la famiglia possedeva. Cellulari, computer, tutto. Io avevo parlato con lei la sera precedente, ci eravamo scambiate dei messaggi riguardo una mia intervista televisiva su un emittente che parla contro in Governo registrando al di fuori dello Stato, e loro hanno letto tutti i nostri messaggi. Le hanno fatto tantissime domande su di me. La sua famiglia ha detto alla mia che non dobbiamo assolutamente tornare in Iran. 

Anche i minorenni in carcere sono tantissimi. Alcuni sono stati arrestati perché si sono rifiutati di cantare “Salam Farmandeh”, una canzone ideologica a favore del Governo. Molti studenti a scuola sono stati picchiati perché non cantano. Asra Panahi, una ragazza di 15 anni, è stata uccisa per questo motivo. 

Un altro enorme problema sono le cure mediche per i manifestanti feriti, picchiati, torturati. Non si può andare in ospedale perché significherebbe essere arrestati. È pieno di guardie armate. Ci sono alcune persone che si offrono di curare i feriti ma è molto rischioso. Aida Rostami, una dottoressa di 36 anni che girava per le case di Teheran per aiutare i feriti è stata uccisa. Sul suo corpo sono stati ritrovati segni di tortura, mani fratturate, occhio sinistro con punti di sutura, faccia schiacciata. Il corpo è stato restituito alla famiglia sostenendo che la donna fosse stata vittima di un incidente stradale. Succede sempre in Iran: il Regime prende le persone e poi le restituisce morte, raccontando che sono state vittime di incidenti o fatalità.

In Italia si è diffusa per qualche giorno la notizia che forse il Governo sta facendo dei passi indietro, è vero?

No per niente, nelle strade la situazione sta peggiorando. È vero che in giro non si vedono più le macchine della Polizia morale, anche se da noi non è stata confermata la notizia della sua abolizione, ma le persone vengono comunque arrestate o picchiate perché non portano l’hijab, ad esempio. Nella sostanza non è cambiato nulla. Le forze armate sparano per strada a caso, per spaventare la popolazione. Le morti non avvengono solo durante le proteste ma in ogni momento. Mona Naghib era una bambina di 8 anni che mentre andava a scuola è stata uccisa dalle forze armate che sparavano per strada senza motivo. Kian Pirfalak era un bambino di 10 anni ucciso davanti ai suoi genitori. Dopo l’impiccagione di Mohsen Shekari, un ragazzo di 23 anni, volevamo fare un corteo di solidarietà nel luogo in cui abitava. Anche per dare supporto a sua madre. I poliziotti ci hanno impedito di farlo. La strada era completamente pattugliata da poliziotti armati, giorno e notte. Ho ricevuto un video da una mia amica che faceva veramente paura. Per le strade c’è sempre più polizia, sempre più armata, sempre più aggressiva, sempre più intransigente. 

Di cosa c’è bisogno secondo te? che cos’è che vi manca per poter finalmente vincere questa battaglia contro l’oppressione?

C’è bisogno di molta più pressione sul Governo iraniano dall’estero e anche dalle organizzazioni internazionali. C’è bisogno di iniziative tipo quelle che ci sono in Germania. In Germania c’è un sit-in perpetuo da più di 60 giorni. Una volta hanno provato ad attaccare i manifestanti anche accoltellandoli, ma loro continuano. Non si fermano. Questa è la resistenza di cui c’è bisogno dall’Occidente. Sit-in, manifestazioni, cortei, proteste. Far capire al Regime iraniano che tutto quello che sta facendo viene guardato dal mondo intero e che il mondo intero si oppone. 

In Italia, per esempio, nemmeno ci danno il permesso per questo tipo di iniziative. Volevamo replicare l’iniziativa tedesca di un lungo sit-in di protesta, ci hanno concesso l’autorizzazione per un sit-in di sole cinque ore a Roma, a Largo Argentina, ma in un punto nascosto in cui non si vedeva. L’abbiamo fatto lo stesso ma chiaramente non basta. Sai cosa penso? Che quando la gente dice di vivere in un paese democratico è pericoloso. Perché le persone ci credono, sono felici così e non mettono in discussione più nulla, non lottano, si accontentano. Lo sai che i proiettili con cui le forze armate ci sparano e ci uccidono sono italiani? Li vende un’azienda di Livorno. 

Secondo te tutta questa storia come finisce? Il Regime cadrà oppure tornerà tutto come prima della rivoluzione?

Noi non vogliamo fare passi indietro e nemmeno il Regime, ma ci son alcune cose che il Governo non riesce più a controllare. Gli attivisti che scrivono dalle celle delle carceri insistono nel dire che il Regime cadrà, non c’è altra via. In TV non c’è praticamente più nessuno che lavora. Attori, attrici, registi, presentatori. Quasi tutti si rifiutano di collaborare con il Governo e quindi di lavorare in tv. Molti sono stati arrestati. La stessa cosa vale per tantissimi altri settori controllati dal Regime. Ormai ci sono sempre le stesse pochissime persone che fanno tutto, gli unici che continuano a sostenere il Governo e la dittatura. Il Regime cadrà, deve cadere, io non voglio vedere altre strade. Il popolo è stanco. Sono passati 40 anni, non ne possiamo più. 

Voglio scriverle nero su bianco: quali sono secondo te le richieste di gran parte del popolo iraniano per l’Occidente, per l’Italia?

Noi vogliamo la libertà e abbiamo bisogno che i Governi, anche il Governo italiano, facciano questo:

  1. Compiere azioni concrete e decisive per fermare le esecuzioni capitali in Iran con ogni strumento diplomatico, compreso la pratica di adozione simbolica dei prigionieri politici che rischiano la pena di morte; oltra a effettuare ispezioni nei tribunali e nelle carceri dove i più fondamentali dei diritti umani vengono violati e le condanne vengono emesse in seguito a confessioni estorte dietro ogni forma di tortura fisica e psicologica.
  2. Convocazione dell’ambasciatore iraniano e interrogazione del Governo iraniano per i suoi crimini contro l’umanità.
  3. Confisca di tutti i beni degli oligarchi della Repubblica Islamica in Italia.
  4. Rifiuto del visto di ingresso a tutti i funzionari della Repubblica Islamica che intendono entrare in Italia.
  5. Introduzione del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) nell’elenco delle organizzazioni terroristiche.

Vogliamo la libertà, dovete aiutarci a conquistarla.