Benvenuti nell’universo cinematografico di Movie Award. Faremo un viaggio a Cannes alla scoperta di un film che ha vinto la Palma d’oro con giudizi contrastanti. Parleremo di Turchia e di una società crudele e spietata. Abbiamo dedicato questa puntata ad “Il regno d’inverno” di Nuri Bilge Ceylan
“Ho tratto ispirazione da tre racconti brevi di Cechov. Avevo il progetto in mente da oltre quindi anni ma non voglio rivelare quali sono i racconti che ho scelto per evitare di influenzare la visione e la lettura di Il regno d’inverno”
Con queste parole in un’intervista Ceylan svela l’esistenza di una grande componente culturale in “Il regno d’inverno”. Non è un mistero che il regista turco sia ispirato a diversi autori come Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman. Il tutto per creare un elevata e complessa struttura che comporta l’utilizzo del mezzo cinematografico alla massima potenza in una visione adatta soprattutto ad un pubblico di cinefili.
Il regno d’inverno e la visione di Ceylan
Con pochi personaggi Ceylan riesce a creare con “Il regno d’inverno” un grande affresco sociale. Quella di Ceylan è una società feroce in cui dietro amore e benevolenza sono nascoste spietate dinamiche di potere. Il tutto ci arriva con grazie ad un profondo scavo nell’animo umano e nelle sue contraddizioni attraverso azioni quotidiane che arrivano direttamente allo spettatore colpito dalla durezza e dalla potenza delle immagini di Ceylan. Contraddizioni sottolineate dai giudizi spietati che si scambiano i personaggi.
La vittoria a Cannes
“Il regno d’inverno” è la consacrazione definitiva a Cannes di Nuri Bilge Ceylan dopo “C’era una volta in Anatolia” che si aggiudicò il Grand Prix Speciale della Giuria. Se da un lato il film di Ceylan venne riconosciuto come un capolavoro dall’altro vi furono giudizi contrastanti. Venne infatti criticata l’eccessiva durata di oltre 3 ore del film e la presenza di quelli che vennero considerati troppi dialoghi. A questo si aggiunse il fatto che questo lungometraggio venne considerato da alcuni una sfida per soli cinefili e non aperta a tutti.
Stefano Delle Cave